Geografia delle Corti destinata a cambiare
L’articolazione andrà rivista in base ai carichi di lavoro.Spazio alla digitalizzazione
di Ivan Cimmarusti
2' di lettura
Il trend storico di calo della litigiosità tra contribuenti e amministrazione – scesa di oltre il 43% nell’ultimo decennio – ha reso obsoleta e troppo costosa per lo Stato l’attuale organizzazione delle Corti di giustizia tributarie, ancorata a flussi di cause in entrata risalenti al biennio 2006-07, quando si registrava un’emergenza legata all’aumento del contenzioso. Un tema da tempo sotto analisi del ministero dell’Economia (e anticipato dal Sole 24 Ore il 9 gennaio scorso), che con l’istituzione del dipartimento della Giustizia tributaria – prima inserito nel più ampio dipartimento delle Finanze – intende accelerare la programmazione del taglio delle Corti di primo grado e delle sezioni distaccate di secondo grado, potenziando la digitalizzazione del processo anche per mitigare l’impatto che potrebbe avere la nuova geografia giudiziaria.
I dati sui costi di mantenimento di tutte le sedi giudiziarie del fisco hanno messo in allarme il governo di Giorgia Meloni. Il problema è che l’attuale assetto organizzativo – disciplinato dal Dm 11 aprile 2008 – è il prodotto di una realtà che non esiste più. L’istituzione di 103 commissioni provinciali con 559 sezioni e di 21 commissioni regionali cui vanno aggiunte le ulteriori 15 sedi distaccate con complessive 209 sezioni, era una necessità 16 anni fa, mentre oggi non è più sostenibile. Basti considerare che dal 2011 si assiste a un decremento costante di nuove cause, passate da 330mila a 187mila nel 2022, contando anche il balzo post-Covid (nel 2021 si era scesi a 120mila). Con le nuove misure deflattive, come la definizione agevolata delle liti, il taglio potrebbe addirittura portare alcune Cgt – quelle che già oggi hanno un flusso di ricorsi modesto – ad essere praticamente senza nuove cause da definire.
Un altro aspetto che dovrà essere valutato riguarda la pianta organica dei giudici. Il tema è stato dibattuto dal Cpgt – il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l’organo di autogoverno che va verso il rinnovo a fine settembre – proprio per indurre il Mef a rivedere il numero di giudici da impiegare, ormai eccessivi.
In questo scenario di riassetto complessivo, si attende il bando per il primo maxi-concorso per giudice professionale tributario. Con il Dl 75/2023 sono stati ridefiniti i posti da mettere a concorso. Si parte dal 2024, con 68 unità, integrate con altre 70. L’ulteriore aumento è stato deciso per far fronte all’esito deludente del bando dello scorso novembre, quando all’appello per far passare alla nuova giurisdizione 100 giudici togati risposero solo una trentina di magistrati. Nel 2026 e nel 2029 si prevedono due ulteriori concorsi per 204 unità ciascuno.
In questo modo si conta di creare la spina dorsale della nuova magistratura professionale del fisco, che sarà affiancata dai giudici “onorari” che resteranno in servizio sempre in funzione “part time”. Il bando dovrebbe essere pronto entro la fine dell’estate, ma è chiaro che si dovrà attendere la formazione del nuovo Cpgt, considerato che sarà l’organismo a dover indire il concorso e nominare la commissione esaminatrice. Per questo, allo stato, c’è incertezza sui tempi.
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