Gas, prezzi moltiplicati per otto dai minimi Covid. È il canto del Cigno?
Sui principali hub europei superati 17 euro/MWh, le esportazioni di Gnl dagli Usa a novembre si spingono al record storico. Ma vanno soprattutto in Asia, dove il prezzo è ancora più alto. L’espansione dell’offerta e la transizione energetica rischiano però di frenare di nuovo il mercato
di Sissi Bellomo
3' di lettura
Il gas si sta prendendo la rivincita dopo i mesi più bui della pandemia, con prezzi record e una vigorosa ripresa della domanda in molte aree del mondo. A trainare è il Gnl che in Asia oggi scambia a un valore quasi sette volte superiore ai minimi di maggio: oltre 12 dollari per milione di Btu, un record da sei anni. La ripresa sui mercati europei è comunque stata altrettanto spettacolare, con punte superiori a 17 euro per Megawattora al Ttf, il principale hub, più di otto volte i livelli toccati durante i lockdown primaverili.
È tutto il comparto dell’energia ad essersi surriscaldato, in particolare da quando sui mercati impazza l’euforia da vaccino. Il petrolio Brent ieri ha di nuovo aggiornato il massimo da 9 mesi, toccando quota 51,90 dollari al barile, mentre i diritti europei per l’emissione di CO2 sono addirittura al record storico: il contratto per dicembre 2021 ha raggiunto 32,50 euro per tonnellata mercoledì. Rincari che favoriscono il gas.
Ma il risveglio dei consumi colpisce in modo particolare, perché avviene proprio mentre l’Europa sceglie di lasciare ai margini dello scenario energetico futuro anche il più pulito tra i combustibili fossili. La Commissione Ue pochi giorni fa ha indicato che non intende più sostenere la costruzione di gasdotti, né di altre infrastrutture legate al gas.
La transizione energetica getta un’ombra sul futuro del gas. Contenere la temperatura globale entro 2° C mette a rischio tre quarti della produzione extra di Gnl che si ipotizza di sviluppare nei prossimi vent’anni, secondo un recente studio di Wood Mackenzie: nel 2040 potrebbe bastare un’offerta addizionale di 145 miliardi di metri cubi l’anno, invece di 450 miliardi, e poiché è improbabile che il Qatar rinunci all’espansione del North Field, per tutti gli altri resterebbero a disposizione progetti per appena 105 miliardi di mc, in caso di successo nella lotta al climate change.
Per ora la domanda di gas è forte e le importazioni sono in ripresa anche in Europa, dove la tensione sui prezzi riflette la scarsa disponibilità di Gnl: i carichi oggi prendono più spesso la rotta dell’Asia, dove vengono pagati meglio, anche se i prezzi spot sono saliti così tanto e così in fretta (oltre il 30% in una settimana) che qualche grande acquirente inizia a tirarsi indietro. Tra questi il Governo del Pakistan, che ha rinunciato ad alcuni carichi benché il Paese sia così a corto di gas da essere costretto al razionamento, con erogazioni ridotte persino alle famiglie. Anche diverse società cinesi e indiane secondo Reuters si sarebbero fatte più caute.
Ad aiutare i consumi c’è comunque l’arrivo dell’inverno nell’emisfero nord. E l’offerta di Gnl fatica a tenere il passo: negli ultimi mesi ci sono state difficoltà produttive (in parte ancora irrisolte) in molti Paesi, compresi alcuni big come Australia e Qatar.
Gli Stati Uniti in compenso sono tornati in pista, dopo i danni da uragani e la stretta alla produzione imposta l’estate scorsa dal rifiuto di decine di carichi da parte dei clienti. A novembre l’export di Gnl «made in Usa» ha addirittura battuto ogni record: 9,4 miliardi di piedi cubi, oltre un miliardo in più rispetto al precedente record (che risaliva a gennaio) e più del doppio rispetto a luglio. Gli impianti di liquefazione il mese scorso hanno funzionato al 93% della capacità, sottolinea l’Energy Information Administration (Eia).
Resta da vedere se in futuro questo periodo non sarà ricordato come il canto del cigno. In Nord America sono in costruzione altri 17 treni di liquefazione del gas, calcola S&P Global Platts, che nel giro di circa 5 anni aumenteranno dell’80% la capacità di esportazione della regione (ossia di 16,5 miliardi di piedi cubi al giorno). Offerta extra che rischia di pesare sui prezzi se la domanda non crescerà abbastanza.
Negli Usa c’è anche una lunga serie di progetti ancora sulla carta. Ma è difficile prevedere se riusciranno a vedere la luce: trovare finanziatori è diventato difficile, in parte proprio per la crescente ostilità verso i combustibili fossili.
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