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G7, il piano giapponese sull'ammoniaca è una minaccia climatica globale

Si riuniranno domani a Sapporo, in Giappone, i ministri dell'ambiente e dell'energia dei Paesi G7 per discutere di crisi energetica e transizione ecologica

di Yoko Mulholland*

(AFP)

3' di lettura

Si riuniranno domani a Sapporo, in Giappone, i ministri dell'ambiente e dell'energia dei Paesi G7 per discutere di crisi energetica e transizione ecologica. Il Giappone, che ha la presidenza, spera di raccogliere sostegno per il suo piano “Trasformazione verde (GX)”, che mira, almeno sulla carta, a far transitare l'industria da un approvvigionamento energetico incentrato sui combustibili fossili a uno basato sulle fonti pulite.

L’iniziativa ha però attirato le critiche di accademici, organizzazioni ambientaliste e gruppi di cittadini, secondo i quali il piano è incompatibile con gli obiettivi climatici fondamentali, come l’Accordo di Parigi e l’accordo del G7 di decarbonizzare i settori energetici dei Paesi membri entro il 2035.

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La parte del piano più criticata è quella che riguarda la co-combustione del carbone con l'ammoniaca, una tecnologia con un potenziale limitato di riduzione delle emissioni, competitività dei costi e fattibilità tecnica, come dimostrato da vari studi. Tuttavia, una bozza trapelata la scorsa settimana della dichiarazione ministeriale del G7 ha rivelato che la co-combustione dell’ammoniaca potrebbe essere evidenziata come un approccio per decarbonizzare il settore elettrico.

Alcune personalità dell’industria giapponese sostengono con forza l’uso della co-combustione dell’ammoniaca, cosa che consentirebbe loro di mostrarsi a sostegno della transizione verde ma anche di continuare a trarre vantaggio dalle attività basate sui combustibili fossili. Il piano è preoccupante anche per l’ambizione del Giappone di esportare la tecnologia nei popolosi Paesi del Sud-est asiatico, con inevitabili conseguenze a livello globale.

La co-combustione di ammoniaca presenta diversi limiti, tra cui la sua scarsa capacità di ridurre direttamente le emissioni. Un'analisi del think tank britannico TransitionZero mostra che un impianto a carbone con il 20% di ammoniaca emetterà una quantità di gas serra cinque volte superiore al parametro di riferimento dello scenario Net Zero dell’Agenzia internazionale delI'energia (AIE) per il 2030. Sempre secondo TransitionZero, in nessuno dei Paesi dove il Giappone sta testando la co-combustione (Thailandia, Indonesia, Malesia e Filippine) sarà possibile ridurre le emissioni in linea con il paramento net-zero.

Esiste anche un rischio di aumento delle emissioni del ciclo di vita, che variano a seconda della materia utilizzata per produrre l'ammoniaca. Ad esempio, l’ammoniaca prodotta da carbone non abbattuto contiene emissioni incorporate equivalenti al doppio delle emissioni associate alla combustione diretta del carbone. Solo utilizzando ammoniaca blu (da fonti fossili con cattura e stoccaggio del carbonio integrata) o verde (attraverso l’elettrolisi dell’acqua alimentata da energia elettrica rinnovabile) la co-combustione potrebbe teoricamente portare a una riduzione netta delle emissioni, e solo a condizione che il rapporto ammoniaca-carbone fosse vicino al 100%, condizione giudicata altamente improbabile al momento.

Ma anche se non ci fossero problemi di fattibilità tecnica o di improbabili riduzioni di emissioni, resterebbero altri grandi limiti: un'analisi di Bloomberg NEF ha rilevato che la co-combustione con alti rapporti di ammoniaca blu o verde è nettamente più costosa delle rinnovabili. Aumenta inoltre il rischio che le centrali a carbone rimangano in funzione più a lungo per recuperare gli investimenti di adeguamento. L’AIE afferma chiaramente che la decarbonizzazione del settore energetico richiede l’eliminazione graduale dell’energia a carbone non abbattuta nei Paesi OCSE entro il 2030 e a livello globale entro il 2040.

Ecco perché domani i ministri G6 convocati in Giappone dovrebbero dare un segnale di opposizione chiaro al piano giapponese. Puntare sulla co-combustione, senza una solida regolamentazione delle emissioni per mitigare i suddetti rischi, può ritardare la diffusione di opzioni a zero emissioni praticabili e scalabili, come l’eolico e il solare, e compromettere gli sforzi compiuti nell’ambito della Just Energy Transition Partnership (JETP) per abbandonare il carbone. Ci auguriamo che il G7 riconosca i limiti dell’ammoniaca per la decarbonizzazione del settore energetico e accetti di introdurre standard e regolamenti internazionali forti per qualsiasi potenziale uso di ammoniaca verde in settori difficili da abbattere.

*Yoko Mulholland, Senior Associate e Katrine Petersen, Senior Policy Advisor E3G

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