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Luglio negativo per la produzione industriale italiana, che cede lo 0,7% rispetto a giugno. Nella media del periodo maggio-luglio il livello della produzione aumenta dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti.
L'indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l'energia (+3,7%); mentre cala per i beni intermedi (-0,5%), per i beni strumentali (-1,5%) e per i beni di consumo (-1,6%).
Al netto degli effetti di calendario l'indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 2,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 21, come a luglio 2022): «un segnale di allarme» il commento del ministro per le Imprese ed il Made in Italy Adolfo Urso, che ha comunque parlato di un dato «atteso». Tra i principali settori cresce solo quello dei beni strumentali (+3,0%); diminuiscono, invece, i beni di consumo (-3,7%), l'energia (-4,0%) e i beni intermedi (-4,5%).
Cali diffusi tra i settori, con le riduzioni maggiori per legno-carta, chimica e alimentari. Media resa meno amara dal solitario scatto di farmaceutica e soprattutto mezzi di trasporto, in crescita a doppia cifra grazie alla ripresa delle auto.
Momento di riflessione che vede debolezze diffuse sia dal lato della domanda internazionale che di quella interna, con i dati del secondo trimestre sul Prodotto Interno Lordo italiano a confermare una discesa sia degli investimenti che dei consumi, oltre che un valore aggiunto negativo diffuso ad agricoltura, industria e terziario. Scorrendo i dati Istat delle vendite al dettaglio si vede inoltre come la tenuta dei valori sia legata alle ricadute inflattive sui listini mentre dal lato dei volumi le indicazioni sono ben diverse: i consumi alimentari, ad esempio, sono in discesa in termini di volumi da 19 periodi (confronto tendenziale) e l’indice relativo destagionalizzato si pone a quota 94, sei punti al di sotto rispetto a quanto accadeva nel 2015.
Il nodo della Germania
Segnali di rallentamento peraltro visibili da qualche mese, in Italia e non solo, a cominciare dalla Germania. Epicentro delle difficoltà in Europa è proprio Berlino, nella prima manifattura europea, debole nei dati globali di Pil dei primi due trimestri, che nei dati di luglio sull’industria evidenzia di non aver invertito affatto la rotta, innestando un arretramento deciso. Con una produzione in discesa dello 0,8% nel mese e di oltre due punti su base annua. Ma soprattutto con ordini in caduta libera a doppia cifra: -11,7% rispetto a giugno, -10,5% in termini tendenziali. Medie abbattute in particolare dalla debolezza europea, con le commesse piazzate nella zona euro a cedere quasi il 25%.
La minore tonicità delle economie europee e più in generale di quella globale determina per la nostra industria un minore traino dal lato dell’export, come evidenziato dai dati del primo semestre, ancora positivi ma molto meno dinamici rispetto al passato. Il progresso medio del 4,1%, interamente legato all’effetto-prezzi, con volumi che invece sono in calo, è frenato sempre dalla Germania, i cui acquisti di made in Italy manifatturiero nel primo semestre sono in calo di un punto.
Anche guardando alle commesse nazionali le prospettive non cambiano, tenendo conto che ad agosto, seppure in lieve risalita, l’indice Pmi manifatturiero (indice dei direttori d’acquisto, ora a quota 45,4) si posiziona per il quinto mese consecutivo al di sotto di quota 50, soglia che separa la crescita dalla contrazione.
Si innesca così un minore ottimismo sulle prospettive future, come testimoniato dall’ennesimo calo ad agosto dell’indice di fiducia delle imprese, quinta frenata consecutiva che porta il livello ora ai minimi da novembre 2022. Tra gli ostacoli alla produzione è interessante notare come il primato sia ormai stabilmente passato alla voce “insufficienza della domanda”, dopo che per un paio d’anni le preoccupazione maggiori si erano concentrate sulla supply chain e la carenza di forniture: ora, dunque, il nodo non è tanto produrre ma avere un mercato adeguato per farlo.
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