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Gdo: è allarme furti. A quanto ammontano i danni e chi li paga

Secondo il report «La sicurezza nel retail in Italia 2023» il costo complessivo è di 6,7 miliardi di euro tra il costo degli ammanchi e le spese per proteggere gli asset aziendali

di Enrico Netti

(highwaystarz - stock.adobe.com)

3' di lettura

Carne, alcolici e altri generi alimentari ma anche attrezzi da lavoro, interrutori e colle, prodotti di elettronica di consumo, occhiali, calzature e i capi d’abbigliamento tutto sommato economici come quelli fast fashion per finire con gli accessori per la smart home come le lampadine smart. Sono questi alcuni dei prodotti nella parte alta della classifica dei prodotti più rubati nei negozi del commercio moderno e della Gdo. Tra furti, ammanchi, scarti perché i prodotti sono danneggiati oltre agli investimenti fatti per proteggere la merce si arriva alla cifra stratosferica di 6,7 miliardi, pari a circa il 2% dei ricavi, che finiscono con il pesare sullo scontrino dei consumatori per 114 euro l’anno. È quanto rivela il report «La sicurezza nel retail in Italia 2023» realizzato da da Crime&tech, spin-off di Università Cattolica del Sacro Cuore-Transcrime, con il supporto di Checkpoint Systems e in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza.

La situazione della Gdo e il retail

Per l’intero 2022 furti e ammanchi hanno pesato per 4,6 miliardi di euro pari a quasi 1,4% del fatturato annuo. Una perdita causata da furti e frodi, ma anche da errori amministrativi, scarti, rotture e altre inefficienze operative mentre da parte loro le aziende hanno investito altri 2,1 miliardi tra sistemi antitaccheggio, sistemi di sorveglianza e guardie giurate. Le catene più colpite dalle differenze inventariali sono quelle del Fai da te insieme a supermercati, ipermercati e discount e in un caso su due non è possibile individuare le cause delle perdite. Quando le differenze hanno una origine conosciuta, la causa più frequente è rappresentata dai furti esterni,seguiti da furti interni, scarti e rotture, errori amministrativi e contabili e frodi commesse da fornitori.In altre parole si tratta di casi di taccheggio seguito dal furto con scasso e dal furto per necessità mentre rapine e frodi sono meno frequenti. Resta il fatto che lo scorso anno la situazione è peggiorata con l’aumento dei casi di taccheggio nei punti vendita. Secondo le aziende sono in crescita proprio i furti per necessità il cui trend è in ascesa dal 2019. Il valore medio della merce rubata o recuperata per singolo episodio di taccheggio è di circa 40 euro ma oscilla significamente in base ai settori merceologici. Ma come agiscono i taccheggiatori? Sono due i casi più frequenti: la tecnica del grad and run ovvero prendi, arraffa la merce e fuggi oltre alla rimozione delle etichette antitaccheggio. Per quanto riguarda le frodi esterne i casi più comuni sono quello dello scambio di etichette dei prodotti ei mancati pagamenti al self-checkout o self-scan.

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Le altre concause

Secondo il report ci sono poi i furti e le frodi interne e quelle da parte dei fornitori che rappresentano la seconda causa di natura criminale delle differenze inventariali. Le modalità maggiormente rilevate sono il furto della merce a opera di dipendenti, seguita dall’annullamento totale o parziale degli scontrini, il furto di denaro dalla cassa e il reso di merce fraudolento. Così i cassieri risultano essere i dipendenti più frequentemente coinvolti mentre per quanto riguarda i furti e le frodi da fornitori, la maggior parte aziende segnala di aver subito furti o frodi da parte di fornitori di servizi logistici (83%), come corrieri e trasportatori, e due terzi ha registrato furti o frodi da parte di fornitori di altri servizi (66%), quali ad esempio società di sicurezza, pulizia e vigilanza.

Le mosse in difesa dei negozianti

A difesa degli beni le insegne spendono lo 0,64% del fatturato per la sicurezza adottando diverse strategie anche in funzione delle caratteristiche del punto vendita. Le misure di sicurezza a protezione del punto vendita più adottate dalle aziende sono la videosorveglianza (94%) e le barriere antitaccheggio (86%), così come la formazione del personale (94%). Per la protezione dei singoli prodotti le aziende utilizzano maggiormente placche/etichette antitaccheggio (83%) e scaffali chiusi o vetrine (63%). Un terzo delle aziende utilizza dei software per l’analisi avanzata delle transazioni di cassa, mentre un’altra metà utilizza degli applicativi per avere una reportistica sistematica su questi stessi dati. La propensione a denunciare alle forze dell’ordine un reato identificato da parte delle aziende può variare in maniera rilevante a seconda del tipo di evento. Le rapine e i furti con scasso sono i reati più denunciati,mentre il taccheggio e le frodi sono i meno denunciati. La scelta di non denunciare episodi di taccheggio è in larga parte dovuta allo scarso valore del furto e, in subordine, al recupero della merce o del denaro. Per frodi esterne o frodi da parte di fornitori a pesare in maniera significativa è la scarsità di prove.

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