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Francia, Barnier in campo cambia la corsa all’Eliseo

La discesa in campo dell’ex negoziatore della Brexit rende più dura la gara, tra i Républicains, per la scelta del candidato ufficiale

di Riccardo Sorrentino

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2' di lettura

Non è del tutto una sorpresa. La discesa in campo, come candidato alla presidenza francese per i Républicains, di Michel Barnier, il duro negoziatore di Brexit per l’Unione europea, cambia però il quadro della sfida repubblicana alla presidenza di Emmanuel Macron ma anche alla forte presa sull’elettorato della sovranista Marine Le Pen. Quasi contemporaneamente è anche giunta la notizia del ritiro di Laurent Wauquiez, l’ex presidente del partito che alle elezioni europee aveva visto fallire la sua svolta verso le posizioni radicali del Rassemblement national.

Barnier: attacco su due fronti

Barnier attacca su entrambi i fronti. Un po’ ingeneroso verso la Francia («Il Paese va male», ha detto a Le Figaro; «La nostra influenza fa passi indietro da una decina d’anni, contrariamente a quella della Germania»), Barnier intende distinguersi dal verticismo (e dal narcisismo) di Macron. Se il presidente ama parlare dei «primi della cordata», lui dalla Savoia, dove è nato, risponde da alpinista: «Qui, in montagna, si sa che in una cordata ognuno è necessario. Non dirò mai, di qualcuno che non è niente. Mi sono fatto una certa idea della funzione presidenziale. Esige forza, visione ma anche umiltà». «Il presidente della Repubblica» - ha poi aggiunto - «non può fare tutto da solo».

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Per contrastare i cavalli di battaglia di Le Pen, Barnier propone invece una “moratoria” sull’immigrazione di tre/cinque anni: un blocco delle autorizzazioni automatiche che permetta di rivedere tutte le procedure, di stringere accordi con i Paesi di origine degli immigrati e con i partner europei. Difesa e ricerca, le cui spese vanno portate al 3% del Pil, e uno sforzo internazionale contro i terroristi anche nel Sahel (da dove Macron vuole gradualmente disimpegnarsi), arricchiscono il suo programma.

Pécresse: tra Merkel e Thatcher

Barnier non ha precisato se parteciperà alle primarie repubblicane, che peraltro non sono state ancora convocate. Molti altri si sono però già candidati. Il ruvido Wauquiez si è ritirato, ma Valérie Pécresse, presidente della regione Île-de-France che vuole essere «due terzi Merkel e un terzo Thatcher», è pronta a sottoporsi al voto degli iscritti. Se fosse l’unica candidata della destra repubblicana non raccoglierebbe però più del 13-14%, insufficiente per accedere al secondo turno.

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Ciotti: il «duro» di origini italiane

Il ritiro di Wauquiez dà forse qualche possibilità in più a Éric Ciotti, nizzardo di lontani origini trevigiane, ex portavoce di Nicolas Sarkozy e soprattutto ex «Monsieur sicurezza», nel vecchio partito neogollista Ump: è molto orientato a destra, rigido sulle questioni riguardanti criminalità, immigrazioni e islamismo.

Juvin: il primario anti-Macron

Il ruolo di primario del pronto soccorso dell’ospedale Georges Pompidou a Parigi ha permesso a Philippe Juvin, deputato, di far conoscere sé stesso e le sue proposte sulla sanità. Molto critico verso Macron e la gestione della pandemia, sarebbe stato privato dal primo ministro della promozione a ufficiale, da cavaliere, nella Legione d’onore.

La fuga in avanti di Bertrand

Tutti dovranno in ogni caso fare i conti con Xavier Bertrand, il presidente della regione Hauts-de-France, che è già ufficialmente candidato, e non passerà quindi dalle primarie. Preferito dagli elettori, anche lui non riuscirebbe però ad accedere al secondo turno: è accreditato di un 16-18%, ma solo se fosse l’unico candidato repubblicano.

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