Freni all’export di grafite: così la Cina alza il tiro sul fronte dell’auto elettrica
Dopo gallio e germanio, Pechino si accinge a limitare le forniture di un altro materiale critico. E stavolta si tratta di un minerale indispensabile nelle batterie
di Sissi Bellomo
4' di lettura
Ora tocca alla grafite. Dopo il gallio e il germanio, la Cina alza il tiro sui materiali critici introducendo nuovi controlli sulle esportazioni, mirati stavolta a limitare la disponibilità di un minerale indispensabile nelle batterie dell’auto elettrica. Il provvedimento appena varato sembra rappresentare un’escalation nelle contese commerciali tra Pechino e l’Occidente. E molto probabilmente non è un caso che l’annuncio sia arrivato a poche ore da un’ulteriore stretta degli Stati Uniti sui semiconduttori avanzati e meno di tre settimane dopo l’apertura formale da parte della Commissione europea di un’indagine anti-sussidi sulle importazioni di veicoli elettrici «made in China»: un passo preliminare all’introduzione di dazi anti-dumping che Pechino non ha affatto gradito e al quale aveva replicato a caldo con toni minacciosi. «È un puro atto protezionistico – commentava la nota diffusa dal ministero del Commercio – che interromperà e distorcerà gravemente la catena globale dell’industria automobilistica e della fornitura e avrà un impatto negativo sui legami economici e commerciali tra Cina e Ue».
Lo stesso ministero mercoledì 18 aveva rivolto parole forti contro gli Usa, accusandoli di «esasperare costantemente il concetto di sicurezza nazionale, abusare delle misure di controllo delle esportazioni e ricorrere ad atti di bullismo unilaterali».
I controlli sull’export di grafite di certo non appaiono come un gesto distensivo da parte di Pechino. La Cina è il fornitore dominante anche di questo minerale, come di moltissimi altri materiali utili a compiere la transizione energetica: nel 2022 controllava il 79% della produzione mineraria globale e il 58% delle attività di raffinazione, secondo Wood Mackenzie.
La Repubblica popolare è un gigante anche nelle forniture di grafite sintetica, che non si estrae in miniera, ma viene ricavata dal coke di petrolio e altri composti del carbonio: un processo costoso e inquinante, da cui però si ottiene un materiale con prestazioni migliori nelle batterie.
Non si parla spesso di grafite, nome che forse tuttora evoca più facilmente l’immagine di una matita, piuttosto che di un’automobile. Eppure la prima fonte di domanda oggi è proprio l’industria dell’automotive: a bordo di un veicolo elettrico – per la precisione nell’anodo, il polo negativo delle batterie – ci sono tra 50 e 100 kg di grafite secondo BMO Capital Markets, circa il doppio rispetto alla quantità di litio.
L’Agenzia internazionale dell’energia evidenzia come la grafite sia addirittura il primo minerale presente nelle auto elettriche, con una quota del 32%. Al secondo posto (con il 26%) c’è il rame, con cui si fanno i cavi, mentre il contenuto di litio e cobalto è limitato rispettivamente al 4 e al 7%. E le terre rare si fermano allo 0,5%.
Le misure sulla grafite appena annunciate dalla Cina, che entreranno in vigore il 1° dicembre, sembrano la fotocopia di quelle adottate da agosto per il gallio e il germanio, metalli minori usati nei semiconduttori e in altre applicazioni hi-tech, ma non legati in modo specifico alla filiera dell’auto elettrica. Anche in questo caso Pechino introduce l’obbligo di licenze di esportazione specifiche per una serie di qualità di grafite, di origine naturale e sintetica. E il Governo, come l’estate scorsa, precisa di non voler colpire nessun Paese straniero: il provvedimento serve ad «assicurare la sicurezza e la stabilità della catena di approvvigionamento globale e della catena industriale, oltre che una migliore salvaguardia della sicurezza e degli interessi nazionali».
Anche la reazione del mercato potrebbe essere simile a quella già vista con gallio e germanio: un immediato boom di acquisti, per fare scorte prima dell’entrata in vigore del provvedimento cinese, seguito da uno stop delle forniture da Pechino e una successiva graduale ripresa quando qualche licenza comincia ad essere rilasciata.
È molto probabile che la grafite aumenterà di prezzo, con possibili ricadute sul costo delle batterie e dunque, a cascata, sui costi di produzione delle auto elettriche: prodotti su cui molte case occidentali stanno già accusando perdite.
Altre materie prime usate nelle batterie d’altra parte sono crollate di prezzo, grazie a un forte sviluppo dell’offerta: il litio è in ribasso del 70% da inizio anno, il nickel del 40%. Il cobalto, di cui oggi c’è un enorme surplus, è più che dimezzato di valore rispetto ai record del 2022. Ma anche in questo caso la Cina potrebbe creare qualche scossone sul mercato: il Governo, secondo fonti Reuters, avrebbe dato mandato di acquistare 3.100 tonnellate di cobalto per le riserve di Stato.
Tornando alla grafite, tra i Paesi che dipendono maggiormente dalla Cina c’è la Corea del Sud, patria di colossi storici delle batterie come LG Energy Solution, SK On e Samsung, oggi sempre più insidiati proprio dai big cinesi (CATL e BYD in primis). A Seoul il ministero del Commercio ha riunito un vertice d’emergenza per valutare la situazione e definire strategie per evitare carenze di materiale. In Giappone, dove ha sede Panasonic, il Governo ha fatto sapere che «prenderà passi appropriati», compreso un ricorso alla Wto in caso di violazione delle regole sulla libertà di scambio.
Più pacata la reazione degli Stati Uniti: «Azioni di questo tipo sottolineano la necessità di diversificare le supply chain – ha commentato un portavoce della Casa Bianca – Continueremo a lavorare con i nostri partner e alleati per costruire catene di rifornimento sicure, sostenibili e resilienti nei settori critici».
Il secondo produttore dei grafite naturale dopo la Cina è il Brasile, che però ha estratto appena 87mila tonnellate nel 2022, ricorda ING: circa un decimo rispetto a Pechino. Fino a poco tempo fa nella top 10 dei fornitori figuravano anche la Russia e l’Ucraina. Kiev aveva fermato le estrazioni all’inizio della guerra, ma da agosto le operazioni sono riprese, sia pure tra mille incertezze. Ci sono inoltre miniere di grafite attive in Africa, India, Canada e Norvegia, oltre a riserve importanti (ma ancora da sviluppare) in Turchia.
(aggiornato il 22 ottobre 2023 alle ore 23.45)
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