COMMERCIO internazionale

Gli 11 Paesi transpacifici che hanno firmato l’accordo contro il protezionismo di Trump

di Stefano Carrer

Proteste a Santiago del Cile contro la firma della nuova TPP/EPA

2' di lettura

Proprio in un momento di grandissimo rischio di nuove guerre commerciali, il processo di liberalizzazione del trading internazionale ha una ripartenza da Santiago del Cile, con la firma di un accordo di libero scambio tra 11 Paesi della regione Asia-Pacifico. È la vecchia TPP (Trans-Pacific Partnership), che originariamente, alla firma nell'ottobre 2015, comprendeva gli Stati Uniti, prima che Donald Trump, appena eletto, non la affossasse.

L'intesa è stata rinegoziata e aggiornata soprattutto su impulso della diplomazia giapponese: e' stata ribattezzata Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership. In alcuni capitoli controversi è stata un po’ annacquata – ad esempio sul livello di protezione della proprietà Intellettuale in ambito farmaceutico, un cavallo di battaglia degli Usa – ma resta come un serio sforzo in direzione di un abbassamento o eliminazione di dazi per dare nuovo impulso ai commerci tra gli 11 firmatari, che insieme contano per il 13% dell'economia globale (circa 10mila miliardi di dollari di Pil, per quasi mezzo miliardo di persone): Giappone, Canada, Messico, Cile, Nuova Zelanda, Australia, Brunei, Vietnam, Peru', Singapore, Malaysia.

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Il suo “format” è relativamente aperto, nel senso che altri Paesi possono chiedere l’adesione. Lo stesso Trump, a Davos in gennaio, non aveva escluso la possibilità che gli Usa possano tornare al patto multilaterale in caso di imprecisati miglioramenti. Cosa comunque da escludere in tempi brevi e medi, tanto più che il presidente americano in questo momento sembra coltivare una linea sempre più dura sul fronte commerciale, con la decisione di imporre di nuovi dazi all'import di acciaio e alluminio che sta generando forti opposizioni e concrete prospettive di ritorsioni.

La TPP originaria, tra l'altro, era stata elaborata anche come uno strumento di portata più vasta della politica estera statunitense: Il simbolo di un “rebalancing” americano verso l'Asia e il tentativo di dettare regole chiare per il commercio internazionale limitando in questo senso il ruolo di altri primattori, in particolare la Cina. Era un argomento dell'Amministrazione Obama al quale Trump è rimasto indifferente. Secondo vari analisti, il Paese che più dovrebbe beneficiare della nuova TPP è il Vietnam. Soddisfazione anche in Giappone per una sviluppo che rilancia il ruolo internazionale della diplomazia di Tokyo. Il Paese più riluttante a firmare è stato il Canada, che chiedeva piu' tempo e alcune eccezioni. Secondo alcune indiscrezioni, anche la scelta di Santiago del Cile come luogo della firma – e quindi del governo cileno come coordinatore finale per la firma del patto - ha contribuito a vincere le ultime esitazioni di Ottawa.

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