Fusione nucleare: il modello viene dalle stelle, ma la strada è ancora lunga
di Elena Comelli
3' di lettura
La fusione nucleare è la principale risposta della scienza al problema energetico nel lungo periodo, ma ci vorranno ancora almeno trent'anni per raggiungere l'obiettivo.
L'esperimento centrale in corso è Iter (International thermonuclear experimental reactor), la cui costruzione è prevista nel Sud della Francia, vicino a Cadarache. Il progetto consiste nella realizzazione di un reattore nucleare da 18 miliardi di euro, basato sul medesimo principio delle stelle: la fusione di idrogeno per formare elio e rilascare un'enorme quantità di energia praticamente pulita.
Nelle stelle, la fusione nucleare avviene a temperature di circa 10 milioni di gradi, più basse di quelle previste per Iter, ma a pressioni straordinariemente elevate e impossibili da replicare sulla Terra, dove devono essere compensate da milioni di gradi centigradi in più. Con questa tecnologia, per raggiungere una “normale” reazione solare è necessario che due isotopi dell'idrogeno (due atomi di idrogeno con diverso numero di neutroni), il deuterio e il trizio, s'incontrino a temperature dell'ordine dei 100-150 milioni di gradi.
Il cuore di Iter è un enorme contenitore che dovrà ospitare il plasma (gas surriscaldato) di deuterio e trizio, circondato da potenti magneti superconduttori per contenerlo, acceleratori di particelle e generatori di microonde per riscaldare il tutto.
La costruzione delle varie componenti è stata distribuita fra i numerosi Paesi che partecipano al progetto (Europa, Usa, Cina, India, Giappone, Russia e Corea del Sud), con una serie di vantaggi e svantaggi. Un'alleanza così vasta da un lato ha permesso di ottenere le risorse necessarie a un progetto gigantesco, dall'altro lato però ha causato enormi ritardi, che hanno fatto lievitare i costi.
In Italia si stanno costruendo 10 dei 19 magneti previsti dal progetto: gigantesche bobine di cavi superconduttori a forma di D, come quella realizzata a La Spezia dalla Asg Superconductors. Scopo delle bobine è quello di produrre un campo magnetico toroidale, capace d'imprigionare e contenere in sospensione il plasma alla temperatura di 100-150 milioni °C.
In pratica, devono creare un impressionante scudo magnetico che intrappoli e compatti il gas incandescente, tenendolo lontano dalle pareti del reattore di Iter, per dare modo agli atomi di idrogeno di fondersi e produrre energia.
Il progetto è partito nel 2005 e al momento è in ritardo di cinque anni, per cui la prima accensione della macchina è slittata al 2025. Iter, però, non è una vera centrale. Il suo scopo è di studiare la fusione nucleare e impostare un meccanismo replicabile per ottenerla. Finora sono stati condotti esperimenti di fusione più piccoli che hanno funzionato. Lo stellarator acceso l'anno scorso in Germania, nel Max Planck Institut di Greifswald, ha prodotto il primo plasma di idrogeno con un impulso di 2 megawatt di radiazioni a microonde, riscaldando il gas fino a 80 milioni di gradi per un quarto di secondo. La tabella di marcia tedesca prevede l'incremento della potenza di riscaldamento a microonde del plasma fino a 20 megawatt, per un tempo massimo di 30 minuti. Iter è una macchina quattro volte più potente, ma come lo stellarator produce solo calore, non elettricità.
Se dopo la messa in funzione si riuscirà a risolvere tutte le problematiche tecnologiche connesse alla produzione di energia elettrica dalla fusione, allora si darà il via alla costruzione della prima vera centrale, che presumibilmente richiederà almeno altri 10 anni. In pratica, soltanto verso il 2040 potremo sapere se Iter è l'innovazione radicale della prossima era umana o soltanto una sperimentazione destinata al fallimento.
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