Gas, prezzi e volatilità record mettono in fuga gli operatori
Crolla la liquidità sul mercato europeo del gas, divenuto sempre più rischioso. Persino i colossi del trading sono sotto pressione per margin call miliardari. Per gli operatori più piccoli lo spettro è il fallimento
di Sissi Bellomo
4' di lettura
Non solo da record, ma sempre più volatili. I prezzi dell’energia hanno cominciato a oscillare in modo violento e imprevedibile, complicando ulteriormente la gestione degli acquisti e dei modelli di consumo da parte delle imprese e aumentando i rischi per gli operatori sul mercato.
Gli strappi più violenti hanno riguardato il gas, che il 7 ottobre al Ttf ha visto il prezzo impennarsi di quasi il 40% fino a superare 160 euro per Megawattora – circa dieci volte il valore che aveva a inizio anno – e sprofondare quasi altrettanto nell’arco di poche ore, dopo la promessa di maggiori forniture da parte del presidente russo Vladimir Putin.
Alti e bassi così clamorosi non si sono più ripetuti. Quando Putin mercoledì 13 è tornato a parlare del mercato, il gas ha anzi mantenuto un rialzo del 9%, sopra 93 €/MWh (del resto le dichiarazioni hanno spento l’aspettativa di un imminente apertura dei rubinetti). Ma gli sbalzi di prezzo sono sempre più frequenti e il mercato è diventato così pericoloso da mettere in fuga gli operatori.
La liquidità, quanto meno sul mercato spot, è crollata: i volumi di gas scambiati in Europa si sono ridotti del 16% a settembre, a 1.959 Terawattora, secondo dati aggiornati ieri dalla London Energy Brokers’ Association (Leba), con una riduzione particolarmente accentuata proprio al Ttf.
Sul principale hub del Vecchio continente gli scambi Otc (Over the counter) sul mercato del giorno prima si sono ridotti addirittura dell’80% rispetto a settembre 2020. E nei primi giorni di ottobre l’esodo è addirittura accelerato: il 7 ottobre, giorno delle maxi oscillazioni di prezzo al Ttf, il volume degli scambi day-ahead è sprofondato al minimo dal 2015, appena 4,870 MW.
«L’incredibile ascesa del valore del gas alla fine del terzo trimestre ha moltiplicato i rischi associati con posizioni prive di adeguate coperture – spiega Yakov Grabar, senior analyst di Gazprom Export – Così molti operatori hanno abbandonato il mercato».
Farsi da parte è stata per molti l’unica scelta possibile per arginare le enormi pressioni delle banche sul fronte del credito. Lo spettro del fallimento aleggia su migliaia di piccoli trader e rivenditori di energia, i soggetti più fragili su un mercato sempre più frequentato anche da speculatori, oltre che da grandi utilites e altri soggetti commerciali dalle spalle forti.
In Gran Bretagna una decina di società sono già state travolte dagli eccessi del mercato, lasciando da un giorno all’altro senza gas e luce centinaia di migliaia di clienti e lo stesso copione rischia di andare in scena anche nei Paesi dell’Unione europea, se non il mercato non riuscirà a stabilizzarsi.
Sotto pressione sono finiti persino i giganti internazionali del trading di materie prime, come Glencore, Gunvor, Trafigura e Vitol, costretti dai margin call a integrare le garanzie con versamenti miliardari per poter continuare ad operare sui mercati energetici.
Indiscrezioni raccolte dalla Reuters riferiscono di un “big short” da 30 miliardi di dollari sul gas al Ttf: un’enorme esposizione alla vendita assunta da una serie di soggetti che avevano venduto a termine per coprire i rischi di operazioni commerciali (e qui i sospetti cadono sui big del trading e forse anche su qualche grande utility) oppure per speculare sulla differenza dei prezzi del gas tra Stati Uniti ed Europa. Di solito lo spread è piuttosto stabile e se oscilla lo fa per brevi periodi. Ma a partire dalla fine di agosto il gas europeo ha messo il turbo e molte posizioni speculative sono diventate insostenibili.
La fuga dai mercati spot del gas è stata in parte compensata da un boom delle contrattazioni sui mercati a termine regolamentati, dotati di servizi di clearing che quanto meno evitano il rischio di controparte: sulla piattaforma dell’Ice, riferisce Montel, sono stati scambiati 5,5 milioni di future e opzioni sul gas a settembre, un record assoluto, superiore del 37% rispetto al precedente (che risale a gennaio). Anche le posizioni aperte sono salite al massimo storico, raggiungendo 3,4 milioni di contratti il 23 settembre.
Migrare verso le borse dei futures è comunque un lusso riservato a chi ha le spalle forti dal punto di vista finanziario. E sempre più spesso si tratta di banche ed hedge funds, che si muovono accanto a colossi commerciali in molti casi estranei al contesto europeo. Il gas del Ttf si è infatti affermato come un benchmark internazionale, con una forte influenza in particolare sul Gnl in Asia.
Della volatilità e del pericolo di speculazioni sui mercati dell’energia – gas e non solo – si stanno preoccupando in modo crescente anche le istituzioni. La Commissione Ue, presentando mercoledì 13 un primo pacchetto di misure per far fronte alla crisi, ha incaricato l’Esma, l’autorità che vigila sui mercati finanziari, di monitorare «ancora più da vicino» gli scambi dei diritti sulle emissioni di CO2 e di presentare un rapporto entro il 15 novembre.
Bruxelles sostiene di non avere per ora «alcuna evidenza di comportamenti di tipo speculativo», ma la cavalcata dei prezzi – più che raddoppiati da inizio anno, fino a livelli record oltre 60 euro per tonnellata – viene attribuita da molti operatori alla presenza sempre più massiccia di soggetti finanziari, colpevoli di distorcere le dinamiche di un mercato in cui oltre 11mila imprese europee (e in un prossimo futuro molte di più) sono invece obbligate ad acquistare quote.
Anche l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel World Energy Outlook presentato mercoledì 13 ha messo in guardia dalla volatilità: condizioni di «turbolenza» che rischiano di diventare la norma sui mercati dei combustibili e dell’elettricità se il mondo continuerà a «non investire abbastanza per soddisfare il futuro fabbisogno di energia».
E sullo stesso tasto della volatilità – che scombussola anche i piani di investimento dei produttori di combustibili – ha battuto più volte pure la Russia, respingendo l’accusa di essere quanto meno corresponsabile dei vertiginosi rincari del gas. Il presidente Vladimir Putin punta piuttosto il dito contro la «furia speculativa» che travolge gli scambi al Ttf, mercato al quale gran parte dei clienti di Gazprom si sarebbe incautamente affidata indicizzandovi i prezzi contrattuali e scegliendo di rifornirsi più che in passato sul mercato spot.
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