Frode fiscale, arrestato il viceprefetto dell’isola d’Elba
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Il viceprefetto reggente l'ufficio della prefettura dell'isola d'Elba e un membro di una famiglia della 'ndrangheta operante in Piemonte che fu mandante dell'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia sono stati arrestati in un'operazione della Guardia di finanza che è tuttora in corso. Nei confronti di altri sette soggetti sono scattati gli arresti domiciliari. Tra le accuse contestate agli arrestati, anche quella di associazione a delinquere e porto abusivo di esplosivi.
Contestualmente agli arresti i finanzieri stanno eseguendo decine di perquisizioni nelle province di Livorno, Torino, Asti, Padova, Ravenna Forlì, Pisa, Pistoia, Campobasso, Napoli, Salerno, Lecce e Brindisi. L'indagine, coordinata dal procuratore di Livorno Ettore Squillace Greco, riguarda complessivamente una trentina di persone che sono accusate a vario titolo, oltre che di associazione a delinquere e porto abusivo di esplosivi, anche di contrabbando di sigarette, indebita compensazione di debiti tributari tramite fittizie compensazioni, illecita sottrazione al pagamento delle accise sugli alcolici. I dettagli dell'operazione verranno resi noti in una conferenza stampa in programma alle 10.30 nella sede della Guardia di finanza di Livorno.
Piano evasione imposte e contrabbando
L'associazione a delinquere sgominata dalla Guardia di finanza livornese avrebbe, secondo gli inquirenti, pianificato e realizzato frodi «nel settore del commercio internazionale di prodotti alcolici, con l'intento di sottrarsi completamente al pagamento delle accise» e operato anche nel contrabbando: un carico di 9 tonnellate di sigarette non dichiarate è stato sequestrato al porto di Livorno nei giorni scorsi. Gli inquirenti hanno stimato profitti illeciti per centinaia di migliaia di euro. Per farlo architettava viaggi “fittizi” relativi a carichi di prodotti alcolici, gravati da rilevanti imposte di fabbricazione, che, predisponendo falsi documenti di trasporto, venivano fatti transitare attraverso depositi fiscali compiacenti, per poi essere esportati verso destinazioni extra-Ue grazie a una documentazione fittizia. Per compiere le truffe la banda, guidata dal viceprefetto Giovanni Daveti e dal boss della 'ndrangheta Giuseppe Belfiore, ha anche rilevato una società di trasporti di Torino, di fatto non più operativa e
individuata da un commercialista torinese, finito ai domiciliari: in questo modo l'organizzazione ha affittato un capannone a Castelnuovo Don Bosco (Asti) per costituire un proprio “deposito fiscale” da utilizzare strumentalmente nelle operazioni illecite, almeno 30 al mese ciascuna in grado di far evadere accise dovute per circa 90/100 mila euro.
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