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Fruit valley italiana a rischio, Confagricoltura lancia l’allarme

Negli ultimi 5 anni crollate le superfici coltivate a pero (-26%), pesco (-24%), nettarine e albicocche (-16%). E il cambiamento climatico sta decimando i volumi

di Ilaria Vesentini

(Adobe Stock)

2' di lettura

Duemila frutticoltori hanno manifestato il 23 ottobre per le vie di Bologna, in un corteo pacifico tra megafoni e trattori arrivati non solo dall’Emilia-Romagna ma dalle regioni vicine, per richiamare l’attenzione delle istituzioni e della collettività sul dramma che il comparto sta vivendo tra siccità, gelate, alluvioni, infestazioni, con impatti a cascata su tutta l’economia nazionale.

32mila euro di danni a ettaro

La “fruit valley” concentrata tra Bologna e l’Adriatico produce infatti il 30% della frutta italiana – in particolare pesche, kiwi, pere, nettarine – e mentre continuano a calare le superfici coltivate (da 66mila a 44mila ettari piantumati negli ultimi vent’anni), il cambiamento climatico sta decimando i volumi e paralizzando molte delle 5mila aziende colpite dall’alluvione, alle prese con danni calcolati in 32mila euro a ettaro.

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E le conseguenze sulla disponibilità di ortofrutta e sull’impennata dei prezzi le stanno pagando tutti i consumatori. Anche quelli esteri, perché con 5,3 miliardi di export, l’ortofrutta fresca italiana – in cui la Romagna gioca il ruolo di protagonista – rappresenta la seconda voce delle esportazioni agroalimentari del Paese.

«Salviamo la fruit valley»

I numeri fanno da cornice alla manifestazione organizzata da Confagricoltura nel capoluogo emiliano al grido: «Salviamo la fruit valley italiana». «Siamo stanchi di difenderci a mani nude – urlano al megafono i frutticoltori – vogliamo armi contro i parassiti e le fitopatie. Gli agrofarmaci non sono veleni. Servono investimenti per il miglioramento genetico e per le biotecnologie. Vogliamo risposte e risorse per ristorare gli ingenti danni subiti. Altrimenti altri frutteti saranno estirpati e sarà una piaga sociale per i nostri territori».

Priorità che i vertici di Confagricoltura sintetizzano in un documento e un video con otto richieste, indirizzate alle istituzioni: 1) prevedere risarcimenti adeguati in presenza di danni da calamità naturali e accelerare la liquidazione dei rimborsi; 2) rafforzare il sistema assicurativo per favorire l’accesso alle polizze e renderle meno costose; 3) concedere la moratoria bancaria senza addebiti per affrontare la crisi di liquidità; 4) garantire sgravi contributivi sulla manodopera per calmierare il costo del lavoro; 5) ripensare la strategia Ue “From farm to fork” sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari e sostenere gli investimenti finalizzati alla difesa attiva per proteggere le colture; 6) sostenere l’innovazione attraverso fondi per espianti e reimpianti nelle zone colpite da calamità naturali per facilitare l’introduzione di nuove varietà e specie più adatte; 7) potenziare la ricerca scientifica per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e la diffusione di patogeni o parassiti; 8) riconoscere ai frutticoltori il giusto prezzo, a copertura dei costi, e scongiurare l’impennata del carrello della spesa.

Crollate le superfici coltivate a pero

«Solo negli ultimi cinque anni, abbiamo perso migliaia di ettari di alberi da frutto, sono crollate le superfici coltivate a pero (-26%), pesco (-24%), nettarine e albicocche (-16%). E per le principali specie frutticole della nostra regione – spiegano i vertici di Confagricoltura Emilia-Romagna – nel 2023-2024 si prevede un ulteriore calo, in media del 8-10%».

Mentre gli agricoltori rodigini arrivati dal Polesine ricordano che in Veneto gli ettari coltivati a pere si sono ridotti in dieci anni del 33%, l’estensione dei meleti si è dimezzata e per pesche e nettarine le coltivazioni sono praticamente scomparse.


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