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Giornata mondiale del rene, focus sui vulnerabili. Le otto regole per giocare d’anticipo

La prevenzione consente di attenuare la portata di una condizione spesso assai limitante per pazienti e caregiver

di Nicola Barone

(IMAGOECONOMICA)

4' di lettura

Sono più di 4 milioni gli italiani alle prese con la malattia renale cronica. Si tratta di una patologia che secondo le stime in Italia interessa circa il 10% della popolazione adulta, percentuale che sale al 50% in presenza di malattie concomitanti quali diabete, ipertensione arteriosa, obesità e ipercolesterolemia. La prevenzione consente di giocare d’anticipo ammorbidendo il peso di una condizione spesso assai limitante per pazienti e caregiver. Ed è proprio la necessità di rafforzare questo aspetto cruciale ciò su cui batte la comunità medico-scientifica in occasione della Giornata mondiale del rene celebrata oggi.

Rallentare la progressione

«Prepararsi agli imprevisti sostenendo le persone vulnerabili» è, quest’anno, il tema della Giornata. Il riferimento è alle «persone fragili, maggiormente esposte a rischi rispetto ad altre malattie e con importanti bisogni di salute che vanno soddisfatti e tutelati». Per Massimo Morosetti, presidente della Fondazione italiana rene, «partendo da appropriati sistemi di diagnosi e terapia è possibile prevenire l’insorgenza della malattia renale cronica e soprattutto scongiurare complicazioni, a beneficio della salute dei milioni di persone che ne sono affetti. Accanto alle terapie farmacologiche oggi disponibili è essenziale abbinare una adeguata terapia dietetico-nutrizionale: è solo dal connubio di questi due elementi che può essere rafforzata una strategia in grado rallentare significativamente la progressione della malattia ed evitare la dialisi».

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I numeri

Quello auspicato dalla Giornata mondiale è dunque un enorme ombrello di protezione da aprire sulle 850 milioni di persone nel mondo, interessate dalla malattia renale cronica, il doppio di quelle con diabete e dieci volte tanto quelle che vivono con un tumore. Cinque-dieci milioni di queste persone, le fragili tra i fragili, avrebbero bisogno di accedere a una terapia sostitutiva della funzione renale (dialisi o trapianto), “privilegio” concesso purtroppo solo a 2,5 milioni di loro. «Le malattie renali - commenta il professor Giuseppe Grandaliano, direttore dell’Unità operativa complessa di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e ordinario di Nefrologia dell’Università Cattolica di Roma - interessano un numero davvero importante di persone, che richiedono grande attenzione anche per la diagnosi precoce. In Italia abbiamo 50mila persone in terapia renale sostitutiva con emodialisi e dialisi peritoneale e 25mila con trapianto di rene. Ma dobbiamo e possiamo fare di più. Il tema di quest’anno ci riporta a questa terribile stagione di pandemia, guerre, terremoti, catastrofi climatiche naturali, cercando di attirare l’attenzione sui pazienti con malattia renale che si trovino ad affrontare queste emergenze. Soprattutto quelli in terapia renale sostitutiva rappresentano una grande sfida organizzativa e sono particolarmente vulnerabili durante queste emergenze».

L’impatto delle calamità

Una lezione imparata a caro prezzo all’indomani del terribile uragano Kathrina che nel 2005 ha colpito New Orleans; dopo il passaggio dell’uragano i centri dialisi e gli ospedali degli Stati affacciati sul Golfo del Messico si sono trovati in grande difficoltà nell'offrire i trattamenti dialitici e questo ha contribuito ad accrescere il già pesante bollettino di morte. Più di recente, anche il devastante uragano Ian sulla Florida (ottobre 2022), ha creato non pochi problemi alle migliaia i pazienti in dialisi della regione; senza potere accedere a questo trattamento, si accumulano rapidamente nel sangue delle tossine il cui livello può diventare fatale nell'arco di una settimana.

La previsione di “piani dialisi”

«Insomma - commenta Grandaliano - oltre ai piani pandemici, è necessario mettere a terra dei “piani dialisi”, in caso di catastrofi causate dall’uomo o dalla natura. Oltre alla dialisi naturalmente durante l’emergenza si possono bloccare gli ingranaggi dei trapianti e il rifornimento dei farmaci immunosoppressori. Ecco perché è necessario accendere i riflettori su questi argomenti per sensibilizzare governi e policy maker affinché pianifichino anche per gli ultimi, per i vulnerabili, i fragili, tra i quali rientrano a buon diritto i pazienti in terapia sostitutiva renale, in caso di emergenza».

Dal Covid anche eredità “buone”

Come per tutte le patologie croniche, l’emergenza Covid ha portato ad un ritardo nelle prime diagnosi per il rallentato accesso in ospedale dei pazienti. «E questo, nel prossimo futuro, potrebbe tradursi in un aumento del numero di pazienti che verranno diagnosticati tardivamente, nello stadio finale della malattia renale, per i quali non potremo far altro che pensare alla sostituzione della funzione renale con la dialisi», secondo Grandaliano. Tuttavia, tra le eredità “buone” del Covid sperimentate al Gemelli come in altre realtà territoriali di eccellenza c’ è il servizio di televisite, attivato negli anni della pandemia e tuttora funzionante un po’ per tutti i pazienti ma in maniera particolare per i pazienti trapiantati. «Una buona fetta di questi viene da fuori Regione e le televisite sono un ottimo strumento per mantenere un contatto più stretto».

Le otto “regole d’oro”

Otto sono le cosiddette “regole d’oro” formulate dagli esperti per non andare incontro a soprese. Ovvero tenersi il più possibile attivi e in forma; controllare di tanto in tanto il livello di zucchero nel sangue; verificare la pressione sanguigna; una dieta sana ed equilibrata; conservare un corretto e regolare apporto di liquidi; non fumare; non assumere farmaci fuori dalle prescrizioni di un medico; tenere sotto controllo la funzione renale in caso si abbia uno o più dei fattori di rischio.

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