Natale 2021

Gli ingredienti della festa: ricette che vanno oltre la tradizione

Perché non riservare un posto a tavola per l'inconsueto? In cucina, l'evoluzione della sostenibilità e della sensibilità del gusto è un sincretismo gastronomico.

di Cristina D'Antonio

Una foto della mise en place di Saint Laurent per la cena di pre-apertura della mostra “HyperVenezia”, a Palazzo Grassi.

5' di lettura

È sempre una questione di prospettiva. La gigantesca Achatina fulica, chiocciola dello street food africano servita in forma di carpaccio, farebbe tentennare chiunque. Ma di fronte alla Maki Lumaca di Wicky Priyan, primo non giapponese ammesso alla scuola di sushi del maestro Kan, nessuno si è mai sottratto all'assaggio. L'aggiunta di foie gras e di ventresca di tonno aiuta, è vero. Ma il più lo fanno il local exotic, il new cooking e il gourmet gardening, espressioni usate da Hanni Rützler, futurologa della nutrizione al Zukunftsinstitut di Francoforte, per dirci che nella nuova normalità è possibile conciliare produzione locale ed esotismi di prossimità, tecniche di cottura miste e giardinaggio commestibile. Insomma: la vera cucina contemporanea è (sempre più) quella dell'altrove. A conferma della premessa, il prossimo One to Watch, l'astro nascente nella classifica dei 50 Best Restaurants, è Ikoyi, a Londra: Jeremy Chan e Iré Hassan-Odukale uniscono le loro origini – Cina, Canada, Nigeria – alla ricerca sulle spezie subsahariane.

«Da quando ci siamo sganciati dalla ricerca del cibo per la sopravvivenza, lo selezioniamo per il piacere di mangiare», inizia a ragionare Pietro Meloni, docente di antropologia dell'alimentazione all'Università di Perugia. «In natura l'offerta edibile è molto più ricca di quella che cogliamo, perché le scelte sono frutto delle nostre origini: il sociologo Pierre Bourdieu ci ha insegnato che esprimiamo le nostre preferenze in termini di disgusto, più che di gusto; prima di essere un indicatore di civiltà, il contenuto dei nostri piatti è un marcatore di distinzione culturale». Si può dire che un alimento ci respinge, oppure decidere di cedere all'ignoto: «Mettiamo alla prova il nostro gusto assaggiando le cose, certo, ma le giudichiamo buone se sono in linea con le opzioni che definiscono la nostra identità. Secondariamente, un pasto insolito ci seduce quando siamo in grado di superare le nostre limitazioni mentali: ammettendo, innanzitutto, che la nostra tradizione culinaria è solo una delle tante possibili; un modo per fare i conti con la complessità del mondo in cui viviamo». Sembrano passati secoli, ma è più vicino il tempo in cui le minestre contadine piemontesi prevedevano nella ricetta la presenza dei maggiolini, e c'è chi considera il formaggio con i vermi una prelibatezza.

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Il servizio da tavola Labirinto, in ceramica decorata con la tecnica della decalcomania, si ispira al decoro ideato nel 1926 da Gio Ponti, Ginori 1735 (piatto piano, 81 €; piatto pane, 65 €; piatto dessert, 72 €).

In questo mondo nuovo, sincretismo gastronomico, sostenibilità e sensibilità del gusto sono in fase di felice evoluzione: non c'è bisogno di convertirsi in toto all'entomofagia, ma lo spazio per le sperimentazioni non manca. Anche nel giorno più celebrativo dell'anno, il Natale: perché non invitare a tavola – o meglio, sulla tavola – un ospite esotico? Domenico Napoleone, pastry chef di Rieti, lo ha fatto con l'anice stellato: il risultato è Anis, premiato come uno dei tre migliori panettoni da offrire durante le feste. Yotam Ottolenghi, israeliano, voce influente della cucina flexitariana, è ora in libreria con Flavour (Giunti): chi pensa che l'asparago non richieda altra compagnia dell'olio crudo, dovrebbe provare l'abbinamento con tamarindo e lime. Persino la mise en place più tradizionale si prende qualche libertà, come si vede nelle foto: dialoga con le architetture del Rajasthan (Fürstenberg Porzellan), rende omaggio alla Porta d'Oriente (Vito Nesta per Les-Ottomans), cede ai richiami all'arte giapponese del kintsugi (Sarkis per Bernardaud), torna ai nostri mari (con Polipo di Fornasetti), gioca con unicorni e satiri (Cornucopia Dinner Plate Accent per Wedgwood) e termina il giro con le note di Mozart (collezione Zauberflöte Sarastro per Rosenthal). Basta un dettaglio per evocare il viaggio, anche quello del gusto.

Per esempio le meduse, al centro di un libro di ricette stellate. Lo stufato di jackfruit di Sharon Landersz (chef del Ginger sapori e salute di Roma). Lo yuzu e l'hibiscus, protagonisti dei consumi del 2022. Di queste periferie del gusto parla Foodculture days, piattaforma per lo scambio di conoscenze con sede a Vevey, in Svizzera. Food è il titolo scelto per Foto/Industria dal suo direttore artistico, Francesco Zanot. L'obiettivo: raccontare come le modalità di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti racchiudano i caratteri distintivi di un'epoca. A un certo punto, Zanot cita Roland Barthes: “Gli uomini non hanno difficoltà ad ammettere che il cibo sia una realtà immediata (bisogno o piacere) senza che ciò crei un ostacolo al fatto che esso costituisca un sistema di comunicazione”. Era il 1960 e si trattava di riconoscere la funzione linguistica di ciò che viene posto in un piatto.

Nel 2022 ci si interroga invece sulle geografie di quello stesso cibo: si può assaggiare la manioca e sapere solo che ha un buon sapore. Oppure, si può farlo con lo storytelling di un'origine. In questo Lorenzo Vitturi è un esperto. Costruisce sculture effimere, che poi fotografa in studio, utilizzando materiali organici e oggetti di uso comune. Madre peruviana, padre veneziano e nonna tedesca, Vitturi ha lavorato a lungo a Dalston, Londra, procurandosi la materia prima sulle bancarelle. Poi è andato a Balogun, in Nigeria, in uno dei più grandi mercati di strada al mondo. Segue la pratica del crossing cooking della Rützler: compra o baratta, fotografa, mette in pentola: «So cucinare, ma ogni volta riparto da zero, dall'ingrediente del giorno; è questo che decide il percorso. Avere accesso a tanti alimenti, anche sconosciuti, senza limiti stagionali: è un'opportunità folle e meravigliosa». Yam e calabash, spaghetti allo zenzero e ceviche: «È la libertà della mescolanza, ma anche un'occasione di crescita. Il cibo che assumiamo diventa parte di noi, da un punto di vista organico quanto psichico. Scegliere di sperimentare è quindi l'inizio di una trasformazione personale, e culturale».

La decorazione del servizio H Déco di HERMÈS, in porcellana, si ispira ai fregi in ferro battuto Art Déco che ornano le boutique del brand in rue du Faubourg-Saint-Honoré e rue de Sèvres (piatto da portata, 122 €; piatto da pane, 53 €).

Torniamo per un attimo all'allestimento della tavola e alle proposte di queste pagine: coupé di champagne firmati da Lee Broom o bicchieri da collezione di Borek Sipek, ogni gesto è impreziosito da una firma o un design speciale. Come un segnaposto (Virtus Alphabet, Versace), le finiture damascate in bronzo, platino e oro (Big Bang Gold Dinner Plate, J.L Coquet), oppure in nero e rosso (collezione Labirinto, Ginori 1735), con un richiamo ai fregi in ferro battuto delle boutique parigine (Hermès, H Déco).

Se la decorazione ha un ruolo da protagonista, però, c'è una disciplina meno scontata che può aprire riflessioni inedite, la neurogastrofisica, la branca delle neuroscienze che analizza cosa succede nella mente quando si è a tavola. Secondo Gordon Shepherd, professore di neurobiologia, il sapore che percepiamo non dipende davvero dal cibo, ma è creato dal cervello attraverso i suoi sistemi sensoriali. Non ultima, la vista: Story on a Plate (Gestalten), testo cruciale sulla magia dell'impiattamento esotico, ne dà ottima prova. Paolo Cardinali, direttore di Limond, spazio espositivo che seleziona pubblicazioni internazionali di arte, architettura e design, dice che il filone del cibo illustrato ispira ancora il pubblico di grafici e creativi. Ma lo fa in maniera «più sottile, melting, fortemente estetica e con una narrazione volutamente trasversale». Cita l'esempio di Suq, il magazine creato da un gruppo di viaggiatori e locali «che un giorno hanno deciso di esplorare il patrimonio non convenzionale della Sicilia: il prodotto cibo è sullo sfondo, ma determina il tutto». In questo caso il local exotic sa di funghi di carrubo e cetrioli di mare: se si addicono alla Achatina fulica, potremmo scoprirlo presto.

La tavola delle feste

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