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Giornata nera per le valute, ma l’euro riaggancia la parità sul dollaro

Sterlina ai minimi dal 1985, yen dal 1998, won coreano dal 2009: il biglietto verde schiaccia le valute globali

di Morya Longo

La Borsa, gli indici del 7 settembre 2022

3' di lettura

La sterlina cade ai minimi dal 1985 rispetto al dollaro, nei giorni in cui la Gran Bretagna cambia il Governo, con un calo del 15% da inizio anno. Lo yen sprofonda sul livello più basso mai visto dal 1998, cioè l’anno della crisi delle Tigri asiatiche, dopo aver perso il 20% da gennaio. Il won coreano tocca il punto minimo dal 2009. Ma ci sono valute che quest’anno, rispetto al biglietto verde, perdono anche di più: come il peso argentino, in caduta del 27,1%. Anche l’euro è in forte deprezzamento da gennaio (-12,6%). Ma ieri (a differenza di tante altre valute come la sterlina e lo yen che sono scese in certi momenti anche oltre mezzo punto percentuale) la moneta unica europea ha tenuto ed è tornata in serata, dopo le 22, sopra la parità sul dollaro.

Il dollaro resta super, ma l’euro ha recuperato posizioni. Tre le motivazioni. La prima è legata all’attesa sulla Bce, che giovedì alzerà i tassi probabilmente di 75 punti base. La seconda è la stessa che ha fatto galleggiare le Borse europee (Milano +0,04%, Francoforte +0,35%, Parigi +0,02%) insieme alle utility (+2,04% il settore in Europa): le indiscrezioni sul possibile tetto europeo al prezzo dell’elettricità non prodotta dal gas. La terza deriva dal calo del prezzo del petrolio e dal consistente ribasso dei rendimenti dei titoli di Stato, soprattutto oltreoceano. Se il Bund decennale è sceso di 3 centesimi a 1,57%, il Treasury Usa ne ha persi 5 a 3,29 per cento.

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Il super-dollaro vince su tutti

A sostenere il dollaro, mercoledì e negli ultimi mesi, sono due ordini di fattori. Il primo è l’aggressiva politica della Fed, che per combattere l’inflazione sta alzando i tassi d’interesse. Da inizio anno la Banca centrale americana ha aumentato i tassi di 250 punti base e il 21 settembre li alzerà ancora di 50 o più probabilmente (così si aspetta il mercato) di 75 punti base. Questo ha fatto salire i rendimenti dei titoli di Stato Usa e - almeno nei primi mesi dell’anno fino alla primavera - ha allargato il “gap” rispetto ai rendimenti degli altri Paesi, attirando capitali negli Usa sul dollaro.

Il secondo è legato alla crisi europea del gas (con tutti i suoi negativi effetti sull’economia), alla frenata cinese causata dai continui lockdown e al rallentamento economico globale. Frenata che coinvolge anche gli Usa, vero, ma i mercati percepiscono quantomeno gli Stati Uniti lontani dall’epicentro delle crisi peggiori. Questo li favorisce dal punto di vista valutario. Così il dollar index (cioè l’indice che misura la performance del biglietto verde su un paniere di valute mondiali) è arrivato a toccare il massimo da luglio 2002.

L’IMPATTO DEL BIGLIETTO VERDE
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La tenuta dell’euro (solo mercoledì)

Anche l’euro non ha fatto altro in questi mesi che perdere terreno. Ma mercoledì ha tenuto. Anzi, ha recuperato terreno tornando sopra la parità sul dollaro dopo aver toccato i minimi da 20 anni. Come accennato i motivi sono principalmente due. Con un terzo più lieve. Innanzitutto giovedì la Bce alzerà i tassi probabilmente di 75 punti base, seguendo - seppur a distanza di mesi - le orme aggressive della Fed. Mercoledì ha fatto lo stesso la Bank of Canada, con una stretta di 75 punti base. Segno ormai che il “modello Fed” sta diventando dominante. Questo è un motivo che in prospettiva potrebbe aiutare l’euro a frenare la caduta rispetto al biglietto verde.

L’altro motivo è legato al pacchetto energia allo studio della Commissione europea: tra le tante misure ipotizzate, una ha colpito i mercati. Il fatto che Bruxelles - secondo quanto scrivono Ft e Bloomberg - potrebbe imporre un tetto al prezzo dell’elettricità, non prodotta dal gas ma da altre fonti, a 200 euro per megavattora. Rispetto alle indiscrezioni dei giorni scorsi (si parlava di un tetto più basso) la notizia ha un duplice aspetto positivo: non va a ledere troppo le società energetiche che già hanno problemi di liquidità a causa dei derivati e contemporaneamente dà un sollievo (minore del previsto ma comunque importante) a consumatori e imprese energivore. Dunque all’economia. Per questo si sono ripresi sia l’euro, sia le Borse rispetto alla mattina. E soprattutto il settore delle utility, cioè delle società energetiche: in Europa il settore ha recuperato il 2,04%, a Milano l’1,42%, a Francoforte il 4,85% e a Parigi l’1,42%.

Infine un sostegno alle Borse è arrivato dal calo del prezzo del petrolio (che fa sperare in una minore morsa inflattiva) e dei rendimenti dei titoli di Stato soprattutto negli Stati Uniti. Ma domani è un altro giorno: gli occhi sono tutti puntati sulla Bce, sulla sua manovra restrittiva e sulla conferenza stampa di Christine Lagarde.

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