Mercato dell arte

Gli antiquari: semplificare la circolazione dell’arte

Nel periodo di emergenza e anche dopo introdurre le soglie di valore

di Marilena Pirrelli

Alessandra Di Castro, presidente dell’Associazione antiquari d’Italia

3' di lettura

Più che per semplificare, è necessario per sopravvivere. Gli antiquari chiedono di poter riprendere a lavorare, dopo che fiere come Masterpiece London e molti altri eventi a causa del Covid sono stati rinviati o trasferiti in digitale. Come? Si fa portavoce Alessandra Di Castro, presidente dell’Associazione antiquari d’Italia, con 130 aziende associate. «Abbiamo chiesto al ministro Dario Franceschini di abrogare il Decreto del 9 luglio 2018 n. 305 firmato dal ministro Alberto Bonisoli, che a due mesi dal Decreto ministeriale sulla circolazione internazionale dei beni culturali n.246 del 17 maggio 2018 ha sospeso l’attuazione della soglia di valore per la circolazione fino al 31 dicembre 2019». Termine decorso senza alcun cambiamento e le attese per la circolazione delle opere presso i 18 Uffici Esportazione, attualmente ancora chiusi al pubblico, del Mibact sono sempre più lunghe. Milano non accetta più opere perché è saturo di lavoro e l’emergenza Covid obbliga l’accesso a numero chiuso per le visite in esportazione. Gli antiquari protestano: una circolare approvata dal direttore generale Famiglietti lo scorso maggio ha ulteriormente aggravato (anziché semplificare) gli adempimenti burocratici degli Uffici Esportazione imponendo controlli sistematici con convocazione fisica delle opere autocertificate tra 50 e 70 anni di età. Gli operatori del settore e collezionisti sono sul piede di guerra.

Al tavolo sulla semplificazione prima e dopo il Covid siede con Di Castro l’avvocato Giuseppe Calabi, coordinatore tecnico del Gruppo di lavoro Apollo, per chiedere d’introdurre da subito la soglia di valore e permettere a tutto il comparto di tornare a essere competitivi in un momento in cui si lavora in galleria su appuntamento e sui marketplace online.

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«Chiediamo una semplificazione e l’autocertificazione per gli oggetti di valore inferiore ai 13.500 euro per agevolare gli operatori nell’utilizzo di piattaforme digitali» spiega Di Castro. «La parola semplificazione era presente nella legge Concorrenza 2017 ma il dettato della riforma è rimasto inattuato per la soglia di valore a causa del decreto che – di fatto – ha sospeso sine die la sua applicazione» spiega l’avvocato Calabi.

Gli antiquari chiedono l’attuazione del Passaporto europeo, previsto dalla legge Concorrenza, sul modello francese e relativo all’opera e non al proprietario.

«Anche se la durata del Passaporto rifletterà quella quinquennale prevista dal Codice per Cas (certificato di avvenuta spedizione dal territorio europeo), Cai (certificato di avvenuta importazione se l’opera è di provenienza extraeuropea) e per gli attestati di libera circolazione, questa durata un po’ breve, affermano gli antiquari per voce della presidente. Il Passaporto dovrebbe comunque essere rilasciato senza troppi intoppi burocratici sia quando le opere escono che quando entrano. Inoltre, con il Passaporto quando l’opera esce nuovamente dal territorio italiano non si dovrebbe più fare l’attestato a scarico che presuppone la sua presentazione fisica presso gli uffici. Spiega inoltre Calabi che: «Se il bene entra per un restauro per esempio bisogna fare comunque il Cai o il Cas, ma si tratta di opere di passaggio che non dovrebbero interessare gli organi di tutela. Attualmente, l’entrata e l’uscita di queste opere richiedono la loro presentazione fisica all’Ufficio Esportazione, aggravandone il carico di lavoro».

Insomma, ogni volta si ricomincia con una pletora di controlli che rivelano la diffidenza di base verso gli operatori, una cultura del sospetto di chi pensa che chi fa entrare un bene poi forse ne faccia uscire un altro. Calabi osserva che: «Nel pieno rispetto della legge e dell’importantissima funzione “filtro” rappresentata dagli Uffici Esportazione, occorre fare uno sforzo per superare una diffidenza storica nei confronti del mercato che è allineato con l’autorità nella lotta contro le esportazioni illecite e la violazione delle norme di tutela, che devono essere sanzionate e punite severamente».

L’ipertrofia regolamentare dissuade anche i collezionisti dal portare nelle loro case italiane l’arte acquistata in altri paesi. Infine, l’emergenza sanitaria ha aggravato una situazione già critica: per la circolazione internazionale di un’opera bisogna inserire nel Sue la richiesta e poi attendere la convocazione per l’esame fisico dell’opera dell’Ufficio Esportazione, il quale non sempre ha le competenze interne per esprimere un giudizio e si rivolge agli esperti inviando loro foto ad alta definizione. E allora – quantomeno per le opere in transito in Italia – perché non sostituire la presentazione fisica con foto ad alta definizione dell’opera con la facoltà degli uffici statali di richiedere, se necessario, l’ispezione diretta dell’oggetto? È la proposta degli antiquari. E il ministero – stavolta – ci sta pensando per davvero.

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