ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl voto regionale

Friuli: l’effetto Fedriga ridimensiona FdI, Schlein non trascina il Pd

Il partito della premier passa dal 31% delle politiche al 18%: boom della lista Fedriga e Lega primo partito - Il Pd tiene le posizioni ma crollano sia il M5s alleato sia il Terzo polo in corsa solitaria: gli elettori del centrosinistra non premiano le divisioni e piuttosto restano a casa

di Emilia Patta

Salvini: Fedriga uno dei migliori Governatori che la Lega abbia mai avuto

4' di lettura

«Una vittoria che premia il modello amministrativo e il buongoverno del centrodestra e che ci sprona a fare sempre meglio». La premier Giorgia Meloni commenta così l’attesa vittoria del governatore uscente del Friuli Venezia Giulia, confermato alla guida della regione a statuto speciale con il 64% dei voti doppiando il suo principale concorrente del centrosinistra Massimo Moretuzzo fermo al 29%. E glissa comprensibilmente sul dato vero di queste elezioni friulane: il crollo di Fratelli d’Italia dal 31% raccolto alle politiche del 25 settembre scorso al 17% circa. Un crollo che evidentemente è andato a tutto vantaggio della lista personale del governatore, che ha raccolto il 17% circa, mentre la Lega non solo non è danneggiata dalla lista concorrente del governatore, che è anche il principale competitor interno alla Lega per il leader Matteo Salvini, ma balza a primo partito arrivando al 19% dal 10% raccolto alle politiche. Stabile invece Forza Italia, ferma poco sotto il 7%.

Il sospiro di sollievo di Salvini e il campanello d’allarme a Palazzo Chigi

Sospirone di sollievo a Via Bellerio, insomma, dove si temeva il prosciugamento da parte della lista del governatore. Ma Fedriga si conferma un presidente di regione molto apprezzato, scelto anche da una parte di chi alle elezioni politiche non aveva votato per il centrodestra come già accaduto al governatore leghista del Veneto Luca Zaia, e quindi ancora più competitor interno. È presto per dire se il crollo di Fratelli d’Italia sia il riflesso delle difficoltà del governo sui temi dell’immigrazione e del Pnrr e se questo voto regionale segna la fine della luna di miele degli italiani con la premier, ma certo i dati friulani sono un campanello d’allarme a Palazzo Chigi.

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Già finita la luna di miele degli elettori con la premier Meloni?

Forse è il momento di rilanciare sul progetto di riforme, come avverte sul Corriere della sera l’ex presidente del Senato Marcello Pera rieletto nelle liste di Fratelli d’Italia: «L’agenda Meloni non è ancora venuta fuori. È il momento di rilanciare mettendo in campo la riforma costituzionale delle forma di governo, con l’elezione diretta del presidente del Consiglio o del presidente della Repubblica, e le altre riforme che erano in programma a cominciare da quelle della giustizia», è l’analisi di Pera, che se la prende anche con il revisionismo storico propugnato dall’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa. «Indugiare nelle revisioni storiche o alzare barricate anacronostiche è inutile e dannoso. Inutile perché non porta neanche voti, dannoso perché esaspera solo gli animi e così rafforza gli avversari».

Il Pd tiene ma non c’è effetto Schlein. Crollo del M5s, e il Terzo polo arriva ultimo

C’è da dire che nel caso delle regionali in Friuli Venezia Giulia gli avversari non si sono affatto rinforzati, anzi. Il Pd flette un poco rispetto alle elezioni politiche (da circa il 18% a circa il 17%), e dunque lo sperato effetto Elly Schlein non c’è. Chiaro che la neosegretaria preferisca prendere le distanze, visto che il candidato civico appoggiato dal Pd e dal M5s è stato scelto quando lei non era ancora iscritta al partito. «Riorganizzeremo insieme un’opposizione centrata sulle proposte politiche», si limita a dire. Ma un po’ di delusione a Largo del Nazareno c’è: si sperava nel superamento della soglia psicologica del 20% raggiunta nei sondaggi nazionali. Per altro l’alleato principale, il M5s, quasi sparisce passando dal 7,2% delle politiche a meno del 3%. Mentre il Terzo polo, che in regione a differenza che a Udine ha scelto la corsa solitaria candidando Alessandro Maran, scende anch’esso sotto il 3% dall’8,7% delle politiche. Maran è addirittura superato dalla candidata no vax Giorgia Tripoli. Una debacle.

La forte astensione è asimmetrica: danneggia soprattutto il centrosinistra

A non favorire il centrosinistra è anche il dato della forte astensione - l’affluenza si è fermata sotto il 50%, al 45,26% - che anche stavolta, come accaduto in Lombardia e Lazio, si mostra asimmetrica: a risentirne è soprattutto il centrosinistra, i cui elettori preferiscono restare a casa vista la partita già persa. È chiaro che se le tre gambe dell’ex campo largo non riescono a mettersi d’accordo e in presenza di sistemi maggioritari di coalizione come sono quelli per i Comuni e per le Regioni, oltre al nazionale Rosatellum, la vittoria del centrodestra è e sarà scontata. In più l’effetto si amplifica per l’astensione che le divisioni del campo del centrosinistra producono in assenza di reale competizione.

Per il Terzo polo è arrivata l’ora della scelta di campo

Infine, una riflessione sul Terzo polo. Nato sull’onda della suggestione di un ritorno al proporzionale nell’autunno del 2019, il progetto di Carlo Calenda e Matteo Renzi rischia di restare stritolato in un sistema elettorale che è e resterà maggioritario di coalizione anche alle prossime elezioni politiche. Checcé ne dica Calenda, che parla di «voto deludente» in Friuli Venezia Giulia a causa del sistema elettorale: «Le elezioni Regionali, per un partito di centro, sono il peggio che può capitare perché la gente tende a votare da un lato o dall’altro».

Dopo le europee del 2024, quando ognuno si peserà da solo nel proporzionale, il nuovo partito che prenderà vita dall’unione di Azione e di Italia viva dovrà fare una scelta di campo chiara, «da un lato o dall’altro» insomma. E non potrà che avvicinarsi al Pd, visto che la maggior parte degli elettori viene da quella parte, anche se alcuni i renziani a chiusura delle urne in Friuli Venezia Giulia si rammaricavano nelle chat per il mancato appoggio a Fedriga a differenza di quanto già fatto a Genova con l’appoggio a Marco Bucci. Il voto in Friuli Venezia Giulia dimostra che, al di là di un candidato di spessore come l’ex parlamentare dem Maran, gli elettori del Terzo polo non premiano le scelte solitarie che dividono il campo: a vincere è o il voto utile o l’astensione.


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