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G7 in Germania, sanzioni e Ucraina al centro del vertice

Il summit dei Sette ruoterà intorno alle ritorsioni contro Mosca e al progetto di una ricostruzione ucraina, spinta soprattutto dal cancelliere Scholz

di Beda Romano

Scholz chiede un Piano Marshall per la ricostruzione dell'Ucraina

3' di lettura

Sarà all'insegna dell'unità, vera o presunta, del fronte occidentale l'incontro del Gruppo dei Sette – il 47mo nella storia di questo consesso – previsto dal 26 al 28 giugno nelle Alpi bavaresi. I protagonisti vorranno riaffermare la loro coesione, in un contesto tuttavia molto incerto in cui la perdurante guerra della Russia in Ucraina e l'incombente recessione economica stanno mettendo alla prova la stabilità degli alleati occidentali.

Padrone di casa sarà il cancelliere tedesco. Olaf Scholz ha avvertito questa settimana che il sostegno occidentale all'Ucraina richiederà «perseveranza» poiché «siamo ancora lontani» dai negoziati di pace tra Mosca e Kiev. Iniziata il 24 febbraio, l'invasione dura da quattro mesi. I capi di Stato e di governo dei paesi più industrializzati si riuniranno a Schloss Elmau, non lontano da Garmisch, per una tre-giorni di incontri che verrà seguita da un vertice della Nato a Madrid.

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I dubbi sulle sanzioni alla Russia

L'Occidente si è trovato d'accordo nell'imporre sanzioni contro Mosca (il G7 potrebbe decidere un divieto dell'import di oro russo). Tuttavia, due aspetti sono emersi. In primis, cresce nel mondo il timore che le misure stiano pesando sull'economia. La sensazione è rafforzata dalla subdola scelta russa di ridurre le forniture di gas verso l'Europa. In questa ottica, la partecipazione al G7 di India, Senegal e Sudafrica non è banale; i tre paesi si sono astenuti in occasione di una risoluzione ONU di condanna di Mosca.

In secondo luogo, si rafforza l'impressione che queste stesse misure abbiano un impatto dopo tutto limitato sulla Russia. Certo, il Fondo monetario internazionale stima una recessione dell'8,5% nel 2022. Al tempo stesso, il rublo si è apprezzato sui mercati, al massimo degli ultimi sette anni. Secondo dati pubblicati dall'ISPI di Milano, le importazioni cinesi di petrolio russo sono salite in questi quattro mesi da 0,6 a 1,2 milioni di barili al giorno. L'India, nel frattempo, è diventata ex novo un cliente russo.

Michel: ci sarà discussione su tetto al prezzo del petrolio

Gli Stati Uniti hanno suggerito ai loro alleati qualche forma di tetto al prezzo del greggio, pur di penalizzare la Russia (si veda Il Sole 24 ore del 22 giugno). Commentava cauto venerdì a Bruxelles il presidente del Consiglio europeo Charles Michel: la proposta «di un tetto al prezzo del petrolio sarà un argomento di discussione (…) Dobbiamo capire se siamo in sintonia» con Washington «e se questa idea sia appropriata per raggiungere i nostri obiettivi comuni».

Quanto all'Europa, incombono le divergenze. Scrivono Ivan Krastev e Mark Leonard per lo European Council on Foreign Relations (Ecfr): «I cittadini europei si preoccupano del costo delle sanzioni economiche e della minaccia di una escalation nucleare. A meno che qualcosa non cambi radicalmente, si opporranno a una guerra lunga e prolungata. Solo in Polonia, in Germania, in Svezia e in Finlandia l’opinione pubblica è sostanzialmente favorevole a un aumento delle spese militari».

Germania: serve nuovo piano Marshall per l’Ucraina

Chi è responsabile del conflitto? Secondo il rapporto dell'Ecfr, il 90% dei finlandesi risponde la Russia, ma la percentuale scende rapidamente: la responsabilità è attribuita a Mosca dal 66% dei tedeschi, dal 62% dei francesi e dal 56% degli italiani. La quota restante ritiene che il conflitto sia stato invece provocato dall'Unione europea, dalla stessa Ucraina e dagli Stati Uniti. Più in generale, i paesi europei sembrano divisi tra quelli che vogliono giustizia e quelli che perseguono la pace.

Nel corso dei lavori, la Germania vorrà fare della ricostruzione ucraina il suo cavallo di battaglia. Il cancelliere Scholz ha parlato della necessità di un nuovo “Piano Marshall” che implicherà il contributo di «numerose generazioni». Nel breve termine, però, prevale soprattutto la questione dell'export del grano bloccato in Ucraina. Spiega un funzionario europeo: «In aprile abbiamo esportato 600mila tonnellate, in maggio 2 milioni di tonnellate. Dobbiamo fare di più».

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