filosofia minima

Giacomo merita il meglio

di Armando Massarenti

2' di lettura

Singolare destino quello di Giacomo Leopardi, che in vita ha dovuto difendersi da chi lo attaccava ingiustamente, come lamentava in una lettera all’amico Louis De Sinner, nel 1832: «È stato soltanto a causa della viltà degli uomini, che hanno bisogno di essere persuasi del valore dell’esistenza, che si è voluto considerare le mie opinioni filosofiche come il risultato delle mie personali sofferenze e ci si ostina ad attribuire alle circostanze materiali della mia vita ciò che si deve soltanto al mio pensiero. Prima di morire voglio protestare contro questa invenzione della debolezza e della volgarità e pregare i miei lettori di applicarsi a distruggere le mie osservazioni e i miei ragionamenti piuttosto che accusare le mie malattie».

Erano bei tempi in confronto agli attuali. Ora Leopardi, che di detrattori ne ha ben pochi, essendo anzi al centro dell’universale riconoscimento della propria grandezza dopo la traduzione in inglese dello Zibaldone, deve piuttosto difendersi da certi suoi ammiratori improvvisati che scrivono libri che, ahinoi, diventano bestseller trasformandolo in un autore sdolcinato e superficiale.

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Non resta che affidarci ai criteri che avrebbe adottato lo stesso Leopardi, cioè distinguere il grano dal loglio, gli studi seri da quelli improvvisati. Concentriamoci sui primi. Per esempio la Guida allo Zibaldone scritta da Franco D’Intino (uno dei curatori dell’edizione inglese) e Luca Maccioni,(Carocci). Oppure la Storia dell’epistolario leopardiano (Con implicazioni filologiche per i futuri editori), di Christian Genetelli, LED, Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto, Milano), o i due volumi di Valerio Camarotto, Leopardi traduttore, La poesia (1815-1817) e La prosa (1816-1817), (Quodlibet). E poi la recente edizione dell’Inno a Nettuno . Odae adespotae 1816-1817 (a cura di Margherita Centenari, Marsilio) e Il metodo di Leopardi di Paola Italia (Carocci). Per i filosofi del diritto è fortemente consigliabile Ius Leopardi , Legge, natura, civiltà (a cura di Laura Melosi, Olschki), mentre il libro di Lucio Felici si dedica assai produttivamente a L’italianità di Leopardi (Maria Pacini Fazzi editore, Lucca). Per un confronto delle prospettive di diversi studiosi si veda Io nel pensier mi fingo. (Seminario leopardiano a quattro voci) con Pier Vincenzo Mengaldo, Rolando Damiani, Luigi Blasucci e Isabella Adinolfi (Il Melangolo).

I libri - scriveva il nostro Giacomo nel Dialogo di Tristano e di un amico - «che ora per lo più si scrivono in minor tempo che ne bisogna a leggerli, vedete bene che, siccome costano quello che vagliono, così durano a proporzione di quel che costano. […] Io ho biblioteche intere di libri che sono costati quali venti, quali trenta anni di fatiche, e quali meno, ma tutti grandissimo lavoro. Leggiamo questi prima, perché la verisimiglianza è che da loro si cavi maggior costrutto; e quando di questa sorta non avrò più che leggere, allora metterò mano ai libri improvvisati».

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