ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl faccia a faccia

Giorgetti incontra Lindner. Dai migranti alle auto, agli aiuti di Stato: i temi sul tavolo

Nel primo semestre del 2022 l’ interscambio della Germania con l’Italia ha raggiunto 85,75 miliardi di euro, con un export di 39,53 miliardi di euro e un import di 46,21 miliardi di euro

di Andrea Carli

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5' di lettura

Due economie strettamente intrecciate, che portano avanti un dialogo in vista delle molteplici sfide che si delineano per l’Unione europea. Dopo il faccia a faccia con ministro dell'economia francese Bruno Le Maire, il responsabile del Mef Giancarlo Giorgetti ha incontrato a Roma il responsabile dell’economia tedesco, Christian Lindner. Dai migranti alle auto, non mancano i dossier al centro dell’incontro. «Situazione economica e scenari di entrambi i paesi, investimenti privati per la crescita e politica comune in ambito europeo alcuni dei temi al centro del colloquio in corso», spiega una nota pubblicata al termine del faccia a faccia.

Sullo sfondo, le relazioni commerciali, solide, tra i due paesi: i dati riguardanti il primo semestre del 2022 mostrano un interscambio con l’Italia di 85,75 miliardi di euro, con un export di 39,53 miliardi di euro e un import di 46,21 miliardi di euro. Il primo semestre del 2022 mostra una crescita del 23,3% rispetto ai valori raggiunti il primo semestre del 2021. Ecco i macro temi che faranno da contesto all’incontro.

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Migranti

Su questo fronte, le priorità di Italia e Germania non sempre collimano. Il governo Meloni punta a ridurre i flussi di migranti irregolari. La soluzione proposta passa per un coinvolgimento strutturale dell’Unione europea in uno sforzo di stabilizzazione dei paesi di partenza e di quelli di transito dei migranti, dall’area del Sahel e dalla Turchia alla Libia e alla Tunisia. Sul piano del diritto d’asilo, Roma chiede che venga rivista la regola del Regolamento di Dublino in base alla quale il paese in cui i migranti sbarcano è anche quello che ne deve esaminare la richiesta di asilo. L’attenzione della Germania è invece concentrata sui movimenti secondari, ovvero gli spostamenti dei richiedenti asilo fra gli Stati membri dell’Unione europea. E la Germania è una delle mete più ambite.

Auto

Lo stop ai motori endotermici dal 2035 è tornato improvvisamente a rischio e porterà l’Ue a un supplemento di mediazione. Il voto sul regolamento, previsto in una prima riunione dei Rappresentanti permanenti aggiunti dei 27 (Coreper I) è stato rinviato a data da destinarsi dopo che l’Italia ha messo per iscritto la sua posizione contraria e la Germania ha avanzato corpose riserve al via libera senza adeguate contropartite sugli e-fuels. Il nodo è innanzitutto economico. E in una dichiarazione inviata nei circuiti europei per motivare il suo no il governo italiano lo ha messo in chiaro: non si può stabilire «l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 100% nel 2035 e non prevedere alcun incentivo per l’uso di carburanti rinnovabili», ha sottolineato Roma. Se l’esecutivo italiano è compatto contro il regolamento europeo, il governo tedesco sui dossier ambientali è spaccato: i liberali (che esprimono il ministro per le Finanze Lindner e quello dei Trasporti Volker Wissing) sono contrari, i Verdi favorevoli mentre Spd si trova stretto tra i due opposti.

Conti pubblici

La strategia dell’Italia si intreccia con quella tedesca anche sul fronte dei conti pubblici. «La Germania deve tornare alla normalità sul piano della politica finanziaria», o alla lunga sarà rovinata, ha messo in evidenza Lindner, parlando alla giornata dell’Associazione delle municipalizzate VKU a Berlino. «La forza economica della Germania è grande - ha incalzato -. Solo l’appetito di politiche e politici nello spendere risorse la supera. Se da una situazione normale si arriva a uno stato finanziario di crisi permanente per il bilancio pubblico, alla fine lo Stato tedesco si rovinerà con le sue mani. Non possiamo permetterlo», ha concluso. Sullo sfondo, la partita che si sta giocando sulla riforma del Patto di Stabilità e crescita europeo. Dopo settimane di messaggi trasversali, una contrapposizione su gran parte delle trattative preliminari, e soprattutto dopo la lunga melina dei tedeschi che stava portando allo stallo, i 27 Stati dell’Ue hanno un’intesa su come far avanzare i lavori per rivedere la governance economica nell’Unione.

Al prossimo consiglio Ecofin di Bruxelles (14 marzo) è attesa una dichiarazione di “convergenza” per grandi linee sulla riforma, che sorvolando sui punti controversi, consentirà di chiedere alla Commissione di proseguire il lavoro per formulare una proposta legislativa in aprile. Si va verso nuove regole che consentiranno aggiustamenti di bilancio più graduali, tenendo in considerazione le singole posizioni nazionali di partenza, con piani individuali a “medio termine”, all’insegna di una nuova “titolarità” dei Governi sui conti pubblici. Restano come un faro i riferimenti ai trattati sui tetti da non sfondare del 3% del rapporto del deficit sul pil e del 60% del debito sul pil, ma gli aggiustamenti concordati dovranno indicare percorsi prestabiliti e concordati con la Commissione per la spesa primaria netta (la spesa considerata senza alcune voci come gli interessi sul debito).

«La proposta della Commissione europea (sulla riforma della governance economica, ndr) è il punto di partenza», e «da una prima valutazione sembrerebbe che il nuovo impianto sia più favorevole rispetto al sentiero di aggiustamento che sarebbe necessario seguire se fossero riattivate le vecchie regole, in particolare quella sul debito», ha ricordato Giorgetti in una recente audizione alla Camera. Da parte sua, Lindner ha delineato la posizione di Berlino. «Siamo aperti a modifiche del Patto di stabilità e crescita - ha detto - ma è indispensabile che preveda percorsi comprensibili, credibili e prevedibili per la riduzione dei livelli di deficit e di debito. Dobbiamo tornare a finanze pubbliche stabili e sostenibili».

Aiuti di Stato

Infine, il tema della riforma degli aiuti di Stato. Sullo sfondo, la trattativa per definire una risposta comune europea all'Ira (il piano per combattere l'inflazione approvato dagli Stati Uniti). «Il governo - ha spiegato Giorgetti - è a favore di una semplificazione della normativa europea in materia di aiuti di Stato, ma ritengo che questa vada realizzata in modo cauto e ragionato, con lo scopo di evitare svantaggi competitivi per l’industria dei Paesi membri con minore spazio fiscale». L’Italia ha il debito pubblico più elevato della zona euro, seconda solo alla Grecia. Diversa invece la situazione di Berlino che ha margini di manovra più ampi. L’ampio spazio fiscale disponibile rende la Germania la regina degli aiuti di Stato. Dal marzo scorso, in deroga alle consuete norme comunitarie, Bruxelles ha preso 210 decisioni autorizzando 190 misure nazionali per 673 miliardi di euro di sussidi pubblici. Di questi, il 53% (356 miliardi) sono andati alla Germania, 162 alla Francia. All’Italia, terza, sono andati 51 miliardi (il 7,6 per cento). Giorgetti ha espresso l’auspicio che l'Europa «non si limiti a una revisione delle regole degli aiuti di Stato» ma sia in grado «di creare una serie di strumenti comuni che finanzino progetti strategici e supportino la competitività delle industrie europee». Per Roma, dunque, è necessario evitare una frammentazione del mercato, in quanto quest’ultima crea divergenze tra gli Stati e indebolisce l’Unione europea sul terreno della competizione globale.

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