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Francia, Macron sfida i sindacati sulle pensioni: a 64 anni l’età per l’assegno

Il governo presenta il disegno di legge che prevede anche l’innalzamento a 1.200 euro delle pensioni minime: i rappresentanti dei lavoratori uniti dopo 12 anni di divisioni

di Riccardo Sorrentino

Aggiornato il 10 gennaio 2023, ore 19:35

Pensioni, dalle quote ai tagli ecco cosa cambia

3' di lettura

Da 62 a 64 anni. Entro il 2030. Il governo ha svelato il mistero: presentando al pubblico l’ultima versione della riforma delle pensioni ha precisato le dimensioni dell’innalzamento dell’età pensionabile, l’elemento più delicato dell’intero progetto. Il piano si è rivelato molto ampio, come è opportuno per mettere ordine in un sistema oggi molto articolato e persino disordinato, ma tutta l’attenzione si è concentrata, da tempo, sul nodo dell'età minima necessaria per accedere al trattamento previdenziale, l’âge légal.

Sindacati uniti dopo 12 anni

I sindacati, contrari all’iniziativa voluta dal presidente Emmanuel Macron e dal governo guidato da Elisabeth Borne, hanno individuato in questo numero, non certo irrilevante, il punto attorno cui coagulare le proteste dei cittadini: lo stesso presidente, del resto, ne ha parlato come dell’«unica leva che abbiamo», sia pure in relazione all’obiettivo di evitare di aumentare i contributi o di tagliare i trattamenti. Ora, per la prima volta in 12 anni, le organizzazioni dei lavoratori si ritrovano unite nel contestare le scelte del governo. Senza contare che il 68% dei francesi è contrario, secondo un sondaggio Ifop-Fiducial, all'aumento dell'età pensionabile.

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Un no corale all’aumento dell’età pensionabile

Il governo non a caso ha presentato il suo progetto poche ore prima della riunione intersindacale, convocata per decidere quali proteste inscenare: ii 19 gennaio sono previsti i primi scioperi e le prime manifestazioni; nella serata dello stesso giorno si definiranno le nuove date. «Se Emmanuel Macron vuole farne la madre di tutte le riforme, noi ne faremo la madre di tutte le battaglie», ha detto Frédéric Souillot, segretario generale di Force Ouvrière; e persino la più moderata Cfdt, che ha apprezzato alcuni aspetti della riforma, ha intenzione di dire no all'aumento dell'età pensionabile. No anche dai partiti di sinistra e dal Rassemblement national, la destra radicale, secondo il quale Macron ha dichiarato «una guerra sociale ai francesi».

Una riforma graduale

La riforma appare in realtà graduale. L’età pensionabile dovrebbe salire tre mesi ogni anno, per tutti coloro nati dopo il ’68, in modo da raggiungere i 63 anni e tre mesi nel 2027, alla fine del quinquennato di Macron e l’obiettivo finale nel 2030, quando il sistema previdenziale potrà tornare sostenibile. L’idea dell'equilibrio finanziario è però più un ostacolo che un argomento a favore del consenso per la riforma: viene considerato come una concessione ai mercati e alla loro logica, e non una misura di equità generazionale (il sistema è e resterà a ripartizione).

Più spese per il welfare

A poco è anche servito l'altro argomento del governo, che insiste - correttamente, del resto - sul fatto che conti previdenziali in ordine possono permettere maggiori investimenti in sanità o scuola. In Francia, come del resto in Italia, i cittadini sembrano preferire una redistribuzione in contanti che migliori servizi pubblici, e un miglior welfare: la logica “neoliberista” - per usare un'etichetta scorretta e abusata - della spesa privata da preferire dell'intervento pubblico anche su temi classici ha coinvolto tutti. Sul punto, il governo è stato inoltre molto ambiguo: «Ogni euro servirà a finanziare le pensioni», ha detto ieri Borne mentre il ministro dell’economia Bruno Le Maire ha quantificato in 17,7 miliardi i risparmi complessivo.

Pensioni minime a 1.200 euro

La riforma, in ogni caso, non si limita all'aumento dell'età pensionabile, per le quali sono oltretutto previste eccezioni (58 anni per chi ha iniziato a lavorare prima dei 16 anni, 62 per le altre “carriere lunghe”). Il progetto prevede un allungamento dei contributi per ottenere la pensione “piena” a 43 anni, livello da raggiungere nel 2027 e non più nel 2035 come prevedeva la riforma voluta da Marisol Touraine (la ministra socialista figlia del sociologo Alain) nel 2014. La maggior parte dei regimi speciali, che hanno reso molto complesso il sistema previdenziale francese, saranno aboliti. Le pensioni minime saranno inoltre portate a 1.200 euro netti per tutti i pensionati e non soltanto per i nuovi come era inizialmente previsto.

L'alleanza possibile con i Républicains

La mossa potrebbe permettere alla minoranza che regge il governo di ottenere i voti dei Républicains, che sarebbero disposti a votare il provvedimento voluto da Macron a due condizioni: l'aumento generalizzato del trattamento minimo, ora ottenuto, e una più lenta progressione dell'età pensionabile, in modo da raggiungere i 64 anni nel 2032 e non nel 2030. Con il sostegno dei neogaullisti, il governo - che varerà la riforma, ufficialmente, il 23 gennaio - potrebbe evitare il ricorso all'articolo 49-3 della Costituzione, che permette di varare alcune leggi (esplicitamente: la finanziaria, e gli interventi sulla previdenza sociale) senza l'approvazione parlamentare e salvo voto di censura.

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