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Gli “scontenti” della manovra, dalla sanità allo spettacolo

Per il sindacato dei medici ospedalieri Anaao non è chiedendo «più ore a un personale stremato da una carenza di organico drammatica e un peggioramento senza precedenti delle condizioni lavorative» che si abbattono le liste d’attesa

Una manovra prudente in attesa del giudizio delle agenzie di rating e di Bruxelles

4' di lettura

La manovra approvata dal governo lascia sul terreno diversi scontenti. I sindacati medici e le aziende di settore bocciano senza appello la legge di Bilancio giudicando insufficiente lo sforzo per salvare il Ssn. Anche il cinema è tra i comparti in subbuglio per l’annunciata «razionalizzazione» delle risorse destinate al sostegno pubblico.

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Ssn, priorità a prestazioni con più impatto

Per la sanità «i miliardi in più sono 3,3. E questi si sommano ai 2,3 già programmati con la precedente manovra, per un totale di ben 5,6 miliardi messi in più sul piatto per il 2024», ha chiarito il ministro della Salute Orazio Schillaci. Per le liste d’attesa, nello specifico «vogliamo che vengano abbattute, vogliamo che i medici lavorino di più e siano pagati meglio e vogliamo ovviamente guardare alla razionalizzazione delle liste d’attesa stesse». Perché, ha avvertito, «c’è molta medicina inappropriata e cercheremo di ridurre le richieste incongrue». La manovra introduce pure una novità per il superamento del meccanismo del payback farmaceutico agendo sui tetti della spesa farmaceutica, ma restano le liste di attesa il nodo centrale ed il presidente della Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, indica due direttrici, sulla stessa linea di Schillaci. «Da un lato - spiega - è necessaria una maggiore appropriatezza delle prescrizioni da parte degli specialisti, dall’altro bisogna utilizzare le risorse che arriveranno dando priorità allo smaltimento delle prestazioni che maggiormente impattano sullo stato di salute del cittadino, dall’oncologia alla cardiologia, perché non tutte le prestazioni hanno la stessa valenza».

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Carenza di organico drammatica

Un “piano” per il rilancio del Ssn, quello tracciato nella manovra, che i sindacati medici bocciano però senza appello. Uno «specchietto per le allodole» secondo Cimo-Fesmed, mentre per il sindacato dei medici ospedalieri Anaao non è chiedendo «più ore a un personale stremato da una carenza di organico drammatica e un peggioramento senza precedenti delle condizioni lavorative» che si abbattono le liste d’attesa, considerando che ad oggi negli ospedali e nei presidi «mancano all’appello 15.000 medici».

Dispositivi medici, con il payback forniture a rischio

Una bocciatura arriva pure da Confindustria dispositivi medici, sempre in relazione al meccanismo del payback: «Siamo stupiti e preoccupati - afferma il presidente Massimiliano Boggetti - che nella manovra non si affronti la questione del payback dei dispositivi medici. Il comparto, a due settimane dallo scadere dei termini di pagamento delle quote di ripianamento dei tetti di spesa 2015-2018, rischia di fermarsi, mettendo così in difficoltà il diritto alla salute degli italiani non garantendo l’approvvigionamento degli ospedali». È necessario, conclude, «prorogare subito i pagamenti ed arrivare ad una soluzione definitiva entro l’anno».

Cinema, le ipotesi di taglio al tax credit

Come detto, ci si appresta poi a mettere mano al tax credit per il cinema, il sistema di incentivi fiscali previsto dalla legge sul cinema e pensato per sostenere le imprese a produrre film o in genere audiovisivi, a distribuirli e aiutare le sale cinematografiche. La misura rientra infatti tra i crediti di imposta per cui il governo prevede interventi di «razionalizzazione». L’intervento è previsto nel documento programmatico di Bilancio e confermato, nella sostanza, dalla sottosegretaria al ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni, che però mette le mani avanti.

Lo strumento, assicura, è «indispensabile» ma «come più volte detto» il suo impianto necessita «aggiustamenti». Quali, però, non viene ancora detto. Circolano tuttavia delle ipotesi, non confermate dal Mic: il totale del fondo investimenti per il cinema dovrebbe subire un taglio di quasi 110 milioni di euro nel 2024 e di poco meno di 105 milioni nel 2025. In totale, nel 2023, le risorse del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e audiovisivo ammontavano, secondo quanto si evince dal sito del ministero, a quasi 750 milioni di euro.

L’appello di 100 Autori, Anac, Wgi

Il comparto è preoccupato e subito monta la protesta. «Il ministro Sangiuliano smentisca il taglio di 200 milioni al cinema» l’appello di 100Autori, Anac, Wgi, le associazioni che rappresentano gli autori cinematografici che chiedono invece un «incontro urgente» al ministro per discutere come «migliorare e qualificare ulteriormente l’intervento pubblico a sostegno della creatività italiana». Gli autori italiani, dicono, «seguono con preoccupazione la notizia di eventuali tagli al cinema e all’audiovisivo italiani, un settore che dopo anni di crisi sta finalmente trovando una grande vitalità» e ricordando che «in tutti i Paesi avanzati, compresi gli Usa, cinema e audiovisivo ricevono forti aiuti pubblici non solo per il loro evidente valore culturale e identitario, ma anche per il ruolo strategico che svolgono nel proiettare l’immagine del paese a livello internazionale. Sembra impossibile e paradossale che proprio l’attuale governo, che di questi valori ha fatto la propria bandiera, sia pronto a mettere in crisi un sistema delicato e complesso che ha radici nella grande storia del cinema italiano».

La difesa del governo, obiettivo tutelare addetti

Anche il Pd, con Matteo Orfini e Francesco Verducci, componenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, denuncia l’ipotesi di un taglio di 200 milioni in due anni. Il governo, però, contrattacca: «Le polemiche preventive mosse da certa politica in cerca di un qualche consenso sono solo un danno al mondo dell’audiovisivo e all’immagine del nostro Paese», ribatte Borgonzoni spiegando che «non si può pensare di continuare a lasciare la norma così com’è ora, i film di mercato, se tali vogliamo definirli, devono avere un mercato. Ci stiamo muovendo per tutelare le opere prime, le opere seconde e quelle cosiddette “difficili” e le start up, nonché i film di elevato contenuto artistico e culturale con difficoltà a reperire risorse sul mercato», continua Borgonzoni («tutto questo non impatterà assolutamente sui pagamenti presenti e futuri»). L’obiettivo è quello di «tutelare i quasi 117mila lavoratori diretti del settore e far sì che gli addetti aumentino sempre più».

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