Frena il Pil cinese: + 4,9% nel terzo trimestre, 3 punti in meno del secondo
Il mix di crisi edilizia, shortage di energia e gestione dei contagi presenta il conto e mette a rischio le filiere globali
di Rita Fatiguso
I punti chiave
3' di lettura
Arriva, implacabile, il verdetto dell’Ufficio nazionale di statistica: nel terzo trimestre la crescita cinese ha perso tre punti rispetto al trimestre precedente passando da +7,9% a 4,9%, a causa del rallentamento delle costruzioni e dei limiti all’uso di energia che hanno pesato sulla ripresa post pandemica. L’impatto sulle catene globali sarà inevitabile. La Banca centrale definisce controllabile il rischio Evergrande, ma il futuro del gigante del real estate a questo punto diventa cruciale per la stabilità dell’intera economia.
Rallentamento prevedibile
La crescita economica della Cina è sprofondata nell’ultimo trimestre, colpa del rallentamento delle costruzioni e dei limiti al consumo energetico che hanno pesato sulla ripresa dalla pandemia di coronavirus.
I dati del Governo cinese mostrano che la seconda economia mondiale è cresciuta tre punti in meno (+4,9%) rispetto a un anno prima a luglio-settembre, in calo rispetto al +7,9% del trimestre precedente. La produzione industriale, le vendite al dettaglio e gli investimenti in costruzioni e altre immobilizzazioni si sono tutti indeboliti. L’edilizia, un settore che supporta milioni di posti di lavoro e che incluso l’indotto assorbe un quarto del Pil, ha rallentato dopo gli interventi statali per mettere un freno al credito nel settore. La produzione è stata ostacolata sul finire dell’estate, a settembre, dalle interruzioni di corrente imposte da alcune grandi province per allinearsi alle direttive per risparmiare energia e tenere a bada l’inquinamento.
Edilizia, energia le cause principali
Il mix di elementi alla base della frenata preoccupa per gli effetti possibili sul commercio internazionale e sui mercati finanziari globali. La produzione industriale è stata ulteriormente frenata dal mercato dei semiconduttori e dalla conseguente carenza mondiale di chip. La tripla stretta al credito nell’edilizia presenta il conto con effetti a cascata non solo sul sistema interno.
Secondo gli addetti ai lavori anche mercati avanzati come gli Stati Uniti, non sarebbero immuni da un significativo inasprimento delle condizioni finanziarie globali. Lo shock potrebbe essere negativo anche sulla crescita nell’ultimo trimestre, accanto a un prevedibile stress finanziario.
Rispetto al trimestre precedente, la produzione è cresciuta molto poco nel periodo luglio-settembre, espandendosi solo dello 0,2%. È sceso dall’1,2% nel periodo aprile-giugno e uno dei trimestri più deboli dell’ultimo decennio.
Il rallentamento aumenta la pressione su Pechino perchè sostenga l’attività allentando i controlli sul credito e spendendo di più per la costruzione di opere pubbliche. La Cina sta cercando di guidare l’economia verso una crescita più sostenibile basata sul consumo interno anziché sulle esportazioni e sugli investimenti, anche per ridurre il rischio finanziario. Le vendite di costruzioni e abitazioni, un’importante fonte della domanda di acciaio, rame e altre materie prime, sono rallentate a causa delle misure adottate per frenare la speculazione e il credito nel settore del real estate.
Pesa l’incognita Evergrande
Uno dei più problemi grandi è il destino di Evergrande Group, che sta lottando per evitare il default di 300 miliardi di dollari tra banche e obbligazionisti. Il che ha contagiato anche altre società del settore, altrettanto in crisi.
Nel frattempo sono intervenuti gli shortage energetici, che potrebbero creare nelle prossime settimane carenze dell’approvvigionamento e nelle consegne di smartphone e altri prodotti di consumo prima della stagione dello shopping natalizio.
La produzione industriale è cresciuta poco a settembre, espandendosi solo dello 0,05% rispetto ad agosto. Questo è stato in calo rispetto alla crescita del 7,3% per i primi nove mesi dell’anno.
In crisi le prospettive di crescita sull’intero anno, ci si aspetta ancora l’8% ma realisticamente lo stesso Governo cinese ha fissato il target del più 6%.
I dati economici di quest’anno, inoltre, soffrono di un confronto anomalo con il 2020, l’anno dello scoppio della pandemìa. La produzione quest’anno non a caso è cresciuta addirittura del 18,3% nel primo trimestre del 2021, ma il rimbalzo si stava già stabilizzando. A settembre, la crescita della spesa al dettaglio si è indebolita scendendo al 4,4% rispetto a un anno prima, in calo dal 16,4% dei primi nove mesi. Gli investimenti in immobili, fabbriche, abitazioni e altre immobilizzazioni sono aumentati dello 0,17%, dal 7,3% dei primi nove mesi. Le vendite di auto nel più grande mercato mondiale sono diminuite del 16,5% a settembre rispetto all’anno precedente, stando ai dati della China Association of Automobile Manufacturers. La produzione è stata condizionata dalla carenza di chip per processori. Le importazioni, un indicatore della domanda interna cinese, sono aumentate del 17,6% a settembre rispetto a un anno prima ma si trattava di circa la metà della crescita del 33% del mese precedente).
La ricaduta del settore immobiliare resta, in ogni caso, il fattore chiave per capire cosa succederà entro al fine dell’anno.
loading...