Google, le regole dell'innovazione e il prezzo di arrivare per ultimi
Siamo davvero sicuri che restare indietro nella sperimetazione di una tecnologia nuova e strategica come l’intelligenza artificiale sia davvero un male?
di Luca Tremolada
I punti chiave
3' di lettura
Bard il chatbot sperimentale di Google sarà esteso a 180 Paesi del mondo in 40 lingue. Ma non c'è un solo Paese d'Europa. Big G nei giorni scorsi ha integrato l'Ai generativa in praticamente tutti i suoi prodotti, da Gmail alle mappe, dagli smartphone Pixel ai motori di ricerca. Ma praticamente nessuna di queste novità arriverà in Europa. Per ora.
Gli step prima di arrivare in Europa
Sundar Pichai il capo di Alphabet e quindi di tutta Google ha risposto così a una domanda di un giornalista: «Stiamo arrivando (anche da voi in Europa ndr). Ma vogliamo fare le cose per bene per essere in grado di soddisfare gli elevati standard di informazione. Localizzare i nostri prodotti richiede tempo – ha aggiunto -. L'apprendimento per rinforzo (dell'intelligenza artificiale ndr) richiede l'intervento umano e questo richiede tempo. Poi dobbiamo rispettare il sentire locale. E poi naturalmente c'è da rispettare le normative, giusto? Quindi direi che è per una combinazione di questi due fattori, i tempi della localizzazione e le norme. Ma siamo impegnati per raggiungere tutti i Paesi il prima possibile. E non vediamo l'ora di farlo».
Una risposta riformulata
La traduzione non letterale ma di senso della risposta del numero uno di Google è meno articolata. Proviamo a riformulare la risposta: l'Europa ha tante sensibilità diverse al suo interno e norme da rispettare. Prima di arrivare e vederci chiusa una porta come è successo in Italia con ChatGpt per opera del Garante della privacy. O come potrebbe succedere in tutta Europa dopo l'entrata in vigore dell'Ai Act vogliamo essere sicuri di avere tutte le carte a poste. La risposta è una interpretazione naturalmente ma è di buon senso. A giugno entrerà in vigore una normativa europea che deciderà quali saranno i requisiti dell'Ai per essere utilizzata in un Paese europeo.
L’impatto della legge sull’Ai
L'impatto dell'Ai Act sarà del tutto simile per proporzione a quello della legge sulla privacy e sul trattamento dei dati personali che conosciamo come Gdpr . Chi esporta tecnologia in Europa non avrà altra scelta se non quella di rispettare le nostre norme che sono più stringenti sicuramente di chi non ce l’ha, ma anche di chi pensa le tecnologie come creature che devono essere lasciate libere di crescere e svilupparsi indipendentemente dalle possibili conseguenze.
Ecco l'Europa da alcuni anni ha cominciato a mettere dei paletti. Certamente anche perché sul fronte delle tecnologie digitali siamo in ritardo su tutto. Ma anche perché crediamo che i diritti delle persone vengano prima di tutto. Nello specifico per i modelli di AI generativi, come ChatGpt o Bard, sono stati richiesti ulteriori requisiti di trasparenza, tra cui l’obbligo di dichiarare che il contenuto è stato generato dall’intelligenza artificiale e la necessaria creazione di un modello per impedire che generi contenuto illegale. Da ultimo verrà richiesto ai sistemi di pubblicare riepiloghi di dati protetti da copyright utilizzati per la formazione.
Le accuse rivolte all’Europa
Qualcuno ci accusa come Europa di porre dei freni allo sviluppo dell' Ai generativa . E di bloccare tutti quegli imprenditori che hanno fretta di sfruttare le potenzialità di questa tecnologia. La scelta di Google di metterci in fondo alla lista, in coda, potrebbe in un certo senso andare in questa direzione. E non piacerà a tutti.
Come non è piaciuto il blocco del Garante della privacy a ChatGpt. Ma proprio nel caso del chatbot di OpenAi ci si è poi accorti che quell'operazione non era poi sotto il profilo del merito così sbagliata. E che anzi ha portato maggiore chiarezza per tutto l'ecosistema. Ecco, forse, il fatto di ritrovarci in coda non è a tutti i costi un male. Ma forse il prezzo che dobbiamo pagare per avere davvero tecnologie sostenibile e responsabili.
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