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Giorgio Strehler, la notte chiara dell’arlecchino galileiano

Si chiudono le celebrazioni per il centenario dalla nascita del grande regista teatrale

di Alessandro Turci

(Frassineti / AGF)

3' di lettura

Via Rovello, una camera ardente nell'assolato gelo dicembrino del 1997. Valentina Cortese è attonita “si è spenta la grande luce”, sussurra col timbro della sua indimenticabile Ljuba checoviana: Giorgio Strehler è morto.
Da Trieste - anzi Barcola, quartiere lungomare di ville e mareggiate invernali - era venuto bambino a Milano. Il viso dalmata, il nome austriaco, la madre slava, violinista ragguardevole. Lei vedova, lui orfano. Cresciuto quindi nella città degli anni Trenta e Quaranta, collegio e poi i Filodrammatici per darsi quell'educazione teatrale che trasferirà al pubblico italiano ed europeo nel mezzo secolo successivo.

Milano

Milano era la piazza perfetta per un tipo audace e mitteleuropeo come Strehler, o forse la sola possibile. Irriducibili i nuclei di resistenza cittadina durante il fascismo; metabolizzata la lezione di Turati per un socialismo riformista aperto alla cultura di governo. Nel primo dopoguerra l'intuizione dell'amico e partner in crime Paolo Grassi aveva convinto la giunta comunale della Ricostruzione: il teatro – per il popolo – doveva contare quanto i tram e quanto la centrale del latte. Ecco allora la concessione del palcoscenico in miniatura di Via Rovello, l'epifania del mito: dal popolo al teatro colto, per tutti, o per pochi? Basta non domandare a Fedez.Forse pochi prima del triumvirato Strehler-Grassi-Brecht (che nasce dopo i primi dieci anni di ricognizione artistica del Piccolo), e certamente nessuno dopo, ha saputo rispettare e considerare il pubblico come un compagno di viaggio. Un amico sincero col quale interrogarsi, ridere, commuoversi o scagliare, al pari di Arlecchino, lazzi puntualissimi perché metastorici, cioè in grado di attraversare il Settecento goldoniano e parlare schietto alla Repubblica odierna, al Palazzo come alla società civile.

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Grassi vestiva come Djagilev; era uomo colto, riluttante e consapevole dei limiti altrui rispecchiati nella sua personale nostalgia per un passato alto, altissimo (il culto della letteratura russa, Thomas Mann, gli attori italiani minori dell'Ottocento); Strehler si autodefiniva invece uno slavo del sud, levantino, irascibile: un intellettuale che non concepiva iato tra pensiero e azione. Insomma, entrambi démodé e risorgimentali. Due pezzi unici.

Piccolo Teatro

Come unica è stata la storia del Piccolo Teatro, la grande famiglia di Strehler. Sono i nomi massimi delle scene italiane del secondo Novecento (Tino Carraro, Giulia Lazzarini, Giancarlo Dettori, Pamela Villoresi, ma anche i musicisti: Fiorenzo Carpi e Gino Negri), tutti sotto l'ala protettiva di Nina Vinchi, capace di tradurre in prassi quasi gramsciana i contratti, le vertenze, la logistica, ma anche la conciliazione dei malumori repentini, le tremende depressioni, le dipendenze che urtavano la genialità del Maestro.

Celebrazioni per il suo centenario

La grande attualità di Strehler, oggi 14 agosto 2022, giorno che chiude le celebrazioni per il suo centenario è, in definitiva, tutta nella sua inattualità. E' in ciò che abbiamo perduto (quest'anno se n'è andato anche Ezio Frigerio, lo scenografo di stanze e atmosfere immortali, come Le nozze di Figaro mozartiane) e senza troppe ipocrisie ci manca ogni giorno, a ogni apertura o chiusura di sipario, al Piccolo come alla Scala, dove fu anche protagonista strepitoso.Sipario dunque, come sull'ultimo spettacolo: il Così fan tutte postumo - compiuto ma sappiamo tutti rimasto incompiuto - nel nuovo grande teatro di mille polemiche piccine piccine, ma oggi realtà tangibile e baluardo di cultura. Restano di quell'ultima sera bagliori faustiani: la commozione in sala di Andrea Jonasson - la moglie adorata, l'ultima Musa - e la candela solitaria nel buio con l'applauso penitente, trattenuto quasi. Urlo muto di una città nuda. Ma poco importa, la notte di Giorgio Strehler, arlecchino galileiano, è chiara.

*Alessandro Turci è l’autore del documentario “Strehler, com'è la notte?“ prodotto da Rai Documentari e Dugong Films


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