Cultura e Societa

Frida Kahlo oltre l’arte e la vita

di Ada Masoero

3' di lettura

Dal 1° febbraio al 3 giugno del prossimo anno il Mudec, Museo delle Culture di Milano, aprirà i suoi spazi (e le sue collezioni di arte precolombiana) alla mostra Frida Kahlo. Oltre il mito, curata da Diego Sileo, curatore del Pac di Milano e studioso dell’arte latino-americana, e promossa da Comune di Milano-Cultura e 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore, partner del Comune nella governance del Mudec e produttore della mostra. La rassegna, presentata ieri dall’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno, e dall’ad del Gruppo 24 Ore Franco Moscetti, con Anna Maria Montaldo, neo-direttore del Polo d’arte moderna e contemporanea di Milano, e Diego Sileo, si propone con tratti di autentica novità rispetto alle molte che l’hanno preceduta, poiché sposta l’attenzione dalla vicenda biografica tormentata dell’artista, che sinora ha dominato (e distorto) la lettura della sua opera, sulla reale portata artistica culturale della sua pittura.

Vero è che la vita “eccessiva” di Frida Kahlo (1907-1954) offre più di un pretesto a una lettura mitizzata: vittima, da ragazza, di un gravissimo incidente che le fratturò la colonna vertebrale e la condannò a convivere con terribili dolori e con corsetti e crudeli tutori ortopedici, compagna del pittore Diego Rivera in un rapporto tanto passionale quanto drammatico, desiderosa di essere madre senza poterlo mai diventare, ma anche pasionaria politica nel Messico post-rivoluzionario e donna dai voraci appetiti bisessuali in una società maschilista e repressiva come quella in cui viveva, la Kahlo era predestinata a subire la lettura morbosa, da feuilletton, cui è stata lungamente condannata.

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La scoperta, nel 2007, di migliaia di documenti inediti, emersi da un archivio lungamente “secretato” conservato in Casa Azul, la dimora dove lei visse con Rivera a Città del Messico (oggi Museo Frida Kahlo), ai quali Diego Sileo ha avuto accesso diretto, ha però permesso di gettare una nuova luce sulla sua poetica, offrendo inedite e più complesse chiavi di lettura di una pittura, come la sua, che è in realtà multiforme e stratificata, tramata di significati simbolici e portatrice di valenze complesse.

Le cento opere esposte provengono dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più ricche collezioni al mondo di opere Frida Kahlo (Dolores Olmedo, mecenate di Diego Rivera, di cui era innamorata, acquistava per compiacerlo moltissimi dipinti di Frida, e i Gelman, coppia di potenti collezionisti messicani, riunirono i più importanti autoritratti dell’artista), arricchite da prestiti di tutti gli altri musei messicani e da dipinti, mai visti prima in Europa, giunti da musei americani come il Phoenix Art Museum, il Madison Museum of Contemporary Art e la Buffalo Albright-Knox Art Gallery. Nel percorso della mostra le opere saranno articolate in cinque sezioni, dedicate alla politica, alla donna, alla violenza, alla natura e alla morte, le cui tematiche sono emerse con evidenza proprio dallo studio dei nuovi documenti. E nella grande vetrina esterna troveranno posto 350 pezzi di arte precolombiana delle raccolte del Mudec, che evidenzieranno il “debito” deliberatamente contratto da Frida Kahlo con l’antica cultura della sua terra.

«Con questa nuova mostra - ha commentato l’assessore Filippo Del Corno -, il Mudec affina sempre più il proprio programma espositivo, legato alle culture del mondo, filtrate però attraverso l’esperienza artistica moderna e contemporanea»: una linea di ricerca, questa, premiata dalla critica e dal pubblico. Come ha evidenziato l’ad del Gruppo 24 Ore, Franco Moscetti, «in due anni 900mila visitatori sono passati negli spazi del Mudec: contiamo perciò di festeggiare quanto prima il primo milione di presenze. La cultura, insieme a informazione e formazione, è uno dei tre pilastri del nostro gruppo. E la collaborazione con il Comune è un esempio riuscito del “modello Milano”, che merita di essere esportato».

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