Gas dal Qatar fino al 2053, ma dovrà essere decarbonizzato o poter lasciare l’Europa
I contratti siglati da Eni – e prima ancora da TotalEnergies e Shell – prevedono probabilmente clausole specifiche, per non entrare in contrasto con gli obiettivi Ue
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Contratti troppo lunghi rispetto alla tabella di marcia per la decarbonizzazione stabilita dalla Ue. Gli accordi col Qatar annunciati a ruota prima da TotalEnergies, poi da Shell e infine da Eni, prevedono tutti consegne di gas liquefatto per 27 anni a partire dal 2026: un periodo che si estende fino al 2053, ossia tre anni dopo la scadenza entro cui dovremmo tagliare il traguardo del “net zero”, l’azzeramento delle emissioni nette di anidride carbonica.
Ma il contenuto dei contratti è in gran parte riservato, com’è giusto che sia, soprattutto in un settore sensibile come quello dell’Oil & Gas. Ed è probabile che, al di là delle apparenze, sia stata negoziata una via di uscita dalla potenziale impasse.
Le forniture qatarine col tempo dovranno diventare “decarbonizzate” (ad esempio abbinando tecnologie per la cattura e il sequestro della CO2), oppure agli acquirenti Ue dovrà essere permesso di dirottarle su altri mercati: possibilità che forse è stata già concessa con qualche clausola, sbloccando così le trattative.
Il che potrebbe spiegare l’improvvisa accelerazione nella chiusura dei contratti, che qualche osservatore ha ipotizzato legata alle tensioni nel Mediterraneo Orientale o alla prospettiva di norme più rigide nell’Unione europea. Alla conferenza sul clima Cop28 – che inizierà il 30 novembre a Dubai – il blocco premerà per un “phase-out” dei combustibili fossili non decarbonizzati. Al’Europarlamento intanto è in discussione l’ipotesi di vietare contratti di fornitura di idrocarburi che scadano oltre il 2049.
Nel 2022, in piena emergenza per lo stop al gas russo, erano stati i cinesi di Sinopec e Cnpc a siglare maxi accordi per il Gnl del Qatar. La Germania aveva rotto il ghiacchio a novembre, ma con un contratto di soli 15 anni intermediato da ConocoPhillips.
Ora Doha ha concluso tre contratti di fila in Europa, con volumi tutt’altro che trascurabili. TotalEnergies e a Shell riceveranno forniture di Gnl che sono oltre il triplo di quelle riservate a Eni: «fino a 3,5 milioni di tonnellate l’anno» (Mtpa) ciascuna, equivalenti a quasi 5 miliardi di metri cubi, contro un milione di tonnellate per il Cane a sei zampe.
Sono quantità, come fa notare Icis, che non sembrano assegnate in modo arbitrario, perché commisurate alle quote di partecipazione nei progetti con cui Doha sta sviluppando la produzione. Eni è socia con il 3,125% di North Field East, che avrà una capacità di 32 Mtpa. I francesi e gli anglo-olandesi hanno quote superiori, tra loro identiche, nel North Field East (6,25 % ciascuna) e on più sono soci di North Field South (9,375%), da 16 Mtpa di capacità. È probabile che ci fossero scarse possibilità di accordarsi su volumi diversi, più alti – o magari più bassi – di quelli spettanti pro quota.
A prima vista sembra che non ci siano stati cedimenti nemmeno sul fronte delle clausole di destinazione, su cui da sempre i qatarini sono piuttosto rigidi. Il comunicato stampa sul contratto con Total specifica che il Gnl sarà «delivered ex ship» (DES, ovvero consegnato franco nave) al rigassificatore di Fos Cavaou, a una cinquantina di chilometri da Marsiglia.
In relazione a Shell ed Eni il termine tecnico non compare, anche se la massima libertà concessa dai fornitori Usa – che consegnano FOB (Free-on-board), dando la possibilità di reindirizzare il gas ovunque nel mondo – dovrebbe essere esclusa: Doha precisa infatti che il gas di Shell sarà recapitato al terminal Gate LNG, nel porto di Rotterdam, quello di Eni al rigassificatore galleggiante di Piombino.
Se il gas non servirà – o non sarà abbastanza green – è comunque probabile che si potrà riesportarlo, dopo il trasbordo su un’altra nave metaniera. Inoltre, come osserva Argus, non è chiaro se i contratti appena siglati prevedano un obbligo di ritirare quantità minime di Gnl.
Il Qatar peraltro ha già stretto accordi privi di questa clausola, per consegnare all’hub di Zeebrugge in Belgio (dove Doha ha prenotato tutta la capacità fino al 2044) e nei terminal britannici di Isle of Grain e di South Hook (di quest’ultimo QatarEnergy possiede il 70%, in società con Exxon).
Contratti FOB, per quanto rari da parte di Doha, erano stati concessi in passato da Qatargas: ad esempio nel 2011 alla spagnola Gas Natural (poi diventata Gas Natural Fenosa e dal 2018 Naturgy Energy Group).
Altre forme di flessibilità – che erano presenti anche nei contratti con Gazprom – possono essere offerte con la previsione di “finestre temporali” in cui rinegoziare le condizioni di fornitura, a determinate scadenze oppure nel caso in cui si verifichi un cambiamento rilevante nelle normative: ad esempio se la Ue dovesse mettere al bando le importazioni di gas non decarbonizzato.
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