Frieze Seoul porta l’attenzione internazionale sulla Corea
Numerose vendite e una scena ben strutturata grazie a collezionisti esperti, istituzioni pubbliche e corporate e una generazione di nuovi acquirenti giovani
di Silvia Anna Barrilà
I punti chiave
7' di lettura
La prima edizione di Frieze Seoul, sotto la direzione di Patrick Lee, dal 3 al 5 settembre, ha portato l'attenzione internazionale sulla scena dell'arte in Corea, che ha largamente approfittato delle attuali difficoltà di viaggiare in Cina e, in particolare, a Hong Kong, dove negli ultimi dieci anni si era concentrato il mercato dell'arte in Asia. D'altro canto, la Corea è al momento sotto i riflettori in tutti gli ambiti della cultura, come racconta il libro fresco di stampa della coreana di base a Londra Fiona Bae, “Make Break Remix: The Rise of K-Style”, pubblicato da Thames & Hudson: dalla musica, con il successo del cosiddetto K-Pop, alle serie TV, dal cinema alla moda, dal beauty al food, la Corea è all'apice del successo internazionale. Anche il V&A Museum di Londra si appresta a celebrare l'ondata della pop-cultura coreana con una mostra a partire dal 24 settembre.
Il collezionismo in Corea
Ma, almeno per quanto riguarda il mondo dell'arte, non si tratta certo di una novità. “I collezionisti coreani sono sempre stati compratori importanti” spiega Marc Glimcher, presidente e ceo di Pace Gallery, che a Seoul ha aperto uno spazio nel 2017, “non sono come i cinesi, che sono arrivati di recente, né come i giapponesi, che erano attivi e poi hanno rallentato gli acquisti. Sin dagli anni ’70 i coreani hanno acquistato arte occidentale, sono ben informati e hanno un gusto sofisticato. Solo, finora, non sono stati al centro dell'attenzione internazionale. Inoltre, ora si è aggiunta una nuova generazione di acquirenti, in forte crescita, desiderosi di acquistare arte”. In occasione di Frieze Seoul, la galleria ha ampliato i suoi spazi, che ora includono tre grandi sale espositive, di cui una per l'arte digitale, molto forte in Corea, un giardino per le sculture e una moderna sala da tè realizzata in collaborazione con Osulloc Tea, brand appartenente al conglomerato del beauty Amore Pacific, proprietario anche di un omonimo museo privato che attualmente ospita una mostra del fotografo tedesco Andreas Gursky.
“L'idea è creare uno spazio in cui vivere l'arte” spiega Glimcher. “Il concetto che l'arte sia per l'élite è ormai ampiamente superato”. D'altro canto, si tratta di un modo di intendere la galleria come lifestyle ampiamente sfruttato a Seoul, dove le grandi gallerie locali come Kukje e Hyundai includono anche ristoranti, bar e, addirittura, una palestra con Spa.
“A Pechino e, purtroppo, ora anche a Hong Kong è diventato difficile creare tali luoghi di aggregazione” continua Glimcher. “Tokyo, invece, sta a guardare con una certa invidia, ma lì sono necessarie misure da parte del governo per facilitare l'importazione delle opere”. Come spiega Glimcher, infatti, al momento è richiesto ai galleristi stranieri di anticipare l'Iva sulle vendite, anche se non ancora avvenute, e il processo per il recupero di tali imposte è lungo e macchinoso. Comunque, il governo giapponese sta lavorando alla creazione di un ambiente più favorevole allo sviluppo della scena artistica e pare ci siano le prospettive per l'apertura di una nuova galleria di Pace anche a Tokyo in un futuro non lontano (ricordiamo che anche Art Basel collabora attualmente con il governo alla Art Week Tokyo). Intanto a Seoul la galleria ha venduto tutti i nuovi disegni a carbone di Adrian Ghenie a prezzi tra 150.000 e 275.000 $.
Le vendite in fiera
L'appetito della nuova generazione di collezionisti coreani è stato evidente nelle lunghe file davanti agli ingressi di Frieze Seoul e della fiera locale Kiaf al momento dell'inaugurazione ai VIP, avvenuta contemporaneamente il 2 settembre su due piani del centro congressi Coex. A conclusione dell'anteprima, molte delle 110 gallerie internazionali partecipanti hanno riportato vendite in tutte le fasce di prezzo: dai 1.200-3.500 $ per i dipinti dell'iraniano Ali Beheshti presso Dastan Gallery di Teheran a 1,2 milioni di € per un dipinto di Baselitz da Thaddaeus Ropac (venduto ad un museo non rivelato). Sempre per la stessa cifra è stato venduto un dipinto di Urs Fischer da Jason Haam Gallery di Seoul, mentre un dipinto recente di George Condo è passato di mano da Hauser & Wirth a 2,8 milioni di $. Tra gli artisti coreani, sempre Jason Haam ha venduto tra 30.000 e 35.000 $ i dipinti di artisti emergenti come Mike Lee, classe 1983, che riflette sul conflitto tra la sua identità coreana all'interno della famiglia statunitense nella società, e Moka Lee, classe 1996, che affronta la mercificazione dei corpi sui social media tipica della sua generazione.
Il tema molto sentito in Corea delle dinamiche intergenerazionali e della responsabilità dei giovani nei confronti delle famiglie è al centro delle opere di Sungsil Ryu, un'artista sicuramente da tenere d'occhio, classe 1993, presentata dalla galleria di ricerca P21 e ben recepita dal pubblico locale (prezzi entro i 20.000 $). Un'altra galleria di ricerca, Whistle, ha venduto i dipinti astratti di Hejum Bä a prezzi tra 10.000 e 25.000 $. Nella generazione dei grandi maestri, un'opera di Park Seo-Bo è stata venduta da Kukje Gallery in un range di prezzo tra 490.000 e 550.000 $ e una di Ha Cing-Hyun a 350.000-400.000 $. Ma sono state numerose anche le vendite di artisti internazionali: Xavier Hufkens ha venduto tutto il solo show di Sterling Ruby a 375-475.000 $ (un altro olio dello stesso artista è stato venduto allo stand di Sprüth Magers a 185.000 $). Lisson ha venduto dieci opere di artisti come Anish Kapoor (775.000 £) e Hugh Hayden (120.000 $). “Abbiamo notato un forte coinvolgimento degli asiatici in fiera” ha commentato David Maupin di Lehmann Maupin. “il 67% delle opere scambiate sono andate a collezioni coreane, più dell'83% a collezionisti di base in Asia. D'altro canto, in Asia c'è spazio per più di un centro del mercato dell'arte – ha affermato, facendo riferimento alla concorrenza con Hong Kong –. Anche in Europa ci sono vari centri e non solo uno”. Ormai le gallerie internazionali in città sono molto numerose. Anche Perrotin, tra i primi a sbarcare in città e prima ancora a Tokyo, ne ha approfittato per inaugurare un nuovo spazio, mentre Esther Schipper è arrivata ora con una galleria: è il suo primo spazio in Asia.
Musei pubblici e corporate
La scena artistica coreana è certamente già ben strutturata, con biennali di tutto rispetto come quella di Busan, che ha inaugurato proprio il 3 settembre (seppure debba chiudere temporaneamente il 5 e il 6 per l'arrivo del tifone Hinnamno), e quella di Gwangju, la cui prossima edizione si svolgerà il prossimo aprile. Il mercato, inoltre, è ben sostenuto dalle collezioni corporate, che hanno aperto importanti musei come il Leeum Museum of Art, che conserva una collezione d'arte sia tradizionale che contemporanea della famiglia fondatrice della Samsung in un complesso architettonico realizzato da Jean Nouvel, Mario Botta e Herzog & de Meuron e ospita mostre temporanee di grande qualità, anche in realtà aumentata, come nel caso della mostra lanciata in questi giorni insieme ad Acute Art. Altri musei privati sono Space K del gruppo Kolon (settore chimico e tessile), il museo SongEun della compagnia energetica ST International, Daelim Museum dell'omonimo conglomerato attivo nel settore petrolchimico, logistico e delle costruzioni, oltre al già nominato museo di Amore Pacific, tanto che Seoul è tra le città con il maggior numero di musei privati al mondo (13 in tutto, secondo il sito specializzato sul collezionismo Harry's List). “Le aziende coreane non solo fondano i propri musei privati” spiega Jiyoon Lee, già direttrice del museo nazionale MMCA dal 2014 al 2016 e fondatrice di Suum Project, attraverso il quale promuove progetti artistici e culturali per collezionisti, istituzioni e imprese, “ma sostengono anche le istituzioni pubbliche. Hyundai, per esempio, finanzia la realizzazione di installazioni visionarie attraverso le Hyundai Commissions presso i musei MMCA di Seoul, Lacma di Los Angeles e Tate Modern di Londra, con un investimento milionario. E non lo fanno per benefici fiscali, che non sono significativi. Lo fanno per Corporate Social Responsability e per essere coinvolti nel discorso creativo”. Oltre al Museum of Modern and Contemporary Art MMCA, un museo pubblico di grande qualità è il Seoul Museum of Art SEMA, inaugurato nel 2002 e composto da una rete di otto spazi distribuiti su tutta la città, finanziato in parte dalla città e in parte dall'attività di fundraising. Attualmente ospita una mostra di Chung Seoyoung, una scultrice molto influente in Corea, ancora poco nota a livello internazionale.
Le gallerie italiane
Presenti in fiera anche cinque gallerie italiane. Mazzoleni e Tornabuoni hanno portato l'arte italiana moderna, la prima con Fontana, Burri, Manzoni, Boetti, Morandi e de Chirico, oltre a opere di Vasarely e Miró. “Abbiamo riscontrato tanto interesse e grande curiosità da parte di collezionisti competenti” ha affermato il Luigi Mazzoleni. “Già in passato abbiamo venduto a coreani e ora abbiamo puntato sui nomi più riconosciuti dell'arte italiana”. I prezzi in stand vanno da 100.000 $ per Vasarely fino a 3,5 milioni per Fontana e 4 milioni di $ per Burri. Anche da Tornabuoni c'erano in stand Fontana, Scheggi, Isgrò, Boetti, Dorazio, de Chirico e Morandi, oltre a due sculture di Pablo Atchugarry, scelta coraggiosa in una fiera in cui prevalgono le opere bidimensionali. “Abbiamo instaurato i primi rapporti con la Corea” ha commentato Ursula Casamonti, “abbiamo anche preso contatti con l'Istituto di Cultura Italiana perché intendiamo tornare il prossimo anno e portare l'arte italiana in un museo”. I prezzi in stand andavano da 35.000 euro per opere di Francesca Pasquali fino a 2 milioni per Fontana. Continua, invece, ha dedicato lo stand interamente a Pistoletto, con opere storiche dal 1961, con uno dei primi quadri specchianti ancora dipinto, fino al 1988. Anche per Continua è stato il primo contatto con la Corea dopo molto tempo. Massimo De Carlo, invece, già da tempo è presente in Asia con una sede a Hong Kong, ha partecipato con uno stand collettivo, così come Cardi, che ha portato artisti italiani come Alberto Biasi, Fontana, Kounellis e internazionali come Damien Hirst e Hidetoshi Nagasawa.
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