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Gli attivisti bloccano la Greater London, ma senza l’effetto Van Gogh

La protesta sul cambiamento climatico blocca la mobilità sulll’autostrada di Londra, ma l’eco mediatica non c’è. Quali le iniziative giudiziarie

di Marilena Pirrelli

4' di lettura

Qualcuno lo sa che gli attivisti di Just Stop Oil hanno con le loro proteste sul cambiamento climatico bloccato il traffico stradale sulla M25, che circonda la Greater London? No, o forse solo chi legge i media inglesi, chi segue l’azione degli attivisti o chi si trovava su quella grande arteria. Ma la voce della protesta non è uscita da quel paese, né rimbalzata sui media internazionali. Perché? Perché fa più notizia imbrattare un capolavoro in un museo di fama internazionale che bloccare per quattro giorni una grande arteria in grado di fermare una capitale. Molteplici gli arresti ma nessuna eco mondiale. Ecco perché la zuppa di pomodoro, il purè di patate, la colla fanno più effetto delle azioni sulla società civile e sulla mobilità di una capitale. Un dato di fatto questo che stigmatizza i processi comunicativi, non di certo una simpatia per i capolavori imbrattati in nome di un mondo decarbonizzato.

Azioni vandaliche

Però è lecito domandarsi quali altre tele custodite nei musei di tutto il mondo verranno colpite ancora da questi gruppi di attivisti per scuotere i media e l’opinione pubblica? L'ondata di eco-protesta da parte degli ambientalisti di Just Stop Oil, Ultima generazione e Futuro Vegetal, riporta sulla scena dell'arte azioni vandaliche contro il patrimonio culturale, fenomeno non nuovo per la comunità internazionale. Da ultimo, è capitato a «Maja desnuda» e a «Maja vestida» di Francisco Goya alle quali due attiviste di Futuro Vegetal si sono incollate alle cornici dei dipinti esposti al Museo del Prado di Madrid. In Italia, sono diversi i casi di protesta contro il cambiamento climatico: è di qualche giorno fa la notizia dell'ultimo attacco con il minestrone al dipinto «Il seminatore al tramonto» di Van Gogh durante la mostra a Palazzo Bonaparte a Roma. I musei hanno standard di sicurezza e protocolli che seguono alla lettera, la le proteste inattese lo pongono di fronte a rischi imprevisti, molte strutture hanno deciso di apportare modifiche ai proprio standard di sicurezza. Ortrud Westheider, direttrice del museo Barberini di Postdam ha dichiarato: “Le azioni hanno dimostrato che gli elevati standard di sicurezza internazionale per la protezione delle opere d'arte in caso di attacchi degli attivisti non sono sufficienti e devono essere adattati. Vogliamo sfruttare l'incidente presso la nostra istituzione come un'opportunità per stabilire un dialogo produttivo con i partner museali internazionali e impostare insieme la rotta per preservare l'arte e i beni culturali per le generazioni future”.
Secondo il Wall street Journal diversi musei hanno assunto delle squadre di vigilanza privata, spesso formate da ex militari, che hanno il compito di istruire e addestrare i propri addetti alla sicurezza. La prevenzione sembra raccogliere i suoi frutti e al Musée d'Orsay è stato sventato dalla sicurezza un attacco imminente. Altri musei hanno inasprito per ora i controlli agli ingressi dove si viene ora controllati minuziosamente. Molti i divieti introdotti riguardanti il trasporto all'interno dei musei.
La direttrice dei musei statali di Berlino ribadisce: “I musei devono essere spazi aperti e sicuri. Per non trasformarli in aree di massima sicurezza come gli aeroporti, è importante che troviamo un equilibrio tra le misure di sicurezza che proteggano i nostri visitatori e le opere d'arte e il preservare i musei come luoghi di libertà”.

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Fermare le emissioni

Lo scopo degli attivisti è quello di lanciare un messaggio forte e chiaro: fermare tutti i nuovi impianti di petrolio e gas per abbattere le emissioni di carbonio. Per ora nessun danno irreparabile – gli attivisti del resto hanno dichiarato di non voler danneggiare le opere, tuttavia la cornice ha la peggio –, tuttavia ci si chiede se per sensibilizzare l'opinione pubblica sia accettabile ed efficace un sistema che mette comunque in pericolo le opere d'arte? E nel caso di azioni vandaliche quali sono le sanzioni previste dalla legge?

Manifestanti e la zuppa sul vetro della tela I Girasoli di Vincent van Gogh della National Gallery di Londra

Le contromisure

“Nel Regno Unito, i militanti responsabili dell'imbrattamento dei “Girasoli” di Van Gogh alla National Gallery sono in libertà in attesa di processo ma è stato loro vietato l'ingresso in un museo e l'uso di sostanze adesive negli spazi pubblici. In Francia, per ora il Governo ha invitato i musei a raddoppiare la vigilanza, ma non si escludono iniziative giudiziarie” riporta il professor e avvocato Manlio Frigo del Focus Team Arte di BonelliErede. In Italia, la riforma del Codice penale (l. 9 marzo 2022, n. 22) ha spostato alcuni reati prima nel Codice dei beni culturali ora nel Codice penale, inasprendo le pene per dare attuazione ai principi costituzionali in forza dei quali il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata. Per quanto di interesse in questa sede, chiunque distrugga, disperda, deteriori o renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali propri o altrui è infatti punito con la reclusione da 2 a 5 anni e la multa da euro 2.500 a euro 15.000, mentre chi deturpa o imbratta opere d'arte, sia proprie che altrui è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000. “Si tenga presente che, al di là del tema delle pene previste per tali reati, sulla cui efficacia impeditiva si può discutere, ciò che rileva in tale disciplina è che l'eventuale sospensione condizionale della pena (riconosciuta quando la pena comminata non supera i due anni di reclusione) sia comunque subordinata, tra le diverse iniziative rimediali, anche alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna” afferma l'avvocato Francesco Sbisà del Focus Team Arte di BonelliErede. La norma punisce non solo chi sporchi l'opera ma anche chiunque renda di fatto i beni culturali non fruibili da parte della collettività e li sottragga al loro godimento estetico. “La riforma del Codice penale implementa i principi espressi nella Convenzione di Nicosia che riguardano la distruzione e il danneggiamento intenzionali di beni culturali a prescindere dalla proprietà dei beni. La Convenzione tra l'altro incoraggia la cooperazione degli Stati attraverso il rafforzamento delle azioni, nel diritto internazionale, a protezione del patrimonio culturale per le generazioni di oggi e future” conclude l'avvocato Silvia Stabile del Focus Team Arte di BonelliErede.

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