ENERGIA

Gli Usa di Trump superano i sauditi: primi al mondo per l'export di petrolio

A giugno le esportazioni americane di greggio hanno superato quelle dell'Arabia Saudita alle prese con i tagli Opec. La spinta della Casa Bianca alle nuove esplorazioni, allo shale oil e al gas naturale liquefatto

dal nostro corrispondente Riccardo Barlaam

(Reuters)

3' di lettura

Gli Stati Uniti hanno sorpassato l'Arabia Saudita nelle esportazioni di petrolio. Grazie all'impulso dato dall'amministrazione Trump alle esplorazioni petrolifere e alla produzione record di shale oil degli ultimi mesi gli Usa sono saliti al primo posto nel mondo tra i paesi esportatori di greggio, secondo i dati dell'Agenzia internazionale dell'Energia.
A giugno nella produzione di greggio gli Stati Uniti hanno superato di almeno 9 milioni di barili al giorno l'Arabia Saudita. I dati ufficiali mostrano un aumento delle spedizioni dai giacimenti di Texas e New Mexico.

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L'aumento dell'export Usa rende più difficile ai paesi Opec raggiungere l'obiettivo di ridurre le scorte con i tagli alla produzione che continuano da tre anni. L'aumento dell'offerta Usa, così come l'intensificarsi delle preoccupazioni per la domanda globale per il prolungamento della guerra commerciale con la Cina hanno provocato un calo di quasi il 20% nelle quotazioni del Brent dai massimi di aprile. Il primato americano di giugno potrebbe durare poco perché i sauditi, dalle prime stime dell'Aie, sostengono di essere tornati i primi esportatori in luglio e agosto con gli uragani che hanno interrotto per qualche giorno la produzione americana e l'escalation sulla trade war che ha reso più difficile per gli americani trovare i mercati per lo shale oil.

L'energia è un altro dei capitoli dell'America First di Donald Trump. Gli Stati Uniti da tempo non erano così attivi nella produzione di oil & gas e negli investimenti alla ricerca di nuovi giacimenti. Trump lo ha ribadito di recente durante una visita in Texas lodando “il lavoro straordinario” fatto dal segretario all'Energia Rick Perry per rilanciare la potenza americana in questo settore.

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I primi frutti si vedono: nel 2019-2020 l'output petrolifero dei paesi non-Opec, che sono guidati dagli Stati Uniti, si stima in espansione di 2,2 milioni di barili al giorno stando ai dati del Dipartimento all'Energia.
La produzione petrolifera americana è arrivata a 12 milioni di barili al giorno nel mese di marzo: 1,6 milioni di barili in più rispetto a un anno fa. Da gennaio sono cresciute anche le esportazioni di greggio made in Usa che hanno raggiunto da inizio anno appunto i 2,5 milioni di barili al giorno (+90% rispetto all'anno prima).

Oltre al petrolio e allo shale oil, “il gas naturale liquefatto è la priorità per il presidente Trump e per il governo americano”, ha spiegato Perry di recente in un incontro organizzato a Washington da Aspen Institute Italia. Perry ha spiegato la strategia della sua amministrazione sul settore. Una strategia che ora, dopo l'aumento della produzione di greggio, punta a far crescere le esportazioni di gas Lng, con nuove bandierine a stelle e strisce da sistemare nel risiko geopolitico mondiale dell'energia. Una strategia che parla di cooperazione e di rapporti privilegiati con i partner europei.
“Gli Stati Uniti – ha spiegato Perry, che prima di fare il ministro dell'Energia è stato governatore del Texas per quindici anni, dal 2000 al 2015 - esportano al momento gas liquefatto in 36 nazioni. Il nostro obiettivo è quello di espandere il mercato tanto da riuscire a collocare almeno la metà dell'incremento produttivo del 50% di gas Lng previsto al 2030”.

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L'amministrazione Usa da un lato ha interesse ad accrescere le vendite di gas ma dall'altro, come ha ricordato il segretario all'Energia, in una ottica più geopolitica vuole migliorare la sicurezza energetica dei paesi Ue, legata agli approvvigionamenti di gas, rendendo meno dipendenti i partner del Vecchio Continente dalle forniture e dai capricci della Russia. Gli Stati Uniti per questo motivo sono contrari alla realizzazione del nuovo gasdotto Nord Stream 2 dalla Russia e al gasdotto turco di cui si parla da anni. Al momento undici paesi europei dipendono per il 75% del loro approvvigionamento energetico dal gas russo. L'auspicio del segretario all'Energia è che questa percentuale possa scendere a favore delle quote di mercato per le eccedenze di gas e di petrolio americano.

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