Gentiloni: l’Italia ratifichi il Mes il prima possibile. Fitch lascia invariato il rating
Per il commissario Ue la revisione chiesta da Roma «non va legata alla ratifica». Dopo S&P e Dbrs anche Fitch conferma rating e outlook. La prossima settimana Moody’s
di Gianni Trovati
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Il via libera italiano alla riforma del Mes dovrebbe avvenire «il prima possibile», e le richieste di Roma su un cambio di indirizzo del Fondo Stava-Stati sono «legittime» ma non sono «legate alla ratifica».
In un’intervista alla Tv di Bloomberg il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni assesta due colpi piuttosto diretti alla posizione attendista assunta dal governo Meloni sull’eterna questione del nuovo Mes. Il primo, ovvio, riguarda l’isolamento dell’Italia, che dopo il completamento delle procedure in Germania e anche in Croazia (dove l’ok alla riforma è arrivato il 9 marzo quindi solo due mesi dopo l’ingresso di Zagabria nell’Eurozona il 1° gennaio) non ha più appigli legati all’attesa della pronuncia in altri Paesi.
Gentiloni però, pur con l’atteggiamento sorvegliato che gli è abituale, non rinuncia a contestare anche l’altra leva utilizzata fin qui dal governo per ritardare il passaggio parlamentare. Il Mes, ha sostenuto in più occasioni la premier Meloni, è in pratica uno strumento superato, e anche la riforma è nata in un contesto precedente a pandemia e guerra in Ucraina e quindi non è più attuale, per cui occorrerebbe pensare a una revisione radicale del Fondo per trasformarlo in un meccanismo di supporto agli investimenti. L’idea, peraltro ancora da dettagliare e fin qui priva di adesioni esplicite al di là delle Alpi, è «legittima», riconosce Gentiloni, ma «non credo che questo debba essere legato alla ratifica». Il dibattito, a patto di farlo decollare davvero, non può essere insomma usato per rinviare ancora una volta l’appuntamento parlamentare.
Il pressing insomma continua a crescere mentre venerdì sera l’Italia ha incassato la conferma della tripla B con outlook stabile da Fitch, dopo le decisioni analoghe arrivate nelle scorse settimane da S&P Global Ratings e Dbrs. «La fiducia» dei mercati, dopo la conferma del rating da parte di Fitch, «significa che il governo può continuare la politica che ha fatto fino ad oggi creando spazi fiscali per aiutare le famiglie come abbiamo fatto col decreto del 1 maggio», ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sabato mattina, parlando ai microfoni del Tg1 a margine del G7 di Nigata, in Giappone.
Una crescita che continua a rivelarsi migliore delle attese, insieme a un programma di finanza pubblica che pur nella sua prudenza sulle prospettive del Pil prospetta una discesa ulteriore e continua del peso del debito hanno quindi dato una grossa mano anche nella nuova stagione dei rating. Per chiuderla manca ora solo Moody's, attesa venerdì prossimo: è quello l'appuntamento più atteso, perché lì il Baa3 con outlook negativo colloca i BTp all'ultimo scalino prima dei bond considerati rischiosi, e basta quindi una singola mossa in discesa per rendere più complicata la vita del debito italiano sui mercati e per chiudere i portafogli di una serie di investitori internazionali mentre il Tesoro deve collocare circa 350 miliardi di euro a medio e lungo termine.
In un contesto del genere, avevano fatto discutere gli allarmi lanciati in più di un'occasione nei mesi scorsi dall'agenzia, che aveva evocato l'ipotesi di downgrade nel caso di inciampi evidenti nell’attuazione del Pnrr. È vero che il Piano oggi vive una fase delicata su più versanti, dai ritardi al confronto da avviare con la Ue sulla revisione, ma non sembra ancora tempo per un giudizio definitivo.
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