Gas, ecco i tre livelli del piano italiano per la sicurezza: ora siamo in pre-allerta
Al momento non si sta valutando l’attivazione dello “stato di allarme”, passando così al livello successivo
I punti chiave
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Preallarme (“early warning”), che è quello in cui ci troviamo oggi in Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, allarme (“alert”) ed emergenza (“emergency”). Sono tre i livelli di crisi previsti dal «Piano di emergenza del sistema italiano del gas naturale» (aggiornato al 30 settembre 2020). Nei primi due il mercato funziona ancora e c’è un monitoraggio costante che, in caso di aumento dei rischi, fa passare dal preallarme all’allarme; nel terzo, il mercato non può funzionare e scattano misure straordinarie, che vanno dall’utilizzo dello stoccaggio strategico, a nuove soglie di temperatura, all’interrompibilità della fornitura ad alcuni settori industriali.
«Il nostro obiettivo è di diventare indipendenti dalla Russia in tempi veramente molto rapidi», ha detto in merito alla situazione il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. «Se fosse interrotto oggi il gas russo», ha spiegato Cingolani «non avremmo grossi problemi per i prossimi mesi caldi» tuttavia «dovremmo essere molto attenti agli stoccaggi, cioè alle riserve invernali ma su questo stiamo lavorando con ampio anticipo».
Di qui, il decreto di venerdì pomeriggio proprio relativo alla gestione degli stoccaggi.
La decisione del Mite
Il ministero della Transizione ecologica, autorità competente per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale, sentito il Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema gas nazionale, ha dichiarato lo scorso 26 febbraio lo stato di preallarme. La comunicazione viene fatta sempre dal Mite, su segnalazione dell’impresa maggiore di trasporto ed entrambi la comunicano sul proprio sito internet. E, come ha spiegato Palazzo Chigi, non si sta valutando l’attivazione dello “stato di allarme”, passando così al livello successivo.
“Early warning”
Scatta quando ci sono informazioni serie secondo cui può verificarsi un evento che potrebbe ridurre significativamente le importazioni e far passare al livello di allarme o di emergenza, ad esempio la previsione di una domanda di gas giornaliera eccezionalmente elevata per eventi climatici estremi, come successo in anni scorsi. Di fatto attiva un monitoraggio più stringente.
“Alert”
Può scattare dopo il preallarme, per il peggioramento della situazione o all’improvviso per l’interruzione della fornitura e/o in caso di eventi climatici sfavorevoli di eccezionale intensità. Le possibili misure di mercato adottate sono aumento delle importazioni, riduzione della domanda di gas; impiego di combustibili di sostituzione alternativi negli impianti industriali.
“Emergency”
Si verifica quando la fornitura di gas è insufficiente a soddisfare la domanda e si attiva in caso di una di sei condizioni che vanno dai giorni consecutivi di allarme al raggiungimento del limite di volume erogato oltre il quale si verifica l’utilizzo dello stoccaggio strategico. Può essere conseguente allo stato di allarme o scattare all’improvviso e prevede misure non di mercato: interventi per incrementare la disponibilità di gas in rete, regole di dispacciamento della produzione di energia elettrica, riduzione obbligatoria del prelievo di gas dei clienti industriali, definizione di nuove soglie di temperatura e/o orari per il riscaldamento, sospensione dell’obbligo di fornitura verso i clienti non tutelati, sospensione della tutela di prezzo, utilizzo dello stoccaggio strategico, interrompibilità del gas per alcune industrie.
Le strategie del ministero
«Monitoriamo giorno per giorno l’andamento delle forniture di gas. E al momento il gas continua ad arrivare regolarmente, persino superiore a un anno fa». Lo afferma il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in un’intervista al Corriere della Sera, in cui parla della crisi energetica dovuta al conflitto ucraino. «Con una guerra in corso è ovvio che non si può stare tranquilli. Diverso è monitorare la situazione. Avere ben presente le azioni in caso di emergenza - prosegue - noi acquistiamo gas per il 95% del nostro fabbisogno. Il 40% arriva da Mosca. È chiaro che il problema esiste. E che dobbiamo diversificare. Aumentare cioè il numero di chi ci vende gas».
Su questo fronte «stiamo facendo accordi in questi giorni con molti altri Paesi. Abbiamo poi 5 grandi gasdotti, dai due in Sicilia a quello pugliese, che ci permettono di avere gas da zone del mondo diverse - continua il ministro - noi abbiamo tre rigassificatori, alcuni lavorano a metà della loro capacità, quindi possono produrre più gas. Stiamo trattando per acquistarne altri due galleggianti. Possiamo inoltre aumentare leggermente il prelievo di gas dai nostri giacimenti esistenti per ulteriori, circa, 2 miliardi di metri cubi. Già entro quest’anno avremo una buona diversificazione e se tutto va bene entro due o tre anni saremo completamente indipendenti dalla Russia».
«Stiamo comprando gas per riempire le nostre riserve, gli stoccaggi sono buoni e si va verso la stagione più calda. Per arrivare a razionamenti la situazione dovrebbe precipitare», prosegue Cingolani.
Il ministro ha sollevato nei giorni scorsi il problema del tetto al prezzo del gas: «Se il mercato libero fa chiudere le imprese e manda le famiglie sul lastrico, io ho il dovere di segnalare il problema e sottoporlo all’Europa», a questo serve un tetto al prezzo del gas, mentre l’intesa con la Germania «è un accordo bilaterale di solidarietà sul gas, per stoccaggi comuni. Abbiamo chiesto un paio di settimane per definire i dettagli e capire come lanciare le gare, ma è un passo importante. Le intese a livello Ue vanno bene soprattutto per gli acquisti, ma quando si parla di stoccaggi procediamo con bilaterali, molto più agevoli sul piano logistico e tecnico».
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