GAMeC riparte raccontando l’esperienza del Covid
Lorenzo Giusti spiega come il museo ha reagito all'emergenza in una delle città più colpite dalla pandemia e sul tema a ottobre inaugura la mostra Ti Bergamo con contributi dal basso
di Nicola Zanella
6' di lettura
Bergamo non dimentica e si racconta. I mesi di lockdown e di emergenza Covid sono al centro della prossima mostra della Galleria d'arte moderna e contemporanea di Bergamo (GAMeC). Inaugura il 1° ottobre e fino al 14 febbraio “Ti Bergano”, a cura di Lorenzo Giusti e Valentina Gervasoni, con contributi raccolti dal basso invita a una riflessione sul senso di comunità. ArtEconomy24 ha chiesto al direttore Lorenzo Giusti come il museo ha affrontato l'emergenza Covid e quali appuntamenti sono in calendario nei mesi futuri.
«La programmazione estiva della GAMeC si è concentrata principalmente a Palazzo della Ragione a Bergamo Alta che per il terzo anno è la “sede estiva” del museo e che rispetto alla sede principale, si presta meglio per conformazione spaziale, ad affrontare le normative sanitarie vigenti. La mostra di Daniel Buren inaugurata il 9 luglio ha attirato oltre 10.000 visitatori, in forte calo rispetto ai 52.000 fatti registrare dalla personale di J enny Holzer nello stesso periodo del 2019, ma che ha visto una buona risposta da parte del pubblico locale”
Quali sono i risultati sugli incassi?
La riduzione degli introiti da biglietteria non ha sconvolto particolarmente il budget del museo che conta, soprattutto, su finanziamenti del Comune di Bergamo e sul sostegno dei privati e della fitta rette di aziende del territorio, Tenaris in particolare, che figura anche tra i soci fondatori insieme al Comune.
Quali sono i programmi futuri? E le mostre che erano in programma come saranno gestite?
Anche la GAMeC, come credo tutti i musei, ha dovuto rivedere almeno parzialmente i suoi programmi per il 2020 e il 2021. Parzialmente, perché quando è arrivato il lockdown avevamo da poco inaugurato la mostra di Antonio Rovaldi “Il suono del becco del picchio” in una sala dell 'Accademia Carrara , che negli stessi giorni inaugurava la mostra dedicata a Peterzano con un percorso che coinvolgeva anche tutti gli spazi della GAMeC. Di fatto la mostra di Rovaldi – grazie alla collaborazione con la Carrara – è stata prorogata fino a fine agosto, mentre quella di Peterzano non è stata riaperta al pubblico. La mostra curata dal vincitore della decima edizione del Premio Bonaldi , in programma sempre a giugno, è stata spostata a ottobre, e al posto della mostra “Nulla è perduto” – secondo capitolo del grande progetto espositivo pluriennale dedicato al tema della materia – sempre a ottobre abbiamo inserito in calendario “Ti Bergamo”, come l'omonimo disegno realizzato e poi donato al museo dall'artista rumeno Dan Perjovschi (1961), durante l'emergenza Covid: il progetto espositivo è nato dal cortocircuito emotivo innescato dalla concatenazione di eventi drammatici e dai gesti di solidarietà e di coraggio scaturiti durante la crisi sanitaria. Attraverso opere d'arte e produzioni dal basso, immagini fotografiche, filmati, gesti e pensieri di quegli autori che hanno raccontato Bergamo, i suoi luoghi e la sua storia nei mesi di lockdown, la mostra darà testimonianza visiva di un momento unico nella storia di una comunità che si è riscoperta tale e che, condividendo il proprio presente, ha saputo ritrovare anche il proprio passato.
La struttura del vostro museo in che modo permette di gestire un'affluenza post Covid-19?
La GAMeC ha la sua sede in un vecchio convento del XV secolo ristrutturato da Vittorio Gregotti, pertanto i suoi spazi – sale piccole rispetto alla media degli altri musei, corridoi e spazi di passaggio stretti – non sono idonei alle restrizioni imposte ai musei in questa fase. Le nostre altre attività però non si sono fermate e abbiamo trovato il modo per poterle realizzare in sicurezza. Tra il 18 giugno e il 23 luglio, per esempio, abbiamo organizzato Radio GAMeC Real Live: appuntamenti dal vivo, evoluzione del progetto Radio GAMeC nato sui social del museo nei giorni dell'emergenza. Volevamo consolidare “in presenza” il legame stabilito con la nostra comunità durante il lockdown grazie a questo progetto e lo abbiamo fatto organizzando cinque serate nel cortile della GAMeC, gratuite, a numero chiuso con prenotazione obbligatoria: al pubblico veniva misurata la temperatura all'ingresso, le persone potevano entrare solo con mascherina e venivano accompagnate al loro posto a sedere, gli spazi erano forniti di tutti i dispositivi necessari, dal gel antibatterico a ogni angolo al personale di controllo e pulizia per l'organizzazione degli spostamenti e l'ingresso ai servizi igienici. Dal punto di vista espositivo, in questi mesi la nostra attività si è concentrata interamente su Palazzo della Ragione, che per il terzo anno consecutivo è sede estiva della GAMeC:
Come è stata l'affluenza media giornaliera e il numero di visitatori dall'apertura post lockdown, anche rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso?
I musei d'arte contemporanea in Italia, di tutte le dimensioni, non hanno mai la quantità di visitatori dei grandi musei o dei grandi poli, ma nonostante questo negli ultimi anni la GAMeC è riuscita a raggiungere quote importanti grazie alla messa in campo di strategie di allargamento e azioni di rete. In questo momento l'unico raffronto possibile è quello tra i progetti al Palazzo della Ragione: Jenny Holzer nel 2019, che è stato visitato in tre mesi da 52.000 persone, e Daniel Buren nel 2020, che durante il primo mese di apertura ha contato quasi 10.000 ingressi. Una media giornaliera sicuramente non all'altezza dell'anno precedente, ma neppure così drammaticamente inferiore. Sicuramente la pandemia ha fortemente limitato i viaggi e per questa ragione tante persone stanno riscoprendo i musei del proprio territorio, a tutto vantaggio di quelli che, come la GAMeC, hanno sempre puntato sul rinnovamento dell'offerta culturale, fornendo al pubblico occasioni per una frequentazione regolare e non una tantum.
Come sarà fronteggiata la diminuzione dei ricavi da biglietteria? Avete pensato ad attività di fundraising alternative?
Il bilancio in entrata della GAMeC è composto dall'imprescindibile contributo del Comune di Bergamo a copertura quasi totale dei costi di gestione ordinaria, mentre le attività sono sostenute interamente grazie al contributo dei privati, a partire da Tenaris, che è socio fondatore della Galleria insieme al Comune stesso. I ricavi da biglietteria in tutto questo rappresentano una voce marginale, anche perché da sempre operiamo una politica di contenimento dei costi, sostenuta dalle imprese, per favorire la relazione con la comunità. Il nostro modello di business, passatemi il termine, è quindi basato sull'imprescindibile legame con i privati: per noi il dialogo con le imprese più innovative del territorio non è soltanto funzionale al raggiungimento dei nostri obiettivi, ma è esso stesso, a tutti gli effetti, uno strumento di azione territoriale, orientato al coinvolgimento attivo e consapevole dell'impresa nel processo della produzione culturale, di cui beneficia tutto il territorio in cui l'impresa opera. In questo senso, un'operazione come quella di Radio GAMeC ci ha consentito di stabilire una connessione molto forte con la città e la comunità tutta, grazie alla quale abbiamo avviato nuove relazioni che speriamo generino collaborazioni durature.
Quali sono i vostri programmi per sostenere il conto economico? Che tagli avete effettuato o quali avete in programma? Come sarà gestito il minor contributo con la programmazione culturale?
Ho già detto dell'importante mostra “Nulla è perduto”, su cui stavamo investendo significative risorse, che abbiamo rimandato all'autunno del 2021, sostituendola con un progetto “di prossimità” quantomai significativo in questa fase per una città come Bergamo. Stiamo parallelamente partecipando ai vari bandi per il recupero delle perdite messi in campo dal ministero e da altri soggetti del territorio, come le fondazioni bancarie.
Instagram, FB, le mostre online, il sito: che ruolo avrà il virtuale nella realtà museale?
Non parlerei di virtuale, ma di digitale. Quello digitale è uno spazio importante, con il quale i musei di oggi, soprattutto quelli di arte contemporanea, hanno il dovere di confrontarsi. Fino a qualche mese fa c'era una specie di reticenza in proposito, quasi un atteggiamento snobistico, ora invece è evidente a tutti la funzione che questa dimensione può e dovrebbe avere, che non è solo informativa o di intrattenimento, ma a tutti gli effetti progettuale. Ora la pandemia e il lockdown hanno reso evidente quello che prima lo era solo parzialmente: i musei devono entrare in relazione con lo spazio digitale come luogo vero e proprio all'interno del quale operare e programmare, elaborando progetti e contenuti che non siano un semplice “riempitivo”, ma che siano, di fatto, attività di sviluppo, comunicazione e ricerca coerenti con la propria mission istituzionale. Una sfera, quella online, che, in relazione al processo di progressiva integrazione tra spazio fisico e digitale, emerge sempre più come luogo materiale: non una zona virtuale, un'alternativa alla realtà, ma qualcosa di concreto che permea il nostro quotidiano.
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