Giappone: i mercati puntano (ancora) sullo stop ai tassi negativi
Il governatore della Banca centrale Ueda: «Un’opzione se potessimo essere certi dell’aumento dei prezzi». Rendimenti ai massimi dal 2013
di Gianluca Di Donfrancesco
3' di lettura
I mercati scommettono sull’inversione di marcia della Banca centrale del Giappone (Boj) e magari sull’uscita del Paese dalla lunga fase di tassi di interesse negativi. Non è la prima volta che gli investitori provano a leggere nelle decisioni della Boj e nelle parole del suo governatore, Kazuo Ueda, segnali di una rottura con il passato. Il Giappone resta l’ultimo Paese al mondo con tassi negativi: l’inflazione, che anche qui è ripartita, non è però salita a livelli comparabili con quelli raggiunti negli Stati Uniti o in Europa.
L’intervista di Ueda
Questa volta, le speculazioni sono state accese da una intervista rilasciata sabato dallo stesso Ueda, nella quale il governatore della Boj ha affermato che ha l’abolizione della politica dei tassi negativi sarebbe «un’opzione se potessimo essere certi dell’aumento dei prezzi». Ueda ha anche accennato alla possibilità che entro la fine dell’anno, la Banca centrale disponga di informazioni e dati sufficienti per valutare se i salari cresceranno, un fattore chiave per decidere sulla politica monetaria.
Gli ultimi dati hanno mostrato che la crescita degli stipendi ha frenato di nuovo, indicando che il mercato del lavoro potrebbe perdere forza. I salari reali sono addirittura in caduta da 16 mesi: a luglio, le buste paga, aggiustate per l’inflazione, hanno perso il 2,5%. L’obiettivo di inflazione stabilmente attorno al target del 2%, a lungo inseguito dalla Banca centrale, potrebbe non essere ancora così facile da raggiungere.
Il riflesso dei mercati
Il riflesso dei mercati all’intervista di Ueda è stato automatico: i rendimenti dei titoli di Stato decennali sono saliti sopra lo 0,7% ieri, toccando un massimo raggiunto l’ultima volta nel 2013. L’indice Topix delle banche è salito del 4,7%, ai massimi dall’agosto 2008. Tassi di interesse più elevati sostengono i profitti delle istituzioni finanziarie. L’indice Nikkei ha invece ritracciato rispetto ai rialzi di inizio seduta, per chiudere in ribasso dello 0,4% circa.
Anche lo yen è salito, raggiungendo il massimo da due mesi rispetto al dollaro, con un guadagno dell’1,3%, a quota 145,91, nel massimo di giornata: il maggior guadagno da metà luglio. Un mini rimbalzo, dopo il crollo di quasi l’11% quest’anno, che ha portato la moneta giapponese vicina ai minimi di oltre tre decenni.
Il fattore mini-yen
Molti analisti hanno interpretato la tempistica dei commenti di Ueda proprio come un tentativo di sostenere la moneta, per scongiurare la necessità di intervenire sui mercati valutari, come accaduto lo scorso anno. È di questo parere, per esempio, Hideo Kumano, economista del Dai-Ichi Life Research Institute ed ex funzionario della Boj. L’ampio spread dei tassi tra Giappone e Stati Uniti, quasi 360 punti base sui titoli decennali, è stato un fattore chiave per la flessione dello yen in questi mesi. Per Naomi Muguruma, di Mitsubishi UFJ Morgan Stanley Securities a Tokyo, «i commenti da falco di Ueda potrebbero avere lo scopo di tenere sotto controllo il deprezzamento dello yen».
«Ci aspettiamo la fine della politica dei tassi di interesse negativi nei primi tre mesi del 2024», ha dichiarato Takeshi Ishida, stratega valutario della Resona Bank. Il destino della politica monetaria ultra-espansiva della Boj è sotto i riflettori da mesi. A luglio, la Banca centrale ha già marginalmente modificato il suo programma di controllo della curva dei rendimenti, permettendo ai tassi sui titoli a dieci anni di salire fino all’1%. Anche quella mossa era stata interpretata dai mercati come una potenziale svolta.
Obiettivo inflazione lontano
Nella recente intervista al quotidiano Yomiuri, Ueda ha però avvisato che la Boj è lontana dal raggiungere il suo obiettivo di stabilità dei prezzi e che continuerà la sua paziente politica di allentamento monetario.
A luglio, i prezzi al consumo sono rimasti sopra l’obiettivo della Banca del Giappone per il 16° mese consecutivo, ma l’inflazione core-core, al netto dei prodotti alimentari freschi, ha frenato al 3,1%, rispetto al 3,3% di giugno. È questa la componente che la Banca del Giappone guarda con più attenzione per orientare la politica monetaria. Se si toglie anche l’energia, l’indicatore sale dal 4,2 di giugno al 4,3% di luglio. L’indice generale dei prezzi è rimasto stabile al 3,3%. La Banca centrale è convinta che l’inflazione in Giappone abbia raggiunto il picco e che continuerà a raffreddarsi.
Secondo una sintesi della riunione di politica monetaria della BoJ di luglio, un membro del comitato ha previsto che l’inflazione scenderà al di sotto dell’obiettivo entro marzo 2024. Nel trimestre aprile-giugno, il Pil della terza economia al mondo è cresciuto del 4,8% su base annualizzata, meno di quanto inizialmente stimato (6%), anche per il calo dei consumi (-0,6%).
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