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Gli extra profitti sulle banche riducono la fiducia delle imprese

I dati positivi dell’inflazione fanno risalire le prospettive degli investimenti a sei mesi

di Valerio De Molli

(AungMyo - stock.adobe.com)

4' di lettura

La proiezione di crescita 2023 rilasciata a luglio dal Fondo monetario internazionale prevede, per l’Italia, una variazione del 1,1% del Pil. Rispetto alla release precedente, di aprile, la stima è stata rivista al rialzo di 0,4 punti percentuali; uno dei Paesi con la revisione al rialzo più alta di tutti al mondo.

Continuando con le buone notizie, a luglio 2023 si è visto il primo rallentamento nella crescita dell’inflazione: l’indice armonizzato dei prezzi al consumo a luglio ha registrato infatti un valore di 119,9, in leggera riduzione rispetto al 121,8 di giugno (-1,6%).

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Certo, siamo ancora su livelli significativamente diversi rispetto al 112,8 di luglio 2022 e al 104,1 di luglio 2021, ma forse è un primo segnale del tanto atteso ritorno alla normalità (rispettivamente +6,3% rispetto al 2022 e +15,2% rispetto al 2021).

In questo quadro, si inserisce la leggera modifica dialettica introdotta dalla governatrice della Bce, Christine Lagarde, che il 27 luglio, dopo aver annunciato un ulteriore rialzo dei tassi di 25 punti base (portando il tasso di riferimento al 4,25%) ha detto che i tassi «saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi per il tempo necessario», superando la precedente formula «i tassi di interesse saranno portati a livelli sufficientemente restrittivi per ottenere un rapido ritorno all’obiettivo di inflazione». Sembra una differenza da poco, ma in realtà non è solo semantica. L’economia – e l’economia monetaria in particolare – mira ad agire non solo sugli elementi contingenti, ma anche sulle aspettative di imprese e famiglie, aspettative che possono essere influenzate dalle parole. Le parole possono influenzare il presente e il futuro: a cominciare dall’ormai celeberrimo «Whatever it takes» che da solo bastò a disinnescare la crisi degli spread nel 2012, oppure alla sciagurata dichiarazione di Christine Lagarde «Ecb is not here to close spread», nel marzo 2020, frase che da sola bastò a far crollare la Borsa di Milano del 17 per cento.

IL QUADRO
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Le parole sono dunque importanti, e un uso superficiale di esse può avere dei risvolti più negativi di quanto previsto. La questione degli extra profitti bancari ne è un ulteriore esempio magistrale. Sia ben chiaro: quello di seguito non è un commento sulla ratio, sulla liceità o sul valore della misura, ma una semplice discussione di metodo. La prima comunicazione rilasciata in conferenza stampa prevedeva che sarebbero stati tassati al 40% sia la differenza degli interessi tra l’esercizio 2021 e 2022 eccedente il 5% che l’eccedenza del 10% maturata tra il 2021 e il 2023. La tassa non avrebbe potuto superare il 25% del patrimonio netto della banca alla chiusura del proprio bilancio nel 2022. Comunicazione forse un po’ estemporanea e non supportata da alcun documento ufficiale (il testo del decreto non era stato presentato in occasione di quella conferenza), e successivamente modificata in «il prelievo del 40% scatterà se il margine di interesse registrato nel 2022 eccede per almeno il 3% il valore dell’esercizio 2021 e il 6% confrontando il 2023 col 2022».

In seguito, un’ulteriore modifica (sempre per vie ufficiose, in questo caso una nota del Mef): il contributo non può superare lo 0,1 % del totale dell’attivo. Insomma, un pasticcio non solo semantico, con influenze negative di immagine e reputazione internazionale del nostro Paese.

La misura avrebbe, nelle previsioni del Governo, portato a un extra gettito di circa 2 miliardi. La perdita di capitalizzazione generata dall’annuncio e dalle successive variazioni è stata a oggi, nonostante piccoli rialzi, pari a 8,75 miliardi. In sintesi: le parole sono importanti, perché una comunicazione inefficace genera impatti negativi anche significativamente superiori ai benefici potenziali.

Come sta reagendo la business community al quadro in chiaroscuro degli ultimi mesi? Le aspettative della business community italiana, che dopo un rimbalzo di ottimismo nel primo trimestre dell’anno hanno iniziato a contrarsi, declino proseguito nel terzo trimestre 2023. Il sentiment della business community è misurato attraverso l’Ambrosetti Club Economic Indicator, un indicatore elaborato attraverso una survey somministrata a oltre 400 fra i principali capi azienda italiani e internazionali operanti nel Paese. L’indicatore va da -100, massima sfiducia, a +100, totale ottimismo. La rilevazione di settembre 2023 posiziona la fiducia attuale a 29, un valore leggermente inferiore alla release precedente e 12 punti in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Una flessione più significativa si osserva con riferimento alle prospettive occupazionali, in cui l’indicatore perde oltre dieci punti rispetto ai valori di giugno, passando da 36,1 a 26.

Dopo due trimestri di contrazione della fiducia sugli investimenti, a settembre il relativo indicatore torna a salire, posizionandosi a 33. Siamo ancora lontani dai valori di robusto ottimismo vissuti nel 2021, ma si tratta comunque di un importante segnale di ripresa. Probabilmente il trend è influenzato dai dati positivi sull’inflazione, che fanno auspicare un prossimo alleggerimento della stretta monetaria.

All’avvio della stagione autunnale, che per il mondo economico e politico significa discutere di legge di bilancio e di indirizzi futuri del Paese, il quadro scenariale presenta timidi segnali di ripresa che devono essere nutriti e valorizzati. Come? Se ne parlerà, con istituzioni nazionali e internazionali, accademici, business community e molti importanti ospiti, nella 49° edizione del nostro tradizionale appuntamento «Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive» a Cernobbio, l’1, 2 e 3 settembre.

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