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Giornata mondiale del vento: così cresce la potenza dell’energia pulita nata in Europa

Nel 2022 la svolta: per la prima volta l’energia eolica ha generato più elettricità in Europa del carbone

di Elena Comelli

La centrale eolica di Øresund, vicino a Copenhagen, Danimarca (Adobestock)

4' di lettura

Da Middelgrunden in Danimarca fino a Santa Ninfa in Sicilia, il vento soffia sempre più potente sull’Europa, il continente che ha inventato l’energia eolica. Il 15 giugno, Giornata mondiale del Vento, è una buona occasione per ricordare che l'eolico non regala solo energia pulita in un ambiente incontaminato, ma anche una grande bellezza.

Le maestose pale arricchiscono il territorio di nuove prospettive da scoprire e da vivere a piedi, in bicicletta, a cavallo o in barca tra natura, storia e tecnologia, come suggerisce la guida di Legambiente “Parchi del vento” realizzata con il patrocinio dell’Associazione nazionale energia del vento.

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La potenza del vento, nel frattempo, cresce senza sosta. In base ai dati di WindEurope, nel 2022 l’eolico ha coperto il 16% della domanda elettrica nell’Ue (17% insieme al Regno Unito), con punte molto superiori nei Paesi dove l’eolico è più diffuso, come la Spagna, il Portogallo o la Danimarca.

Con ciò, il vento ha segnato una svolta storica: a due secoli dalla rivoluzione industriale, per la prima volta nel 2022 l’energia eolica ha generato più elettricità in Europa del carbone, che si è fermato al 15,9%, pur beneficiando di un revival per la crisi del gas.

Anche sul piano delle nuove installazioni, il 2022 è stato un anno entusiasmante per l’eolico europeo: con 16 gigawatt di nuova potenza installata (di cui solo mezzo gigawatt in Italia), il mercato è cresciuto del 33% rispetto al 2021, con in testa Germania, Svezia, Finlandia, Spagna e Francia.

«L'aumento del 33% delle nuove installazioni dimostra che l'industria eolica europea è all'altezza della sfida. Ma bisogna semplificare le procedure di autorizzazione e agevolare gli investimenti nella catena di approvvigionamento: fabbriche, lavoratori qualificati, reti, materie prime e navi», sostiene Giles Dickson, Ceo di WindEurope.

In Europa ci sono circa 80 gigawatt di progetti eolici bloccati dalle autorizzazioni che non arrivano e l’accelerazione messa a segno nel 2022, a dispetto delle difficoltà lungo le catene di fornitura e dell’aggressione russa all’Ucraina, è ancora insufficiente per centrare gli obiettivi del programma RePowerEu. Per essere in linea con il target al 2030, fissato a 450 gigawatt di potenza eolica complessiva, le installazioni europee dovrebbero raddoppiare a 30-31 gigawatt all’anno.

L’eolico offshore sarà centrale in questa crescita, ma il salto produttivo da conseguire è molto ambizioso. Nove Paesi hanno firmato la “Dichiarazione di Ostenda” nella cittadina portuale belga, fissando l'obiettivo di arrivare ad almeno 120 gigawatt di eolico offshore nel Mare del Nord entro il 2030 e almeno 300 gigawatt al 2050.

Un salto mortale, se si considera che al momento l'eolico europeo (compreso il Regno Unito) conta 255 gigawatt di potenza installata in tutto, di cui solo 30 gigawatt offshore, principalmente distribuiti fra il Mare del Nord e il Baltico, con il Mediterraneo ancora quasi a zero. Se si considera la sola Ue, il totale cumulato di eolico è pari a 204 gigawatt, di cui 16 offshore. A firmare la nuova dichiarazione sono i governi di Belgio, Danimarca, Germania, Olanda (che avevano già siglato un primo impegno un anno fa), cui si sono aggiunti Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo e Norvegia.

L’obiettivo sarà creare gruppi di parchi offshore interconnessi, in grado di esportare la loro produzione energetica a due o più Paesi, condividendo alcune infrastrutture elettriche come i cavi e le sottostazioni. Lo sviluppo di reti interconnesse sarà essenziale per l’integrazione delle fonti rinnovabili nel sistema elettrico continentale: facilitando gli scambi elettrici fra Paesi sarà più facile compensare l’instabilità delle fonti rinnovabili, inviando ad esempio l’energia eolica o solare in eccesso in un’area del continente ad alimentare altre zone dove il vento è caduto o il cielo è coperto.

Reti magliate e flessibili possono compensare fluttuazioni importanti e proprio per questo i moderni gestori puntano su diversificazione e flessibilità, come succede ad esempio nel Sud dell’Australia, dove il sistema elettrico è in grado di funzionare in maniera affidabile solo con sole e vento per giorni e giorni, senza carbone, senza idroelettrico, senza nucleare e con un apporto marginale del gas.

A questo scopo nel Nord Europa sono in progetto delle vere e proprie isole energetiche artificiali, come quella – battezzata Princess Elisabeth – che il Belgio inizierà a costruire nel 2024 per connettere gli impianti offshore con la rete elettrica nazionale e con le interconnessioni verso Danimarca e Gran Bretagna.

L’isola, che dovrebbe essere operativa come primo snodo della rete integrata nel 2027, sorgerà a una cinquantina di chilometri dalla costa, avrà un’estensione di circa 6 ettari e ospiterà anche un piccolo porto e una piattaforma di atterraggio per elicotteri. Il progetto, lanciato dal gestore belga delle linee elettriche ad alta tensione, Elia, è sostenuto dal governo belga con 100 milioni di euro tramite il Recovery Plan post-Covid.

Un primo esempio è la Kriegers Flak Combined Grid Solution tra Danimarca e Germania, già operativa dall’anno scorso: una rete combinata tra due parchi marini nel Mar Baltico, Kriegers Flak (600 MW) in Danimarca e Baltic 2 (288 MW) in Germania, tramite un nuovo interconnettore da 400 megawatt che permette di scambiare energia in entrambe le direzioni, dalla Danimarca verso la Germania e viceversa.

Per il Mediterraneo, invece, desta sempre più interesse l’eolico galleggiante, che consente installazioni in acque profonde anche centinaia di metri. Le prime sperimentazioni sono state avviate al largo della Scozia dalla compagnia petrolifera norvegese Equinor, che ha sfruttato il know-how acquisito con le piattaforme petrolifere. Il costo di questa tecnologia è ancora elevato, ma è destinato a calare rapidamente, man mano che si realizzeranno i primi progetti, fra cui anche alcuni in arrivo in Italia. I parchi eolici galleggianti possono essere collocati a 30-40 chilometri dalla costa, consentendo di minimizzare gli impatti visivi, un fattore che ha a lungo bloccato i progetti offshore lungo le coste.

@elencomelli

Riproduzione riservata ©

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