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Giustizia, il Csm boccia la riforma Cartabia

Contestati sistema elettorale, test di professionalità, rigidità su rapporti politica-magistratura

di Giovanni Negri

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3' di lettura

Acque sempre più agitate sulla riforma Cartabia di Csm e ordinamento giudiziario. Mentre in commissione Giustizia alla Camera, anche dopo il taglio deciso dalla presidenza, sono comunque circa 250 gli emendamenti depositati e si profila un vertice tra la ministra e le forze di maggioranza per cercare di assicurare la presentazione in Aula a fine mese, senza compromettere i capisaldi dell’intervento, sonora piove la bocciatura dello stesso Consiglio superiore sul pacchetto di misure.

In 142 pagine di parere, approvate in commissione e al voto del plenum tra mercoledì e giovedì, sono demoliti numerosi punti qualificanti degli emendamenti approvati all’unanimità dal Consiglio dei ministri di poche settimane fa, a partire dal sistema elettorale.

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Alle elezioni penalizzate le minoranze

Nel parere si smonta innanzitutto il sistema elettorale per il voto dei componenti togati, che Cartabia vuole maggioritario con correzioni proporzionali, puntando a limitare l’influenza delle correnti nella selezione delle candidature. Il correttivo, si sottolinea, mira ad offrire ai gruppi minori una rappresentanza in Consiglio, e tuttavia si rivela insufficiente perché, anche con queste modifiche, le minoranze potrebbero essere sottorappresentate mentre i gruppi di maggiori dimensioni potrebbero essere sovrarappresentati.

L’obiettivo proposto di ampliamento delle candidature è solo in parte realizzato. Le misure relative alla parità di genere sono poi migliorabili, perché limitate alla uguaglianza numerica di candidature. E sull’elezione dei laici viene messa in evidenza l’assenza di cause di ineleggibilità tali da mettere al riparo il Consiglio da condizionamenti politici o partitici.

Troppa rigidità sul disciplinare

Quanto agli illeciti disciplinari, quelli legati alla denuncia di ritardi nel deposito dei provvedimenti e all’aumento dello stock di procedimenti giacenti rischiano di produrre una paralisi dell’ufficio. Il sistema di incompatibilità introdotto per i componenti effettivi della Sezione disciplinare finisce con l’escludere irragionevolmente questi ultimi dalla quasi totalità delle altre attività e non appare utile al conseguimento dell’obiettivo di rendere più rapida l’attività della sezione disciplinare, né, infine, è giustificato nell’ottica di rafforzare l’immagine di imparzialità e della terzietà del giudice disciplinare.

Rischioso il voto degli avvocati

Non convince neppure la previsione di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati nei consigli giudiziari, visto che gli stessi legali continuerebbero a esercitare la professione nello stesso distretto dei magistrati oggetto di valutazione. Sempre in materia di valutazioni, incentivo al carrierismo potrebbero poi essere le “pagelle” e in particolare un giudizio positivo articolato in “discreto”, “buono”, “ottimo”, suscettibile di istituire una sorta di graduatoria nell’ufficio.

Le audizioni rallentano i tempi

Contrasta poi con l’esigenza di rapidità nello svolgimento dell’azione amministrativa, l’avere reso obbligatoria l’audizione di tutti i candidati ai posti direttivi e semidirettivi, come pure bocciata, perché potrebbe condurre a improprie ricerche di consenso, la previsione dell’acquisizione di un parere da parte del Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Si espone ancora a pericoli di incostituzionalità l’obbligo di trasmissione dei progetti organizzativi delle Procure al ministero della Giustizia.

Rapporto con la politica da ripensare

Per il ricollocamento di quei magistrati che si sono candidati a cariche politiche e non sono stati eletti oppure sono stati eletti, ma hanno concluso il mandato, va evitata, per il parere, la soluzione di destinarli all’Ufficio del massimario, perché troppo favorevole e penalizzante nei confronti degli altri magistrati. Prevedere poi meccanismi di forte rigidità anche per i magistrati che hanno svolto incarichi di diretta collaborazione con la politica, a livello nazionale o locale, non considera abbastanza la natura tecnica degli incarichi stessi.


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