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Francesco Bocciardo / «Se è un sogno non svegliatemi: questa è la medaglia del cuore»

(ANSA)

Altro che Eye of tiger, la sua canzone preferita. In vasca, Francesco Bocciardo bruisce da tigre affamata, in 24 ore si mette al collo due ori e il Comitato paralimpico internazionale lo celebra come primo plurimedagliato di Tokyo 2020. Genovese, 27 anni, costretto in carrozzina da una diplegia cerebrale infantile, inizia a nuotare da bambino: «Mia madre ama dire che ho imparato prima a nuotare che a camminare». Nei 200 stile semina lo spagnolo Ponce Bertrand già ai 50 metri e tocca la piastra da padrone; nei 100 vince con una rimonta strepitosa sul cinese Wang: «Se è un sogno, non svegliatemi: questa è la medaglia del cuore». Soprattutto, lui, che si è laureato (con lode in Scienze dell’Amministrazione), che lavora (nelle risorse umane di un’azienda di meccatronica) e che fa sport ad alto livello, spera che «diversi ragazzi con disabilità possano innamorarsi degli sport paralimpici grazie ai Giochi e inizino a fare sport. Non necessariamente per diventare campioni, ma perché lo sport è qualcosa che ti arricchisce la vita». E ci mette spalle al muro: «Guardando gli atleti olimpici, la tendenza è a percepirli come esseri divini e sovrumani, fuori dalla portata dell’uomo comune. Di fronte a noi, invece, non si hanno più scuse: ognuno è obbligato a cercare di realizzare i propri sogni».

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