Geertman (Ifis): «L’ondata di Npl non c’è stata e non ci sarà: aziende oggi più liquide»
di Luca Davi
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«È vero, rispetto alle previsioni che noi stessi abbiamo fatto l’anno scorso le cose sono andate meglio per l’Italia, sia in termini di crescita economica, sia in termini di tasso di ingresso dei crediti a default. In prospettiva? Un aumento del tasso di default ci sarà ma nulla di drammatico».
Frederik Geertman, ceo di Banca Ifis, non si nasconde dietro un dito. E ammette come lo scenario per il nostro Paese, a dispetto di pandemia, guerra in Ucraina, shock energetico e l’impennata dei tassi, si sia rivelato più roseo delle attese.
E così, mentre tutti, Bce in primis, si attendevano un’ondata di Npl - che non c’è stata, almeno ad oggi - resta la domanda: previsioni azzardate oppure è solo una questione di tempo? «Serve analizzare con attenzione le cose - spiega il manager al Sole 24 Ore, a margine dell’Npl meeting di Cernobbio - E utilizzare due livelli di lettura. Da una parte le politiche monetarie e fiscali espansive e la liquidità fornita al sistema hanno contribuito alla resilienza delle imprese. Dall’altra parte, hanno aiutato il generale miglioramento della qualità stessa delle aziende e la positiva dinamica dei consumi privati. Bastino due dati: se la percentuale di credito rivolta ad aziende fragili è stata storicamente oltre il 40%, oggi questo dato è al 25%. Non solo: dal 2019 al 2022, la liquidità delle imprese è cresciuta del 45%. Quindi, seppur negli ultimi mesi questa liquidità stia calando, i rischi di credito appaiono ancora attenuati».
Non manca però chi ricorda come i tassi elevati stiano provocando ritardi nei pagamenti.
Dal nostro punto di osservazione non registriamo questo fenomeno. Non abbiamo neppure segnali di deterioramento nel factoring delle Pmi. Certo, non neghiamo che ci sia un rallentamento dell’economia, ma rimaniamo convinti che con una bassa crescita positiva nel 2023 e nel 2024, l’impatto sul nuovo credito problematico sarà apprezzabile ma non particolarmente gravoso.
Quali sono le vostre attese?
Prevediamo un incremento dallo 0,8% all’1,4% nel 2024 del nuovo flusso di crediti a default: nulla a che fare con i picchi del passato.
L’altra faccia della medaglia, che interessa il settore del credit servicing, è che ci sarà meno deteriorato sul mercato.
Nelle nostre previsioni il mercato rimarrà vivace nel prossimo triennio, generando deal per 84 miliardi. Ciò che cambia è il peso del secondario sul totale, che raggiungerà il 50% circa rispetto al 20-25% degli anni passati. Stiamo vedendo un riassetto all’interno dello stock di deteriorato trasferito in questi anni dalle banche agli operatori specializzati, che è pari a oltre 250 miliardi, un riassetto causato da una parte dall’andamento delle Gacs e dall’altra da una maggiore specializzazione richiesta.
Ci sarà da mettere in conto una riduzione dei margini?
Tutt’altro. La competizione che c’è sulle aste sul primario può portare a rendimenti inferiori rispetto al secondario.
Sul mercato, intanto, si parla sempre di consolidamento, sia lato banche, sia lato servicer.
Sul fronte bancario servono aggregazioni a vantaggio dell’economia, perché avere banche robuste e internazionali è indispensabile per supportare una grande economia come quella italiana. Servirebbe un terzo o quarto polo bancario in Italia, così come servirebbero colossi a livello europeo così da poter giocare agli stessi livelli di Usa ed Asia. Nel contempo servirà un consolidamento tra i servicer: è un mercato che sta maturando e nel quale servono competenze e tecnologia. Gli obiettivi sono più raggiungibili solo se si fa scala o si è specializzati.
Voi che cosa intendete fare?
Banca Ifis ha circa 30 miliardi di euro di crediti lordi in portafoglio e vuole continuare a fare ciò che sa fare, ovvero comprare e gestire small ticket unsecured. Siamo una challenger bank specializzata in alcune nicchie. Oggi non abbiamo dossier aperti, ma siamo attenti a possibili operazioni di consolidamento nei nostri core business, in Italia o anche altri paesi europei.
Il mercato dei servicer intanto è scosso dal possibile provvedimento del Governo sugli Npl. È preoccupato?
Abbiamo ascoltato e accolto con soddisfazione le parole di esponenti del Governo che hanno parlato di volontà di ascolto, dialogo e costruzione di soluzioni. Rispondiamo a questa apertura rendendoci a nostra volta aperti al dialogo.
Come banca dovete però fare i conti anche con la tassa sugli extraprofitti.
Anche in questo caso il testo è ancora incerto, quindi meglio non commentare le cose in corso d’opera. L’Abi ha fatto le sue valutazioni. Attendiamo gli esiti del confronto.
A che punto è l’iter per l’accordo con Mediobanca sui deteriorati? E possono essere ulteriori sviluppi?
Prevediamo il closing entro l’anno, con l’integrazione nel 2024. L’intesa è molto positiva su diversi piani, perché raggiungiamo con un anno e mezzo d’anticipo gli obiettivi a piano e ci avviciniamo a eventuali nuovi acquisti con serenità. Inoltre, la partnership apre anche ad altre possibili collaborazioni che testimoniano la nostra capacità di essere controparte credibile per le istituzioni del nostro paese.
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