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Girasoli, un decreto Pac mette a rischio la produzione nelle Marche

La regione è leader della produzione con un giro d’affari da 40 milioni, ma ora un ecoschema legato all’erogazione dei fondi europei vieta un trattamento indispensabile per la coltura

di Silvia Marzialetti

2' di lettura

Una norma mette a rischio la produzione di girasole nelle Marche, regione dalla leadership incontrastata con 30 mila ettari (su 111 mila coltivati in Italia), 722 mila quintali prodotti e un giro d’affari di 40 milioni.

L’allarme è stato lanciato dal direttore di Confagricoltura Marche, Alessandro Alessandrini, che chiede una immediata modifica del decreto regionale che regolamenta la produzione integrata delle colture e a cui le aziende agricole devono attenersi per ottenere parte dei contributi Pac.

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«Questo provvedimento – spiega – subordina il sostegno pubblico derivante da uno degli ecoschemi previsti dalla Pac, al divieto di utilizzo del teflutrin, un geodisinfestante contro l’elateride, insetto che mangia le radici della piantina di girasole, con effetti impattanti sulla produzione». Tale principio attivo è ammesso per altre tipologie di coltivazioni come mais, barbabietola, pomodoro, patata, carota, cavolo, fagiolo, finocchio.
«Il divieto sul girasole – aggiunge Alessandrini – è in nome di una presunta tutela ambientale che non ha ragion d'essere, visto che tale prodotto viene distribuito in maniera localizzata, immersa nel terreno accanto al seme e subito ricoperta, con un microgranulatore che ne centinella le dosi».

Il disciplinare di produzione integrata non ha mai generato attenzione fino ad oggi quando, con la nuova Pac, sono cambiati i parametri per assegnare i contributi pubblici.
«Ora l’azienda agricola deve scegliere: seguire il disciplinare, rischiando in proprio, per beneficiare del sostegno, rinunciare a questa importante parte di contributo che può arrivare fino a 110 euro, oppure indirizzarsi verso altre colture: in qualsiasi caso, una scelta penalizzante», prosegue Alessandrini.

Confagricoltura non intravede alternative, visto che il disciplinare marchigiano vieta anche l'utilizzo di soluzioni alternative come il seme conciato, ovvero il seme di girasole già trattato con lo stesso principio attivo, o un suo similare.
«Stando così le cose, la presenza di questo insetto rischia di essere devastante per la produzione», conclude.

Dopo le Marche, le regioni in cui la coltura del girasole è più diffusa in Italia sono Toscana, con poco più della metà di ettari coltivati nelle Marche, Emilia-Romagna ed Umbria, con 14 mila ettari.

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