Gli artisti della diaspora africana in mostra alla Hayward Gallery
Black Fantastic è un invito a usare la fantasia non come evasione, ma come zona di liberazione creativa e culturale
di Nicol Degli Innocenti
2' di lettura
Un viaggio in undici tappe per scoprire un mondo ancora poco conosciuto: “In the Black Fantastic”, alla Hayward Gallery nella South Bank londinese, è la prima mostra a riunire artisti della diaspora africana che usano la storia, il mito, le favole, l'immaginazione e la science fiction per affrontare il tema dell'ingiustizia razziale.
11 artisti
Gli undici artisti in mostra sono di generazioni diverse e provenienti da diverse parti del mondo, non fanno parte di un movimento e sono anzi fortemente individualisti, ma sono uniti dall'ambizione di creare un mondo alternativo e fantastico per raccontare la realtà di cosa significa tuttora essere una persona di colore che vive in un Paese occidentale.
“Black Fantastic è un invito a usare la fantasia non come evasione, ma come zona di liberazione creativa e culturale -, spiega Ekow Eshun, ideatore e curator della mostra -. E' la rappresentazione della libertà”.
Nick Cave
Nella prima sala Nick Cave presenta i suoi “Soundsuits”, opere l'arte da indossare come travestimento per mascherare la propria identità. L'artista aveva creato il primo trent'anni fa, nel 1992, dopo la morte di Rodney King, brutalmente picchiato dalla polizia a Los Angeles. Ora per la mostra Cave ne ha creato un altro in ricordo di George Floyd. Sono trascorsi decenni, ma gli uomini di colore continuano a essere presi di mira dalla polizia.
Wangechi Mutu crea grandi collage e sculture utilizzando materiali del Kenya come terra rossa, conchiglie, corno e pietre per creare “guardiane”, figure femminili ispirate dalla mitologia dell'Africa orientale che tentano ora di salvare il pianeta.
Le sculture tradizionali dell'Africa occidentale sono invece l'ispirazione per i magnifici quadri di Lina Iris Viktor. L'artista liberiana, che ora lavora a Napoli, compare nelle opere come una profetessa, una Sibilla, una regina, una tiranna, sontuosamente vestita su sfondi di foglia d'oro sbalzato.
“Gli ambasciatori”, statue equestri a grandezza naturale di Hew Locke evocano le tradizionali statue di re e generali occidentali, ma sono riccamente adornati e ingioiellati, cavalieri dell'Apocalisse che ricordano le assurdità del periodo coloniale.
Rashaad Newsome
Rashaad Newsome affronta il tema della diversità non solo razziale ma anche sessuale con una figura trans che in un video balla mentre la città intorno brucia e crolla. Tabita Rezaire in un film proiettato su una piramide – una forma sacra in Egitto e nel Sudan - esplora un mondo oltre il dualismo maschile/femminile, tracciando un collegamento spirituale all'Africa pre-coloniale. Sedrick Chisom, a 32 anni il più giovane degli artisti in mostra, presenta un futuro post-Apocalisse. Cauleen Smith dipinge acquarelli di copertine di libri che hanno giocato un ruolo chiave nella lotta contro il razzismo. Ellen Gallagher affronta il tema doloroso del traffico di schiavi dall'Africa all'America con quadri delicatissimi che dipingono il mito dell'Atlantide nera. Chris Ofili usa gigantesche tele decorate come gioielli multicolore per raccontare e reinventare storie antiche dall'Odissea e dalla Bibbia. Nelle opere di Kara Walker, filmati a stop animation, delicate figure di carta raccontano storie di violenza razziale basate su eventi reali del passato e ci portano fino a oggi, con l'assalto al Campidoglio da parte di seguaci dell'ex presidente Trump.
In the Black Fantastic. Fino al 18 settembre 2022. The Hayward Gallery, Londra.
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