Funghi allucinogeni e depressione: così il pilota tentò di spegnere i motori in volo
Il caso del tentato sabotaggio dell’aereo ha riportato l’attenzione sui rischi della saluta mentale di piloti e controllori di volo
di Mara Monti
I punti chiave
3' di lettura
Quando la polizia dell’Oregon chiese a Joseph Emerson, pilota della compagnia aerea Alaska Airlines, i motivi che lo avessero indotto a tentare di sabotare l’aereo con a bordo 80 persone, il pilota dopo avere ammesso le sue responsabilità, si limitò ad aggiungere di non sentirsi bene a causa di un recente esaurimento nervoso e di avere fatto uso funghi allucinogeni per tenersi sveglio.
Il pilota sabotatore ora rischi 20 anni di carcere
Ora rischia 20 anni di prigione per avere tentato di spegnere i motori durante il volo 2059 da Everett (Washington) a San Francisco, domenica 22 ottobre: in viaggio mentre era fuori servizio, aveva chiesto di sedersi sullo strapuntino dietro ai colleghi. Senza un preciso motivo ha tentato di tirare la leva di emergenza, una mossa fulminea, durata meno di trenta secondi, ma sufficienti per bloccarlo. «Ho tirato entrambe le maniglie di emergenza perché pensavo di sognare e volevo solo svegliarmi», ha dichiarato alla polizia.
Il caso ha riportato l’attenzione sulla salute mentale dei piloti sottoposti a un lavoro molto stressante e monitorati regolarmente secondo una procedura introdotta dalle autorità aeronautiche americane. Ma, a quanto pare, non basta se è vero che Joseph Emerson era incaricato dell’applicazione dei programmi di sicurezza in volo al punto che i suoi colleghi, appresa la notizia, pensarono che la compagnia aerea stesse conducendo un’esercitazione di emergenza per testare il suo equipaggio. Non solo: il pilota, che soltanto la settimana precedente era ai comandi di un volo di linea, lo scorso settembre aveva superato lo screening aeromedico regolarmente programmato.
Il precedente caso GermanWings
La tragedia sfiorata ha riportato alla mente il caso del copilota della compagnia tedesca Germanwings che si andrò volontariamente a schiantare contro una montagna sulle Alpi francesi nel 2015, provocando la morte di 150 persone, lui compreso. Il report delle indagini dimostrò che il copilota si era precedentemente esercitato per direzionare l’aereo in picchiata.
Questa sciagura ha convinto le autorità europee a rivedere i protocolli di sicurezza soprattutto perché è difficile prevedere questo tipo di rischio. Nell’ambito delle iniziative intraprese per affrontare il tema della salute mentale, l’EASA, l’Agenzia europea per la sicurezza del volo, ha lanciato il progetto MESAFE (Mental health for aviation Safety) per aggiornare gli attuali standard europei sulla valutazione dei piloti e controllori del traffico aereo. Il progetto è stato affidato a Deep Blue, la società italiana specializzata nella sicurezza del settore aeronautico. «Questi casi dimostrano quanto il tema del rapporto fra salute mentale e sicurezza sia attuale e quanto sia necessario dargli rilievo negli screening aeromedici» dice Paola Tomasello, psicologa dell’aviazione e technical leader del progetto MESAFE per Deep Blue.
Il progetto dell’EASA sulla salute mentale dei piloti
In effetti la domanda sorge spontanea: quanto sono efficaci questi monitoraggi dal momento che, come dimostra il recente caso americano, il pilota aveva superato i controlli aeromedici, eppure ha tentato di sabotare ugualmente l’aereo. Evidentemente qualcosa non ha funzionato nel processo di valutazione e nell’identificazione del rischio. «Questo è in linea con i risultati di una ricerca che abbiamo condotto con i medici aeronautici europei, secondo i quali sono necessarie maggiori risorse di supporto e strumenti più aggiornati e standardizzati, soprattutto per la rivalutazione periodica dell’idoneità» aggiunge Tomasello.
Dopo la tragedia di Germanwings la comunità aeronautica si è accorta che così come accade per alcuni disturbi di natura fisica, anche le difficoltà di natura psicologica possono condizionare la prestazione dei piloti e dei controllori del traffico aereo, generando situazioni che possono erodere i margini si sicurezza. «Il progetto riconosce il benessere mentale come una dimensione essenziale della salute complessiva di una persona e come una componente vitale per la sicurezza dell’intero sistema dell’aviazione e del controllo del traffico aereo», afferma Paola Lanzi, coordinatrice del progetto.
L’aspetto innovativo di MESAFE è che non si basa su diagnosi psicopatologiche, ma sulla valutazione del rischio che si presentino determinate condizioni psicologiche critiche per la sicurezza durante le ore di servizio e sulle possibili strategie di prevenzione di riduzione del danno. «Il progetto mira a contrastare lo stigma associato alle problematiche di salute mentale - aggiunge Lanzi – perché affrontare i rischi individuali contribuisce a un sistema complessivamente più sicuro».
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