Gemelli diversi: ecco perché ora i mercati separano i destini di Europa e Usa
Dopo i dati sull’inflazione Usa e i verbali della Bce, i mercati scommettono su una divaricazione: ecco perché l’euro è tornato a salire a quota 1,12
di Morya Longo
I punti chiave
3' di lettura
Se dovessimo disegnare su un foglio il pensiero che è maturato sui mercati finanziari negli ultimi due giorni, dovremmo allargare l’Oceano Atlantico e allontanare gli Stati Uniti dall’Europa. Perché dopo il calo oltre le attese dell’inflazione Usa (mercoledì) e il ribasso (giovedì) oltre le previsioni anche dei prezzi alla produzione, il mercato è convinto che la Federal Reserve smetterà di rialzare i tassi d’interesse dopo un ultimo ritocco a fine luglio. Quindi il mercato inizia a sperare che l’economia Usa possa uscire da questa crisi senza rallentare troppo, perché la corsa dei tassi è al capolinea. Diversa invece la percezione sull’Europa: la Bce - pensa il mercato anche dopo i verbali dell’ultima riunione pubblicati ieri - alzerà i tassi ancora due volte. Dunque l’economia, da questa parte dell’Atlantico, potrebbe soffrire maggiormente.
Così i destini di Europa e Stati Uniti potrebbero, almeno per un po’, separarsi: Fed al capolinea ed economia più resiliente negli Usa, Bce più aggressiva ed economia più incerta in Europa. Questo scenario si vede chiaramente sui mercati: per questo l’euro è tornato a correre sul dollaro, arrivando a superare quota 1,12 quando si trovava a 1,08-1,09 solo pochi giorni fa. Per questo i rendimenti dei titoli di Stato statunitensi sono scesi velocemente negli ultimi giorni, mentre quelli europei sono calati un po’ meno. Il tutto mentre le Borse sono rimaste toniche ovunque.
Borse sui massimi
Partiamo proprio dai listini azionari. Il solo fatto che la Fed potrebbe essere alla fine del lungo rialzo dei tassi è stato anche giovedì motivo di gioia ovunque sulle Borse. Anche in Europa. Non è un caso che vari listini abbiano raggiunto proprio giovedì, durante la seduta, i massimi dell’anno: è il caso di Milano (salita alla fine dello 0,78% al top da agosto 2008), di Atene (sebbene alla fine abbia terminato in lieve calo), ma anche di Nasdaq e Wall Street (entrambi in rialzo in serata). Ma tutte le Borse hanno festeggiato anche ieri, pur chiudendo sotto i massimi: Parigi +0,59%, Francoforte +0,78%, Londra +0,32%. Il solo fatto che l’inflazione cala oltre le attese negli Stati Uniti e che la Fed potrebbe non alzare i tassi due volte come atteso fino a poco tempo fa, è un toccasana sui mercati.
Non solo su quelli azionari: come visto i rendimenti sono scesi ovunque sui mercati dei titoli di Stato. Quelli statunitensi sono caduti vertiginosamente: il Treasury biennale rendeva più del 5% settimana scorsa, mentre ora è al 4,65%, mentre il decennale è sceso da oltre il 4% al 3,79%. Movimento forte per un mercato tradizionalmente più calmo come quello dei titoli di Stato: segno di un drastico e repentino cambiamento delle attese sulle mosse della Fed. Il calo dei rendimenti statunitensi ha portato giù anche quelli europei, sebbene da noi le attese sulla Bce siano rimaste invariate a due rialzi dei tassi (come confermato dai verbali dell’ultima riunione): i BTp decennali sono così scesi al 4,16%, dal 4,27% di mercoledì e dal 4,39% di una settimana fa. Anche i Bund tedeschi sono calati, ma meno: lo spread tra Italia e Germania è così sceso da 172 a 170 punti base. Una settimana fa stava a 176.
Le ragioni dei mercati
Tutto, come detto, è partito dai dati sull’inflazione Usa di mercoledì, che hanno registrato un calo superiore alle attese al 3%. Ieri i prezzi alla produzione Usa sono scesi anch’essi oltre le attese. «Questi dati hanno riacceso le speranze di uno scenario dai “riccioli d’oro” - osserva Giuseppe Sersale di Anthilia, riesumando un’espressione che andava di moda qualche anno fa -. Il mercato spera che l’inflazione Usa possa scendere senza che l’economia venga colpita eccessivamente dal rialzo dei tassi». Insomma: il mercato è tornato a sperare, oltreoceano, di poter avere sia la botte piena (inflazione in calo) sia la moglie ubriaca (recessione evitata).
In Europa la situazione però è diversa, sebbene i mercati si siano lasciati trascinare nell’entusiasmo anche da noi. I verbali dell’ultima riunione della Bce hanno evidenziato che a giugno era addirittura emersa l’ipotesi, poi accantonata, di alzare i tassi di 50 punti base e non di 25. «Inoltre - osserva Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte - la Bce evidenzia il rischio che la debolezza della manifattura possa contagiare il settore dei servizi. Il rischio che l’economia peggiori, dopo la stagione turistica estiva, si fa insomma più concreto». Così l’Oceano Atlantico si allarga.
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