Giro d’Italia, sfida tra Roglic ed Evenepoel ma la prima rosa la vuole cogliere Ganna
Sabato 6 maggio la prima frazione a cronometro da Fossacesia Marina a Ortona: una prova di 19,6 km quasi tutta pianeggiante fatta su misura per il nostro cronoman
di Dario Ceccarelli
6' di lettura
Ci siamo. Nonostante gli evidenti cambiamenti climatici, i segnali sono ancora quelli: i papaveri che punteggiano i prati, le allergie da polline che impazzano con le nuove fioriture, il sole primaverile, già caldo, che filtra tra nuvoloni che passano veloci dopo essersi sfogati nell’Emilia Romagna e nelle Marche.
Il 106esimo Giro d’Italia è pronto per partire. È il nuovo capitolo di una storia lunga 114 anni. Basti pensare che la prima edizione si corse nel 1909 e fu vinta da Luigi Ganna (non Filippo…) dopo aver percorso 2.248 chilometri alla media di 27,260 km\h. Una media di tutto rispetto se pensiamo che quello di Ganna era un altro mondo. Dai materiali, alle biciclette e all’alimentazione. Dei 127 partenti, su strade per noi impensabili, soltanto 49 completarono la corsa.
Tappe infinite. Si partiva di notte per arrivare al pomeriggio. La prima, da Milano a Bologna, lunga 397 chilometri. Tutti i corridori furono fotografati alla partenza (piazzale Loreto, ore 2.53 del mattino) in modo che al traguardo non vi fossero dubbi sulla loro identità. Ganna, muratore varesino di Olgiate Olona, come premio incassò 5.325 lire. Una somma considerevole con cui si comprò una bella casa con officina attrezzata. Dopo la premiazione, a un giornalista pressante che chiedeva un commento a caldo, Ganna rispose così: “Mi brusa tanto el cù”. Laconico ma efficace.
Era davvero un altro mondo, un altro sport, anche se oggi la fatica resta comunque pesantissima. Ora le squadre più importanti - a partire dalla Ineos di Filippo Ganna - costano circa dai 50 ai 35 milioni. I corridori sono seguiti come astronauti con bus spaziali e materiali sofisticatissimi che proteggono dal freddo e dalla pioggia. La Corsa Rosa ha un giro d'affari di circa 45 milioni: tanti, ma sempre pochi rispetto a quelli del Tour, che viaggia, con ricavi televisivi, sponsor e merchandising intorno ai 150 milioni.
Stipendi milionari
Gli ingaggi, almeno per i big, non si differenziano molto da quelli dei calciatori. Un campionissimo come Tadej Pogacar guadagna sei milioni all’anno. A breve distanza (5 milioni) lo seguono il campione del mondo, il belga Remco Evanepoel, e l'olandese Mathieu Van Der Poel, fresco vincitore della Milano-San Remo e della Parigi-Roubaix. Poi si scende: il belga Van Aert è sui 4 milioni. Lo sloveno Primoz Roglic, favorito con Evenepoel a questo Giro, guadagna sui 2 milioni. Il nostro Filippo Ganna, nonostante sia detentore del record dell'ora (56,792km) e abbia conquistato in pista due mondiali consecutivi e un oro alle Olimpiadi di Tokyo, non beneficia di uno stipendio così astronomico: con i bonus arriva a un milione e mezzo. Il problema di Filippo, pur avendo già vinto sei tappe al Giro d'Italia, è che solo quest'anno ha cominciato ad essere protagonista nelle classiche. Il secondo posto alla Sanremo è un segnale incoraggiante. Però, al momento, Ganna è ancora in mezzo al guado tra l'essere un eccellente pistard e un promettente corridore da strada.
Parlando di Ganna, 26 anni di Verbania, torniamo al Giro che parte questo sabato 6 maggio dall'Abruzzo con la prima frazione a cronometro da Fossacesia Marina a Ortona, una prova di 19,6 km quasi tutta pianeggiante fatta su misura per il nostro cronoman. E che quindi, salvo sorprese, potrebbe regalargli la prima maglia rosa di questo Giro che si concluderà il 28 maggio a Roma.
La capitale ospita per la quinta volta nella storia l’arrivo finale della carovana. È una novità da segnalare. Il Tour arriva sempre a Parigi. Il Giro è più volubile. La tradizione vuole Milano con le guglie del Duomo, i grattacieli di City Life e Porta Nuova. Anche se Roma, con il Cupolone, i Fori e il Colosseo, certo non sfigura.
In totale le cronometro sono tre. La seconda è prevista (9° tappa) domenica 14 maggio da Savignano sul Rubicone a Cesena: 35 chilometri interamente piatti, quindi anche questi già apparecchiati per Ganna. La terza prova è invece una cronoscalata (Tarvisio-Monte Lussari) di 18 chilometri, l'ultima sfida prima dell'arrivo a Roma. Una sfida contro il tempo che arriva dopo due giorni di montagne russe probabilmente determinanti per la classifica.
Il duello tra il belga e lo sloveno
Due tappe tra le nuvole che richiameranno migliaia di appassionati. Giovedì 25 maggio da Oderzo a Val di Zoldo per 161 chilometri. A seguire la Longarone-Tre Cime di Lavaredo (183 km) venerdì 26 maggio. Qui si decide il Giro, un Giro che almeno nei pronostici ruota attorno al duello tra il campione del mondo Remco Evenepoel e quello olimpico (nella cronometro) Primoz Roglic. Attenti a quei due. Sono loro i favoriti,anche se, come sempre, sarà la strada a decidere.
Evenepoel, 23 anni, arriva sulle ali del secondo successo alla Liegi-Bastogne-Liegi.È' in gran forma e molto motivato. Il suo obiettivo è la vittoria finale. Sarebbe un risultato prestigioso perché è da 40 anni che un campione del mondo (l’ultimo Saronni nel 1983) non riesce a conquistare la corsa rosa. «Non sono mai stato così bene», spiega il belga con una sicurezza che sconfina nella sfacciataggine. «Non temo nessuno. E se prendo subito la maglia rosa voglio portarla fino a Roma…», ha concluso Evenepoel, con il suo sorriso da studente con tutti 30 e lode. Forte in salita, e temibile a cronometro, Remco ha effettivamente - con 41 vittorie all'attivo- un curriculum di prim'ordine. Questo Giro, dopo la Vuelta e la maglia iridata, è una nuovo banco di prova per capire quali siano i suoi limiti. In particolare di tenuta nell'ultima settimana.
Sulla carta il belga è il favorito. Anche la giovane età è dalla sua. Gli manca un pizzico di esperienza, quella che invece ha in abbondanza Primoz Roglic, anche lui molto dotato a cronometro, già vincitore di tre Vuelta, secondo al Tour 2020 e terzo al Giro 2019.
Il Covid ha colpito ancora
Sarà un duello emozionante. Lo sloveno sicuramente conosce meglio le strade del Giro ma non è più un ragazzino. Trentatré anni possono farsi sentire sia nel bene sia nel male. Un altro limite di Roglic potrebbe essere la squadra, la Jumbo-Visma, colpita duramente dal Covid: dopo Robert Gesink e Tobias Foss, anche Jos Van Emden non sarà al via, pure lui contagiato dal virus che, lo ricordiamo, ha costretto al forfait anche il nostro Giulio Ciccone. «Sì, la situazione della squadra è un gran casino», ha commentato Roglic, con il suo solito basso profilo, così diverso dalle solide certezze del rivale. «Ho fiducia nei miei compagni presenti. Il mio modo di stare in corsa mi rende comunque abbastanza autonomo dall'aiuto della squadra. Sto bene, gli anni non mi pesano. Sono come il buon vino, invecchiando miglioro», ha concluso lo sloveno.
La Soudal-Quick Step, la squadra di Evenepoel, si presenta invece come una delle più agguerrite, avendo selezionato corridori esperti tra scalatori e passisti, ma senza velocisti per meglio concentrarsi sul capitano. La formazione belga non schiererà quindi né l’olandese Fabio Jakobsen né il belga Tim Merlier, che pure sarebbero stati fra i migliori sprinter in gruppo.
Ganna in mezzo al guado
L'altro squadrone, l'Ineos di Ganna, per la maglia rosa punta invece su Tao Geoghegan Hart (che un Giro lo ha già vinto) e Geraint Thomas, il pistard britannico maglia gialla al Tour 2018 e con 36 primavere alle spalle. Nella Ineos, quindi, Ganna ha un ruolo abbastanza delimitato di cacciatore di tappe oltre che di specialista a cronometro. Si vedrà strada facendo. Sulla carta è tutto facile poi la realtà è un'altra. E dipende da un mucchio di variabili, come il meteo, la salute, le crisi, l'aiuto della squadra. L'ultima settimana, con queste montagne, è sempre una incognita, tanto più per corridori come Evenepoel e Roglic, il cui punto debole potrebbe essere la resistenza alla fatica prolungata.
Tra gli altri favoriti merita una citazione il lusitano Joao Almeida sempre vicino al podio nelle ultime edizioni. Gli Italiani? Facciamo il tifo per Ganna, sperando che ogni tanto si emancipi dal ruolo di generoso gregario. Vincenzo Nibali ormai è un solo un bel ricordo, farà l'ambasciatore del Giro ricordandoci come era bravo a fare da parafulmine a un movimento - il ciclismo italiano - sempre più in picchiata nei risultati e nella promozione di nuovi talenti. Assente l'eterna promessa Giulio Ciccone, non ci resta che sperare in Damiano Caruso, secondo nell'edizione 2021. Al nostro movimento, mai così in crisi, servono urgentemente miracoli. Con tutto il rispetto, siamo ancora rappresentati da Domenico Pozzovivo, decano del Giro con 40 anni e 159 giorni. Il lucano è alla sua 17esima partecipazione. Se arriva a 18 supera anche Miro Panizza. Ma qui, più che nell'amarcord, siamo nella fantascienza.
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