Germania: 50 milioni di multa ai social che non rimuovono insulti
di Marco lo Conte
2' di lettura
I social network che non rimuoveranno velocemente insulti e contenuti improntati all’odio rischiano in Germania una sanzione da 50 milioni di euro. Il Parlamento tedesco ha approvato la misura secondo la quale se 24 ore dopo aver ricevuto una segnalazione, il social non rimuove il post offensivo, rischia una sanzione milionaria; inoltre, il testo prevede che dopo la cancellazione degli insulti nei sette giorni successivi il social deve provvedere a bloccare altri contenuti offensivi. La normativa, annunciata nei mesi scorsi, tocca una delle attività più delicate di social media come Facebook, Twitter, LinkedIn e Instagram, che incoraggiano da una parte la comunicazione e la libertà di espressione - anche e soprattutto per ragioni economiche - e dall’altra sono alle prese con le recenti polemiche sull’utilizzo a vario titolo improprio della comunicazione sui social: dalle fake news utilizzate a fini politici alle frequenti ingiurie che costellano le time line dei profili e delle pagine dei social.
Nell’ordinamento giuridico della Germania, è il caso di ricordarlo, sono presenti misure particolarmente dure nei confronti di diffamazione, incitamento all’odio nei confronti di minoranze o alla delinquenza e alla violenza, comprendenti anche la negazione dell’Olocausto. Tuttavia, come sottolinea l’agenzia di stampa Reuters, sono pochi i casi di soggetti finiti davanti ai tribunali.
Il ministro della Giustizia Heiko Maas ha sottolineato come la legge impedisca a Internet di «essere territorio dominato dalla legge della giungla senza infrangere la libertà di parola».
Il tema ovviamente non riguarda solo la Germania: negli Stati Uniti hanno fatto discutere negli ultimi giorni i criteri di selezione dei commenti rimossi da parte di un social media come Facebook. Il social ideato da Mark Zuckerberg non ha rimosso un post con le frasi del repubblicano della Louisiana Clay Higgins contro i musulmani “radicalizzati”: «Cacciateli, identificateli e uccideteli!» mentre ha cancellato il post del poeta bostoniano e attivista nero Didi Delgado , in cui accusava tutti i bianchi di essere razzisti. Il motivo? Facebook fa sapere che nel primo caso l’accusa era circostanziata a una sottocategoria di fedeli del profeta Maometto, mentre nel secondo caso l’accusa era generalizzata a tutte le persone di una razza o etnia.
Ovviamente sono i casi limite a fare notizia, ma l’accountability dei social in questa materia è fondamentale: sia per la costituzione di un rapporto di fiducia nei confronti dei singoli utenti che nei confronti degli inserzionisti pubblicitari. Facebook, in particolare, ma anche le altre piattaforme stanno conquistando fette di mercato sempre più ampie ai canali e ai media tradizionali.
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