Stati Uniti

Gli scivoloni dell’amministrazione Trump sull’olocausto (e non solo)

di Andrew Rosenthal

(AP)

4' di lettura

È difficilissimo essere un personaggio pubblico ai giorni nostri. Fai il più piccolo errore, uno scivolone assolutamente innocente, e tutti ti saltano addosso.
Basta che gli addetti alla sicurezza della United Airlines trascinino un passeggero giù da un aereo, ferendolo e lasciandolo stordito e confuso, e tutti saltano su a scandalizzarsi. Susan Rice, ex consigliera per la sicurezza nazionale del presidente Barack Obama, annuncia che la Siria ha distrutto tutte le sue armi chimiche pochi mesi prima che il regime di Bashar al-Assad uccida decine di uomini, donne e bambini con il gas sarin e la gente comincia a mettere in discussione la sua sincerità.

La Wells Fargo commette una frode colossale, creando qualcosa come due milioni di conti non richiesti, e la gente chiede che vengano prese misure contro un numero maggiore di dirigenti. Non era abbastanza che la società avesse licenziato più di 5mila impiegati di basso livello che erano stati spinti a commettere la frode da una cultura aziendale fatta di pressioni e spregiudicatezza etica? E quel povero Sean Spicer… Va bene, ha negato un dettaglio storico di minore importanza come lo sterminio di milioni di ebrei nelle camere a gas naziste. Come se qualcuno nell’amministrazione Trump avesse mai dato segnali di non curarsi della storia, avesse mai mentito, insultato minoranze religiose, etniche o razziali o avesse ignorato l’Olocausto prima d'ora.

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In realtà, tutti questi casi fanno parte di uno schema. La United Airlines, come le altre compagnie aeree sempre più monopolistiche, accetta regolarmente più prenotazioni dei posti disponibili, tratta i suoi passeggeri con disprezzo e crea loro disagi inutili. La Wells Fargo è solo l’ennesima megabanca che da decenni spenna i suoi clienti ordinari ed elude o infrange la legge, quasi sempre impunemente. La signora Rice ha l’abitudine di strombazzare successi che si rivelano infondati (come fece con Bengasi) e gli americani hanno già sentito in passato falsi resoconti su armi di distruzioni di massa (anche se nel caso del presidente George W. Bush le armi non esistevano). Il signor Spicer distorce la realtà con la frequenza con cui la gente normale si cambia i calzini: ha cominciato il suo primo giorno effettivo nel ruolo di addetto stampa della Casa Bianca mentendo sulle dimensioni della folla che ha assistito all'insediamento del presidente Trump. Ad aprile ha paragonato Hitler al dittatore siriano, dicendo che per quante cose orribili possa aver fatto il leader nazista, non era mai «arrivato a usare le armi chimiche». Quando i giornalisti gli hanno fatto notare che Hitler aveva ordinato di uccidere con il gas milioni di ebrei, Spicer ha detto che almeno li trasferiva in «centri di Olocausto». «Stavo cercando di fare una distinzione sulla tattica di usare aeroplani per sganciare armi chimiche su centri di popolazione», ha detto Spicer, laddove «centri di popolazione» sta per quelle che la maggior parte di noi chiama «città». Dovremmo concluderne che è peggio sganciare bombe sulle persone che spedirle dentro carri bestiame verso fabbriche della morte?

Questo episodio è talmente raccapricciante che si fa fatica a decidere da dove cominciare. Ma partiamo dal fatto che la Casa Bianca di Trump sembra avere seri problemi con l’Olocausto. Sono riusciti a produrre una dichiarazione per il Giorno della Memoria in cui non si menzionavano gli ebrei, e una portavoce, Hope Hicks, successivamente ha spiegato che quell’omissione era la dimostrazione che il team di Trump era «incredibilmente inclusivo» e provava un profondo cordoglio per «tutti quelli che avevano sofferto». Trump ha portato alla Casa Bianca Steve Bannon, un uomo che ha fatto milioni di dollari grazie al razzismo, al nazionalismo bianco e all’antisemitismo (anche se a sentire i recenti commenti di Trump su di lui possiamo almeno sperare che non rimarrà da quelle parti molto a lungo).
L’ignoranza storica di Spicer è sconvolgente, ma del resto il suo capo, il presidente, non sembrava sapere chi fosse Frederick Douglass, né che fosse vissuto nel XIX secolo. In un’intervista con Wolf Blitzer, della Cnn, Spicer ha detto: «Ho fatto per errore un riferimento inappropriato e insensibile all’Olocausto, che non ha paragoni». I suoi commenti non erano inappropriati e insensibili. Erano disgustosi. E cosa intende quando dice «per errore»? Che ha preso una cantonata sull’Olocausto o piuttosto che ha dato voce ai pensieri che gli frullavano in testa? Non è semplicemente il fatto che Spicer abbia detto quelle cose su Hitler, è il fatto che le abbia pensate.

Il nostro ha fatto meglio mercoledì, quando ha detto al pubblico riunito nel Newseum di Washington che le sue osservazioni erano «ingiustificabili e censurabili». Ma poi si è lamentato dell’esposizione del suo lavoro di addetto stampa. «Qualunque cosa dici, qualunque cosa indossi viene amplificata a livelli che non potete immaginarvi», ha detto. In realtà ce lo possiamo immaginare tutti, ma questa è una tipica deviazione trumpiana. Il presidente a febbraio ha detto che «nessuno sapeva che la sanità fosse così complicata», e questo mese ha raccontato a Fox Business che c’erano ancora così tanti posti vacanti nella sua amministrazione perché il «processo» di nomina, consolidato da tempo, si è rivelato difficile. Il vero rimpianto di Spicer apparentemente era il fatto che le sue osservazioni stessero distogliendo l’attenzione dalla «risoluta» azione militare di Trump in Siria. Parlando nel suo tipico e inquietante tono monocorde, ha detto a Blitzer che non voleva distrarre gli americani dal presidente.
Dopo tutto, dire cose ignoranti, razziste e xenofobe è il lavoro di Trump.
(Andrew Rosenthal è un editorialista del New York Times. In precedenza è stato per nove anni direttore della pagina degli editoriali del giornale.)
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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