intervista

«Giudici e avvocati, gli eroi misconosciuti di Brexit»

Sebastian Moore è partner di Herbert Smith Freehills, lo studio legale che ha portato Boris Johnson in tribunale, sconfiggendolo, per la decisione di sospendere il Parlamento per cinque settimane. Nei giorni decisivi per l’esito di Brexit, l’avvocato analizza il ruolo dei giudici e il peso di una Costituzione non scritta nella tormentata storia del distacco di Londra dalla Ue

di Nicol Degli Innocenti

L’ultima parola a Westminster. Le Houses of Parliament a Londra

3' di lettura

Dei tre grandi poteri dello Stato, è il potere giudiziario che esce a testa alta da Brexit. Le tensioni e indecisioni su come e quando la Gran Bretagna debba uscire dall’Unione Europea hanno mostrato i limiti e le debolezze del potere esecutivo e del potere legislativo. Nell’attuale scontro aperto tra Governo e Parlamento, i giudici sono sembrati la voce della ragione e l’incarnazione del buon senso. Abbiamo chiesto un parere su questi temi a un esperto, Sebastian Moore, partner di Herbert Smith Freehills, lo studio legale scelto da John Major per la causa contro il Governo che ha portato l’ex premier conservatore e i suoi alleati alla vittoria in tribunale. La Corte Suprema ha poi confermato l’illegittimità della decisione di Boris Johnson di sospendere il Parlamento per cinque settimane.

Se il 19 ottobre l’accordo verrà respinto dal Parlamento, Boris Johnson dovrà chiedere un rinvio alla Ue come prevede la legge (il Benn Act) e come ha promesso ai giudici. Il premier però insiste che Brexit avverrà il 31 ottobre a qualsiasi costo. Come quadrare questo cerchio?

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Il cerchio non si può quadrare. Downing Street va facendo affermazioni del tutto contraddittorie. La mia sensazione è che alla fine Johnson sarà costretto a obbedire, ma lo farà con molte storie e una ostentata riluttanza per inviare un messaggio all’elettorato che ha fatto di tutto per mantenere la promessa di attuare Brexit entro la data prevista. Johnson è diventato premier per andare alle urne e fin dal primo giorno è entrato in campagna elettorale. Se invece il premier si rifiutasse di rispettare la legge credo che ci sarebbero molte dimissioni nel Governo. I toni e le parole usate verso la Corte Suprema sono stati deplorevoli, ma fanno parte di un atteggiamento aggressivo che il Governo ha deciso di adottare. Però dichiararsi in disaccordo con la Corte è una cosa, violare la legge è un’altra. La cosa sarebbe ben più grave. È impensabile che il Governo alla fine non rispetti la legge.

Le tensioni su Brexit stanno portando anche a un ripensamento del sistema britannico. Alcuni dicono che la Gran Bretagna dovrebbe avere una Costituzione scritta come l’Italia e altri Paesi. Che ne pensa?
Una delle prime cose che uno studente di legge impara all’Università è che la nostra Costituzione non scritta, che è un insieme di convenzioni, statuti e Common Law raccolti nei secoli, ha funzionato bene consentendo grande flessibilità. Questa prospettiva è stata messa in dubbio dal referendum del 2016, che ha portato a un drastico cambiamento che ha privato milioni di cittadini dei loro diritti. Basti pensare al milione di cittadini britannici residenti nella Ue, molti dei quali residenti all’estero da oltre 15 anni: non hanno potuto votare ma sono i più penalizzati dall’esito del referendum. Per un cambiamento simile avrebbe dovuto essere necessaria una maggioranza qualificata invece di una maggioranza semplice. La mia opinione personale è che avere una Costituzione scritta sarebbe auspicabile, ma non è una prospettiva realistica al momento. Sarebbe troppo complesso in questo periodo dominato da Brexit.

La sentenza della Corte Suprema che ha definito illegale la decisione del Governo di sospendere il Parlamento può senza esagerazioni essere definita storica?
La sentenza della Corte Suprema ha dimostrato che il sistema funziona, perché il potere giudiziario ha i mezzi per intervenire se il Governo esagera. Ha ripristinato la fiducia nel sistema. Quando l’ho letta ho provato un immenso orgoglio per il modo in cui spiega questioni complesse in un linguaggio semplice e comprensibile a tutti. È talmente lucida che è impossibile non concordare con le sue premesse e con le sue conclusioni.

C’è qualcosa di positivo che possa venire fuori da Brexit?

Tre cose. Primo, i cittadini britannici cominciano a comprendere le complessità e anche i vantaggi della Ue. Erano i più ignari in tutta Europa e alla fine saranno i più informati. Secondo, si sta formando un fortissimo fronte pro-europeo. Brexit ha mobilitato i giovani, ai quali è stata sottratta la doppia identità britannica e europea. È una questione pratica di libera circolazione ma anche fortemente emotiva di identità. Infine, la terza cosa positiva è che il sistema legale ne esce molto bene perché ha svolto un ruolo cruciale. La reputazione dei tribunali ne esce rafforzata e i giudici e gli avvocati sono gli eroi misconosciuti di Brexit.

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