Gas, un anno fa il record storico sopra 340 euro. Oggi mercato volatile ma più forte
Mosca oggi ha perso ogni arma di ricatto contro l’Europa e i consumi rimangono moderati, anche grazie a una penetrazione più rapida delle rinnovabili. Siamo più esposti di un tempo all’influenza di dinamiche globali, scarsamente controllabili, ma è improbabile che si ripetano tensioni estreme come nell’estate 2022
di Sissi Bellomo
3' di lettura
Liberi dai ricatti di Gazprom, più oculati nei consumi, più rapidi nella transizione a fonti energetiche pulite. Ma anche più esposti a dinamiche di mercato che avvengono su scala globale, scarsamente controllabili e capaci di esercitare una forte influenza sui prezzi, che – per quanto alleggeriti – restano molto volatili, pronti ad infiammarsi ad ogni segnale di potenziali difficoltà sul fronte dell’offerta.
È trascorso un anno esatto da quando il gas in Europa ha stracciato ogni record, superando nella giornata del 26 agosto 2022 il livello stratosferico di 340 euro per Megawattora al Ttf, e il mercato ha subito trasformazioni profonde, in gran parte irreversibili, che lasciano ben sperare per il futuro.
C’è ancora grande instabilità e nervosismo tra gli operatori, che si riflette sull’andamento dei prezzi: lunedì 28 un nuovo balzo dell’8% ha riportato il combustibile a scambiare intorno a 38 €/MWh, reazione attribuita ancora una volta alle minacce di sciopero nella lontanissima Australia, che rischiano di ridurre le forniture di Gnl.
Più in generale, non si può certo considerare esaurito l’effetto della crisi energetica vissuta negli ultimi due anni, che ha avuto pesanti ripercussioni sull’inflazione e sulla salute dell’economia.
Gli esperti tuttavia giudicano molto improbabile il ripetersi di tensione estreme come quelle dell’estate scorsa, quando i prezzi del gas si spinsero a livelli quasi dieci volte superiori a quelli attuali, al culmine di un rally iniziato fin dal 2021 e intensificatosi l’anno successivo con la guerra in Ucraina e il crollo dei flussi di gas dalla Russia.
Oggi Mosca non possiede più le armi di ricatto di un tempo: Gazprom è diventata un fornitore marginale, con una quota di mercato inferiore al 10% nell’Unione europea e flussi intorno ai 20 miliardi di metri cubi l’anno, contro i 155 miliardi di un tempo.
Il Gnl russo (che abbiamo preso ad acquistare in modo crescente, non senza qualche imbarazzo politico) è più facile da sostituire rispetto alle molecole via tubo, che acquistavamo in grandi quantità e a prezzi competitivi in base a impegni contrattuali di lungo termine.
L’Europa ha realizzato un mezzo miracolo riuscendo nel giro di pochi mesi ad allentare la dipendenza da Mosca, per anni fonte del 40% delle importazioni di gas. E questo ha dato un’indubbia iniezione di fiducia al mercato, che (almeno per ora) chiude un occhio sull’accresciuta dipendenza da altri fornitori, come gli Stati Uniti, oppure l’Algeria, che per l’Italia ha assunto un peso simile a quello che aveva la Russia.
L’aspetto psicologico vuol dire molto. Gli squilibri tra domanda e offerta e la difficoltà nel riorganizzare i flussi di gas, almeno finché non sono stati avviati nuovi rigassficatori nel Nord Europa, spiegano in gran parte le tensioni sul mercato a cavallo tra 2021 e 2022. Ma i fondamentali, afferma un commento del Cepr (Centre for Economic Policy Research), non bastano a giustificare l’«anomala» fiammata di agosto dello scorso anno, frutto piuttosto «dell’incertezza politica e dell’aspettativa di ulteriori interruzioni dell’offerta da parte della Russia, che non si sono poi materializzate, oltre che di una sottovalutazione della potenziale elasticità della domanda», che ha invece reagito ai rincari con una decisa contrazione.
Paura e incertezze secondo il Cepr avrebbero anche scatenato gli acquisti di gas a qualsiasi prezzo, finanziati dai governi europei, per riempire gli stoccaggi in vista dello scorso inverno: una frenesia che non si è ripetuta. La stagione delle iniezioni (partita con livelli già alti di scorte) quest’anno non ha provocato alcuna tensione sul mercato. E i depositi europei sono già pieni oltre il 90%, con più di due mesi di anticipo sui tempi prescritti dalla Commissione Ue.
Cruciale nel mettere un freno ai prezzi è stata, come si diceva, anche la moderazione della domanda. I consumi di gas nel 2022 sono scesi più del previsto e quest’anno, nonostante le bollette più leggere, non si sono risollevati come molti si aspettavano.
Nel primo semestre secondo l’Oies sono anzi diminuiti su base annua di un ulteriore 11%, pari a 27 miliardi di metri cubi, nella Ue e in Gran Bretagna (dopo una contrazione del 13% nel 2022): un risultato che dipende da molti fattori, alcuni dei quali strutturali, compresa l’accelerazione nel ricorso a fonti rinnovabili.
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