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Giarrusso come Mourinho, breve storia del «gesto delle manette»

di Francesco Prisco

Giarrusso fa il gesto delle manette davanti ai senatori Pd

3' di lettura

C’è stato un tempo in cui la politica italiana era soprattutto «tintinnar di manette», la lunga stagione di Tangentopoli con gli avvisi di garanzia in prima serata e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che invocava una «normalizzazione». Acqua passata: adesso le manette si mimano, come fa il senatore del Movimento 5 Stelle Mario Michele Giarrusso ai colleghi del Pd che lo contestano fuori dell’Aula della Giunta per le Immunità. Gli rinfacciano il voto pentastellato all’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso Diciotti? Fatevi i coniugi Renzi vostri, sembra sottindendere il gesto.

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Una specie di «Gioca jouer»
Anzi, per dirla con testuali parole del parlamentare catanese: «Io non ho i miei genitori agli arresti domiciliari». Manettaro? «Conosco Giarrusso, è tutt’altro che un manettaro», garantisce per lui il Salvini salvato. Di vero c’è che le manette, dentro e fuori le aule parlamentari, non tintinnano più com’era negli anni Novanta. Al massimo fluttuano simbolicamente nell’aria in un ruspante Gioca jouer, con mani a volte esposte di taglio (ed è il caso di Giarrusso), altre di dorso, altre ancora di palmo ma sempre chiuse. Succede tra i senatori, ma la Camera non è da meno: il giorno di San Valentino un altro parlamentare del Movimento, Giuseppe D’Ambrosio, ha fatto il gesto nei confronti del deputato Pd Gennaro Migliore, nel bel mezzo del dibattito intorno alla proposta di legge costituzionale sul referendum. Nessuno s’indigni: la Camera, nell’età del tintinnar di manette, ha visto pure sventolare il cappio del leghista Luca Leoni Orsenigo, scena che con la serie Tv di Sky 1993 si è guadagnata persino dignità cinematografica.

Mourinho, mima il gesto delle manette durante la partita contro la Sampdoria, il 20 febbraio 2010 (Ansa)

La politica con la sciarpa degli ultrà
Spirito molto diverso rispetto alla «goliardata» che Silvio Berlusconi mette in scena incontrando l’ex magistrato Antonio Ingroia, ai tempi della campagna elettorale 2013: manette sì, ma tra sorrisi reciproci. Quel gesto, spiegò l’allora leader di Rivoluzione Civile, lo «aveva fatto una volta Mourinho, quando era allenatore dell’Inter. Perché sa che sono tifoso dell’Inter. Anche questo ci divide». Stoccata sulla militanza milanista del Cav. che, come tutte le battute, restituisce un pezzo dello spirito del tempo. Che è tempo della politica con al collo la sciarpa degli ultrà.

Cacciatore mima le manette in Chievo-Juventus del gennaio 2018 (Ansa)

Pugni chiusi, come Mou
Le manette mimate sono infatti, prima di tutto, un affare da stadio. Le più celebri, come ricordava Ingroia, le fece Mou in un memorabile Inter-Sampdoria 0-0 del febbraio 2010, il cui primo tempo era terminato con l’espulsione di Samuel e Cordoba. Un gesto costato allo Special One tre giornate di squalifica e 40mila euro di multa. Cosa voleva dire Mourinho? L’interpretazione è affare da ermeneuti: qualcuno dice che il senso era «al gabbio vi dovrebbero mettere tutti», altri «ho le mani legate», in entrambi i casi era da intendertsi come una protesta muta contro l’ordine delle cose da parte di chi, a torto o a ragione, se ne ritiene vittima. Qualcosa di non troppo diverso dalle mani ammanettate dietro le spalle di Cacciatore per Chievo-Juventus del gennaio 2018, partita che finirà 0-2 con i veronesi in nove. «Pugni chiusi, non ho più speranze», canterebbe Demetrio Stratos.

Pogba festeggia con il gesto delle manette un gol segnato per il Manchester United (Reuters)

Le manette «omaggio ai migranti» di Pogba
Pure nello sport, ci sono manette e manette. Un anno prima del gesto di Mourinho, gli ivoriani del Chelsea Kalou e Drogba esultano a mani incrociate per salutare - almeno così pare - la liberazione di Antoine Assale Tiemoko, attivista politico loro connazionale. Manette di «solidarietà» ai migranti che soffrono in Libia quelle che il francese ex Juventus Paul Pogba «espone» nel novembre 2017, in occasione dell’esultanza per un gol segnato in Manchester United-Newcastle. Omaggio di ben altra natura quello indirizzato, sempre nel campionato inglese, dall’australiano Tim Cahill, autore del gol vittoria in un Everton-Portsmouth 2-1 del 2008, al fratello nel frattempo finito in carcere per un pestaggio.

I pugni chiusi di Bob Geldof nel film «The Wall» del 1982

Tra il rap di Dmx e «The Wall» dei Pink Floyd
Quel gesto appartiene anche a musica e cinema. È il marchio di fabbrica del rapper americano Dmx, all’apice della popolarità negli anni Novanta, mentre nel 1982 appare nel film di Alan Parker Pink Floyd The Wall, versione cinematografica dell’omonima opera rock floydiana. I pugni incrociati sono il saluto che il pubblico e la rockstar depressa interpretata da Bob Geldof si scambiano nel mezzo di un concerto che ha tutta l’aria di una parata nazista. «Quello sembra ebreo, - grida il protagonista - e quello è un negro! Chi ha fatto entrare tutta questa gentaglia nella stanza?» Non esattamente un certificato di sana e robusta costituzione democratica.

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