Frejus, per la riapertura della ferrovia rischio slittamento a fine 2024
Sulla riapertura della ferrovia del Frejus si naviga a vista. E il ritorno alla normalità potrebbe slittare a fine 2024
di Filomena Greco
3' di lettura
Sulla riapertura della ferrovia del Frejus si naviga a vista. E il ritorno alla normalità potrebbe slittare a fine 2024. Durante il week end è stato effettuato un intervento necessario alla messa in sicurezza del costone di montagna interessato dalla frana del 27 agosto scorso, nella Valle della Maurienne, realizzato dal Dipartimento della Savoia, in collaborazione con SNCF Réseau e con la società Citem.
E proprio in quella occasione Olivier Thevenet, vicepresidente del consiglio dipartimentale della Savoia, responsabile delle infrastrutture e della mobilità, ha parlato della possibilità che la riapertura del collegamento ferroviario arrivi non prima della fine del 2024. «Attualmente stimiamo la riapertura del tunnel da parte della SNCF Réseau possa avvenire alla fine del 2024» dice Thevenet.
I lavori sulla infrastruttura ferroviaria che unisce la Francia all’Italia e gli interventi necessari alla messa in sicurezza della parete di roccia sono gestiti a livello locale, in Francia, e proprio questo è parte del problema. Durante il primo vertice tra Italia e Francia che si è svolto a Torino la settimana scorsa, nell’ambito dell’iniziativa promossa dal Quirinale, il tema della riapertura del collegamento è stata al centro dei lavori a cui hanno partecipato il ministro degli Esteri Antonio Tajani e la sua omologa francese, Chaterine Colonna.
In quell’occasione si è parlato della necessità di accelerare i lavori di messa in sicurezza senza però una data diversa rispetto alla fine dell’estate, ipotizzata in un primo momento dalle istituzioni francesi. Si tratterà dunque di capire se la riapertura a fine 2024 è per ora soltanto la previsione di un tecnico oppure se davvero potrà esserci un ulteriore slittamento per il via libera al collegamento dove viaggiano passeggeri (per Sncf e per Trenitalia) e merci. Soprattutto bisognerà capire se ci sono i margini per accelerare i tempi.
Sulla carta, dice Paolo Foietta responsabile della Cig per l’Asse Ferroviario Torino–Lione, «non si capisce per quale motivo i lavori di messa in sicurezza debbano andare avanti per tutti questi mesi, servirebbe che di questo problema assai pesante si facessero carico le istituzioni nazionali per superare impasse e lungaggini degli amministratori locali». Si stima che ci siano 5mila metri cubi di materiale pericolo e con gli interventi dello scorso week end ne sono stati rimossi almeno mille.
In Piemonte il tema è caldo perché la Francia, insieme alla Germania, è uno dei mercati di riferimento per le merci prodotte in regione. Nel solo 2022 (dati Unioncamere Piemonte) , il Piemonte ha esportato verso la Francia più di 8 miliardi di merci contro i 5,7 di importazione mentre il flusso merci da e per la Francia dall’Italia vale oltre 110 miliardi (l’export cuba 62 miliardi contro i 48 miliardi che importiamo, di cui 5 miliardi in energia).
Se si allarga il campo all’intero NordOvest e si considera anche la chiusura del Tunnel del Monte Bianco fino al 18 dicembre, si comprende quali siano le ricadute negative per l’intera area in tema di maggiori costi e tempi per spostare le merci. Il primo effetto registrato è stato un aumento medio dei transiti dei mezzi pesanti al tunnel – stradale del Frejus – del 45% con momenti di congestionamento del traffico proprio alla frontiera con la Francia, come ha evidenziato un report della Prefettura di Torino.
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